Il già tormentato percorso della Gran Bretagna per uscire dall’Unione Europea si fa ancora più accidentato. L’Alta Corte di Londra ha stabilito che il governo potrà dare il via ufficialmente alle procedure della Brexit solo dopo l’approvazione del Parlamento. I giudici hanno rigettato le argomentazioni del governo che riteneva il voto non necessario, sottolineando che “il parlamento è sovrano”. Una vittoria di un pugno di comuni cittadini, guidati dalla donna d’affari Gina Miller che col suo ricorso all’Alta Corte ha sollevato il polverone che offusca il futuro della premier May. “Il punto non è come si è votato. Ognuno ha votato per un paese e un futuro migliore – ha detto Miller dopo la vittoria in tribunale – La questione riguarda la procedura, non la politica”.
Il governo britannico ha già annunciato che farà ricorso in appello perchè, “determinato a far rispettare il risultato del voto”. Ma intanto la situazione si fa più confusa: May dovrà affrontare due votazioni, una alla camera dei Comuni e una a quella dei Lord, dove non è da escludere una sconfitta per il governo. Inoltre bisognerà capire in che termini sottoporre la questione: un sì o no secco potrebbe far rispettare la tempistica del governo che vorrebbe avviare le procedure entro marzo 2017, un intero disegno di legge da votare passo passo allungherebbe di molto i tempi. E poi ci sono i parlamentari che si troveranno in ogni caso davanti a un dilemma: la maggior parte ha fatto campagna per restare in Europa, ma è stato votato e rappresenta circoscrizioni in cui ha vinto Brexit.



























