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Home - Approfondimenti - Analisi - Cambiare il modello per non snaturare il contratto

Cambiare il modello per non snaturare il contratto

29 Novembre 2004
in Analisi

di Denis Merloni – segretario generale UIL dell’Emilia – Romagna

La riforma del nostro sistema contrattuale è quanto mai necessaria. L’ambito di riferimento ottimale sarebbe quello europeo, ma purtroppo i modelli consolidati sono molto differenti fra loro e la stessa Confederazione europea dei sindacati non riesce ad andare oltre dichiarazioni di principio che non intaccano le realtà esistenti. Cedere quote di sovranità su competenze molto importanti è infatti difficile non solo per gli Stati, ma anche per i sindacati.

 


Nonostante ciò, dobbiamo rivedere l’attuale modello contrattuale per adeguarlo alle mutate condizioni produttive ed organizzative del nostro sistema economico, e la mia impressione è che la discussione fra Cgil, Cisl e Uil si sia letteralmente incartata, che stia prevalendo la teoria del danno temuto rispetto alla necessità di regolare meglio le procedure e focalizzare gli obiettivi del nostro sistema contrattuale.


 


La novità principale è rappresentata dal fatto che è saltato lo schema concertazione-politica dei redditi-contrattazione, per cui è comprensibile la tentazione di sviluppare una stagione di rivendicazioni salariali del tutto svincolata da qualsiasi riferimento programmatico. Rimane certamente indispensabile il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni, ma – almeno nella contrattazione nazionale – ritengo si debba mantenere un riferimento all’inflazione programmata. Non potrà essere quella palesemente sottostimata dal Governo, ma gli indicatori nazionali ed internazionali ci possono aiutare a trovare il necessario equilibrio per scongiurare il rischio della possibile ricaduta inflattiva degli aumenti retributivi.


 


L’obiettivo al quale l’intero sistema Paese deve orientare tutte le sue energie è la crescita economica, puntando tutte le risorse disponibili al miglioramento della qualità dei nostri prodotti e alla creazione di nuovi. Ciò significa che, oltre all’insopprimibile funzione redistributiva, la contrattazione dovrà valorizzare e governare la formazione professionale in tutte le sue articolazioni per farne il perno della sfida competitiva alla quale non possiamo sottrarci. In questo contesto i fondi interprofessionali per la formazione continua, pur registrando un avvio piuttosto stentato, rappresentano per noi una grande occasione per conseguire in modo bilaterale, e perciò, condiviso, un obiettivo strategico di straordinario valore.


 


I due livelli contrattuali restano la risposta più equilibrata alle esigenze fondamentali della contrattazione. Il contratto nazionale deve garantire la tutela del potere di acquisto anche a quei lavoratori occupati in settori ed aree territoriali marginali o in crisi. A volte si può avere l’impressione di una certa ritualità, ma permane intatto lo straordinario valore simbolico rappresentato dalla preparazione delle piattaforme e dal percorso che ne consegue. In quelle occasioni cresce un senso di appartenenza, una consapevolezza di identità nazionale e di condivisione di obiettivi che è un elemento importante fra quelli che tengono assieme il nostro Paese. Mentre gli egoismi sembrano prevalere e mentre crescono i particolarismi, anche all’ interno del mondo del lavoro,  noi dobbiamo rilanciare la centralità del contratto nazionale.


 


La nostra proposta è di ripristinare la cadenza triennale del rinnovo dei contratti nazionali di categoria, unificando la parte economica con quella normativa, con il conseguente superamento del recupero salariale biennale. Infatti oggi è venuta meno l’emergenza del contenimento dell’inflazione e del suo eventuale recupero, che rappresentò la motivazione più forte  che portò nel luglio 1993 a concordare l’attuale modello. Appare al tempo stesso necessario prevedere una quota di produttività da riconoscere a quei lavoratori che non riescono a svolgere la contrattazione di secondo livello. In azienda e, dove possibile, a livello territoriale la contrattazione dovrà ridistribuire la ricchezza prodotta e realizzare la piena sovranità contrattuale delle dinamiche retributive. Un’altra esigenza, altrettanto condivisa ed altrettanto disattesa, è la ristrutturazione delle aree contrattuali al fine di renderle più adeguate alle nuove dimensioni settoriali e merceologiche del sistema produttivo e dei servizi. Ridurre l’abnorme numero di contratti è talmente indispensabile, da ogni punto di vista, che appare perfino superfluo argomentarne le ragioni.



In tema di democrazia sindacale, già da alcuni anni, come Uil, abbiamo presentato le nostre proposte per un sistema di regole unitarie per disciplinare i nostri rapporti e i comportamenti contrattuali. In estrema sintesi, ritenevamo opportuno un patto per definire un sistema di consultazione preventiva su tutte le materie di confronto con le istituzioni o, almeno, sui temi più rilevanti. Anche rispetto al rinnovo dei contratti nazionali avevamo indicato un percorso incentrato sulla elezione di una delegazione nazionale trattante composta in modo proporzionale, diretta dalle segreterie nazionali, e la gestione dell’eventuale dissenso con votazioni a maggioranza qualificata. Si trattava di una disponibilità forte, che non ha avuto seguito per responsabilità di coloro che considerano marginale la rappresentatività degli iscritti nella determinazione delle decisioni contrattuali.


 


L’agenda delle cose da fare è dettata dalla situazione che abbiamo di fronte: recuperare potere di acquisto dei salari per rilanciare i consumi interni e per frenare la diminuzione dell’incidenza sul Pil delle retribuzioni, rendere esigibile la contrattazione per coinvolgere i lavoratori nella sfida per la competitività, darci regole unitarie di comportamento per concentrare le nostre forze nei confronti delle nostre controparti naturali. Ci troviamo di fronte ad una situazione dai contorni molto chiari. Ora spetta a Cgil, Cisl, Uil avviare un percorso che in tempi rapidi recuperi i ritardi accumulati ed evitare che l’esistenza di posizioni diverse su alcuni punti alimenti le nostre pigrizie fino al punto di rendere il nostro modello contrattuale talmente inadatto da snaturarne la funzione nella forma e nella sostanza.

redazione

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