Susanna Camusso e Carmelo Barbagallo non potrebbero essere più diversi: una donna, un uomo; una del nord (Milano), l’altro del profondo sud (Sicilia); una di estrazione borghese, laureata, l’altro un operaio che ha iniziato a lavorare prima ancora di finire la scuola; una poco piu’ che cinquantenne, l’altro che naviga verso i settanta. Eppure, eccola qui, oggi, la nuova strana coppia del sindacato nazionale, che annuncia il primo sciopero generale separato proclamato dalle sole Cgil e Uil: già di per se una notizia, dopo anni in cui le divisioni sindacali vedevano unite la Uil e la Cisl, con la Cgil regolarmente a parte. Ma i tempi cambiano, e oggi è la Cisl la grande esclusa, o meglio, autoesclusa: che se pure Camusso afferma ‘’le nostre porte sono aperte’’, è difficile immaginare che il sindacato di Via Po salti a bordo in tempo per il 12 dicembre. Malgrado l’assenza della Cisl, sull’esito dello sciopero Camusso & Barbagallo sono però ottimisti: non sarà un flop, anzi, ci sono tutte le premesse perché il successo sia superiore alle aspettative. Dice Camusso: “Lavoriamo perché ci sia una grande riuscita dello sciopero. C’è un grande consenso alle nostre ipotesi ma non ci nascondiamo le gravi difficoltà legate alla crisi. È possibile venir stupiti dal risultato stesso. Abbiamo lavorato per uno sciopero unitario, ma poi abbiamo deciso che la situazione è troppo grave per non fare nulla. Dovevamo muoverci, con o senza Cisl’’. Chiosa Barbagallo, generoso: “ i risultati che speriamo di ottenere saranno anche per loro’’.
Lo slogan scelto per il 12 è semplicissimo e a tutto campo: ‘’Cosi’ non va’’. Riassume, in pratica, tutto ciò che del governo Renzi non piace ai sindacati, dalla riforma della pubblica amministrazione al Jobs Act, fino alla legge di stabilità. Sintetizza Barbagallo: ‘’Il governo fa le riforme all’inglese: la circolazione è a sinistra, ma la guida è a destra’’. E del resto, puntualizza Camusso, “ sono gli stessi ministri di Renzi, a sostenere che le politiche dell’esecutivo sono la rappresentazione di un programma politico di destra”. Non ci sarà un’unica grande manifestazione nazionale, ma ben 54 sono quelle in programma in tutta Italia: dieci regionali (Abruzzo, Basilicata, Alto Adige, Campania, Lazio, Marche, Molise, Piemonte, Trentino e Valle d’Aosta); cinque interprovinciali (due in Lombardia e tre in Toscana); 39 territoriali. Camusso sarà a Torino mentre Barbagallo sarà a Roma. Maurizio Landini, per citare l’altro leader sindacale che si è conquistato una ribalta indiscussa, sarà a Genova.
Ancora Barbagallo, descrive efficacemente l’iter di un giovane alle prese con il Jobs act: ‘’innanzi tutto, anche con la nuova legge, si troverà di fronte a finte partite Iva, vaucher, lavoro a chiamata, contratti a termine ripetuti, poiché al momento nessuna di queste voci risulta cancellata. Inoltre, il neo assunto scoprirà presto che il famoso contratto a tutele crescenti è semplicemente un contratto a tutele che non ci sono proprio. Il giovane che entra in azienda con il Jobs act sarà discriminato rispetto ai vecchi assunti, che avranno tutti l’articolo 18, mentre lui no. A differenza dei suoi colleghi potrà essere assunto con una mansione, e poi trasferito a un’altra, inferiore, in qualsiasi momento. E potrà essere video controllato a distanza, alla faccia del garante della Privacy. Infine, potranno licenziarlo quando vogliono, con pochi spiccioli di indennizzo. Questa non è serie a o b, questa è serie C”. E del resto, ricorda il leader Uil, tutto questo coincide perfettamente con l’intervista rilasciata da Renzi al Washington Post: ‘’l’Italia sarà un paese dove si potrà assumere e licenziare come e quando si vuole’’. Basta pagare, e possibilmente poco. Per cui Barbagallo invoca: ‘’che almeno, licenziare costi cosi’ caro da scoraggiare le ingiustizie’’. Ma attenzione, avverte Camusso, perché non è solo un problema di entità del risarcimento: “non tutto è monetizzabile, altrimenti qualsiasi azienda dovrà solo verificare se ha abbastanza soldi per cacciare chi vuole’’ Ma ovviamente, un minimo di congruità sarebbe un utile disincentivo. Purtroppo, al momento non sembra andrà cosi’: l’indennizzo di un mese e mezzo di salario per ogni anno di anzianità si presta, anzi, a speculazioni a danno dei dipendenti. La Uil ha infatti diffuso uno studio dal quale risulta che per le aziende il combinato disposto tra gli sgravi contributivi della legge di stabilità e la possibilità di licenziare a basso costo del Jobs act sarà un affare d’oro. In pratica, a fronte di 8.000 euro di sgravi contributivi annui, si potrà assumere e quindi licenziare dopo appena dodici mesi, cavandosela con un indennizzo di circa 2 mila euro e un guadagno netto, per l’impresa, di circa 6 mila euro. Niente male, no?
I sindacati sono pronti a discutere di tutto questo col premier, sempre che decida di convocarli: ‘’ma se si illude che si possano fare le riforme senza i corpi intermedi, sbaglia di grosso’’, avverte Barbagallo, che aggiunge: ‘’ovviamente, intendiamo parlare con Renzi, non con ministri privi di qualunque delega a trattare’’. E se nemmeno lo sciopero fosse sufficiente a stanare il premier? Cosa faranno Cgil e Uil dopo aver sparato l’arma finale? Sogghigna Barbagallo: “In Italia ogni legge della nostra sconfinata legislazione è accompagnata da una miriade di regolamenti: se solo li applicassimo alla lettera, questo paese si fermerebbe completamente’’. Altro che sciopero generale.
Nunzia Penelope