“A Vigevano mancano oltre 70 agenti penitenziari: ne sono previsti 265 ma sono in 193, con grande sacrificio e spirito di abnegazione, a garantire la sicurezza del carcere”. E’ quanto ha denunciato Calogero Lo Presti della della Cgil Funzione pubblica della Lombardia, che lo scorso 7 maggio insieme con Lorena Bini (Segretaria Cgil Pavia) e Fabio Catalano Puma (segretario della Fp Cgil Pavia), ha visitato il Carcere di Vigevano (Pavia).
“Siamo molto preoccupati per le condizioni in cui sono costretti ad operare le lavoratrici e i lavoratori dell’istituto vigevanese” gli ha fatto eco Catalano Puma, evidenziando in particolare il dato sugli addetti alle attività collegate al reinserimento sociale delle persone sotto misure restrittive della libertà: “A Vigevano sono presenti solo quattro funzionari giuridici-pedagogici sugli 8 previsti in pianta organica, eppure gli operatori continuano, seppur in modo sempre più affannoso, a rispondere al mandato istituzionale e professionale, anche in relazione alle continue modifiche normative degli ultimi anni sull`accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere”.
“Con la legge di stabilità – ha concluso – la situazione è destinata a peggiorare, con i tagli ai finanziamenti per il lavoro pubblico e l`inasprimento del blocco del turn over”.
Durante l’incontro con la direzione dell’istituto, sono stati rappresentati anche i numeri del sovraffollamento carcerario, dovuto anche al passaggio, a novembre 2014, da casa circondariale a casa di reclusione, unica struttura di tale tipologia presente nella provincia pavese. “Registriamo con allarme il numero dei detenuti ristretti a Vigevano: a oggi sono 416, su una capienza regolamentare di 239 persone, pari al 75% di sovraffollamento” ha spiegato Lorena Bini, evidenziando che “un altro dato allarmante è il 40% circa di detenuti con problemi di dipendenza: a distanza di quasi 10 anni dal decreto applicativo della legge 883 di riforma del Sistema Sanitario Nazionale, sul passaggio dall’Amministrazione Penitenziaria al SSN delle competenze per l’assistenza sanitaria dei detenuti, permangono pesanti ritardi e criticità che minano il diritto alla salute in quel mondo separato che è il carcere, dove ci si ammala di più che fuori”.



























