Per i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, l’aumento dei contratti stabili certificato dall`Inps è una buona notizia, ma resta la precarietà, le ore lavorate sono poche e il salario complessivo del Paese non ha ancora raggiunti i livelli pre-crisi.
Secondo il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, bisogno smetterla “di commentare ogni tre mesi dei numeri, perché “se c’è qualche tendenza che indica un aumento dei contratti a tempo indeterminato siamo tutti contenti, – precisa Landini a margine di un convegno di Fondimpresa – ma dobbiamo vedere le tendenze di lungo periodo e per uscire davvero dalla precarietà c’è bisogno di ben altri numeri e di ben altre iniziative”.
“Visto che lo sport degli anni precedenti è stato che ogni 3 mesi si discuteva sui numeri, ma alla fine scopriamo che siamo a crescita zero e che c’è il rischio di crisi molto pesanti aperto, penso – ha spiegato Landini – sia il momento di far prevalere l’intelligenza. Dobbiamo ragionare non di cosa succede nei prossimi tre mesi, ma di quale prospettiva abbiamo nei prossimi anni perché il lavoro sia davvero stabile e si superi la precarietà sul serio”.
Per la leader della Cisl, Annamaria Furlan, l`aumento dei contratti stabili certificato dall`Inps “è assolutamente una buona notizia, il problema è che abbiamo ancora tanti contratti con poche ore di lavoro”. Infatti, secondo Furlan “uno dei fenomeni che determinano il lavoro povero è che abbiamo contratti che sono formalmente e assolutamente regolari ma che inquadrano le persone, soprattutto nei servizi, per un numero di ore di lavoro irrisorio e il part-time forzoso, fenomeno che si sta accentuando per cui le persone obbligatoriamente alla fine vanno in part-time. Questi dati pur positivi, perchè significano contratti stabili andrebbero un po’ più scavati all’interno”.
Infine, per Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, “Dobbiamo guardare a due dati: le ore lavorate e il salario complessivo nel nostro Paese. Fino a quando questi dati non raggiungeranno e supereranno i livelli del 2008 vuol dire che siamo ancora in crisi. Aumenta il lavoro precario – precisa Barbagallo – con meno ore anche se a tempo indeterminato, e meno pagato. I dati che dimostrano che siamo usciti dalla crisi sono quei due, non sono i numeri di occupati inoccupati o coloro che cercano lavoro”.
E.G.

























