Cgil, Cisl e Uil non sono condannate a restare divise per sempre, soprattutto non per quanto riguarda la contrattazione. L’accordo del 22 gennaio e poi quello del 15 aprile con Confindustria rappresentano certo dei macigni sulla strada dell’unità di fatto, ma le confederazioni stanno gia’ studiando come riprendere a fare contratti assieme. Uno spaccato delle tendenze di ciascuno dei tre sindacati maggiori è stato di scena oggi al Cnel, dove si presentava il libro di Gian Primo Cella e Tiziano Treu “Relazioni industriali e contrattazione collettiva”, edito da Il Mulino. Agostino Megale, Paolo Pirani e Giorgio Santini, rispettivamente per Cgil, Uil e Cisl, hanno spiegato le loro ragioni e le loro aspirazioni, che forse non indicano già la via per riprendere l’unità, ma sicuramente illustrano il clima che si respira nelle tre centrali sindacali, non preclusivo per un ritorno alla collaborazione.
Gli occhi erano puntati per forza di cose su Megale, che non ha deluso le aspettative: ha difeso le sue ragioni, naturalmente, ricordando come un accordo si valuti sulla sua capacità di attenuare il conflitto. Qualcuno, anche da noi, ha detto Megale, pensa ancora alla sconfitta dell’altra parte; ma la regola è che l’accordo è un onorevole e dignitoso compromesso tra le diverse posizioni. Le mie posizioni, dunque, devono incontrarsi con quelle degli altri: altrimenti è tutto inutile, i problemi si ripresenteranno. E’ intenzione della Cgil, ha aggiunto Megale, ‘’guardare a un percorso di ricostituzione dell’unità, perché c’è questo bisogno tra i lavoratori”. La strada da percorrere è quella di un’intesa sulla rappresentanza e sulla democrazia industriale, che dia la parola ai lavoratori. E non a caso ha citato il referendum alla Piaggio, nonostante la Cgil lo abbia perso. Megale ha aggiunto che occorre ‘’cercare di costruire piattaforme rivendicative contrattuali unitarie per i rinnovi contrattuali partendo dalle posizioni che assieme avevamo a suo tempo indicato”. Tenendo presente che occorre difendere di più i salari, specie i più bassi, aumentare le difese per i precari, allargare lo spazio per la contrattazione di secondo livello. Guardandosi, ha detto, dal pericolo di accentramento insito nell’accordo del 22 gennaio. ‘’Questa è la sfida che noi accettiamo, ha detto Megale, ragioniamo assieme e proviamo a uscire dalla strettoia in cui siamo”.Una posizione di apertura che ricalcava quanto Guglielmo Epifani aveva detto il giorno prima al Direttivo della confederazione; anche se forse non ancora abbastanza per riprendere il cammino tutti assieme. Paolo Pirani ha infatti risposto a Megale affermando che è certamente auspicabile lavorare assieme per piattaforme unitarie, ma non basta. La vera sfida, ha spiegato, dovrebbe essere quella di costruire assieme non tanto le piattaforme per i rinnovi dei contratti nazionali quanto quelle per i contratti aziendali e territoriali: verificando se sia possibile, a quei livelli, immaginare dei meccanismi di partecipazione.
Quello che ci divide, e’ l’analisi di Pirani, non è la consistenza dell’aumento ai minimi, quanto il fatto di trasferire o meno una parte della produttività verso il lavoro al livello del contratto nazionale. A suo avviso, questo trasferimento deve avvenire in azienda, perché solo così sarà possibile ‘’non dare poco a tutti, ma il giusto a chi se lo merita”, realizzando dinamiche retributive differenti. Il tutto con regole di democrazia forte, perché siano i lavoratori a decidere come procedere.
Tesi condivise da Giorgio Santini, che ha ricordato come in questi anni ci sia stata una vera eclissi delle relazioni industriali, parziale, ma di lunga durata. In dieci anni, ha detto, abbiamo in pratica solo rinnovato i minimi salariali, nulla di più. Serve coraggio per innovare, ha riconosciuto, ma soprattutto la capacità di non guardare solo indietro. A suo avviso l’accordo del 22 gennaio va nella giusta direzione; si tratta adesso di proseguire nella strada indicata, per far funzionare meglio il contratto nazionale, che era sovraccaricato di compiti, per cui non rispondeva alle necessità, allargando la contrattazione di secondo livello, costruendo un welfare integrativo con un nuovo e diverso protagonismo delle parti sociali attraverso la bilateralità: che non deve essere temuta, considerando che funziona benissimo da anni.
Insomma, un invito alla Cgil a guardare con realismo all’accordo, nella consapevolezza che è nella sua pratica applicazione che se ne valutera’ la capacità di funzionare. Stessa posizione assunta da Giorgio Usai, direttore per le relazioni industriali di Confindustria, che ha invitato la Cgil a guardare con maggiore attenzione alle novità positive introdotte dall’accordo e, soprattutto, a come esse riflettano i profondi cambiamenti intervenuti in questi anni nella politica di Confindustria, da sempre molto attenta ai valori della confederalità.
Massimo Mascini
22 aprile 2009