“Ripristinare Mare Nostrum, creare corridoi umanitari, rivedere il regolamento di Dublino e definire un Piano nazionale per l’accoglienza: sono le risposte necessarie che l’Europa, e prima di tutto l’Italia, devono dare all’ennesima tragica strage di disperati in fuga dalle violenze e dalla guerra”. Queste le parole di Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, all’indomani della morte di ventinove migranti nel Canale di Sicilia, a poche miglia da Lampedusa.
“Il nostro Paese – prosegue Lamonica – non può abituarsi alle morti e le parole di cordoglio non bastano più. Il Mediterraneo non può continuare ad essere le frontiera più pericolosa del mondo, dove le persone vengono abbandonate al loro destino, nelle mani di scafisti senza scrupoli”.
“Mare Nostrum era stata una straordinaria risposta di civiltà e umanità – sostiene la dirigente sindacale – Averla chiusa ha significato privare di possibilità di soccorso in mare, oltre il limite delle acque territoriali, e ha eliminato i filtri sanitari e di prima accoglienza che quella missione garantiva”.
“C’è stata una incosciente ipocrisia nel fingere che Triton, operazione con l’esclusivo obiettivo di proteggere le frontiere, ne potesse prendere il posto”. “Triton – continua Lamonica – è stata l’inutile risposta di una Europa che dopo ogni tragedia ammette che non si fa abbastanza, per poi continuare ad essere tranquillamente indifferente”.
“L’Italia non può arrendersi al cinismo ed alla propaganda di chi specula su una delle più grandi tragedie del mondo moderno per cercare su questo fortune elettorali”. La dirigente sindacale conclude chiamando in causa l’esecutivo: “Il governo deve assumersi le sue responsabilità con più forza, conducendo la battaglia in Europa e, al contempo, attivando tutti gli strumenti possibili per limitare l’orrore e salvare le vite in mare. Mare Nostrum è uno di questi”.
Anche il direttore sanitario dell’isola, Pietro Bartolo, ha puntato il dito contro il sistema di soccorso adottato con l’introduzione del dispositivo “Triton” al posto dell’operazione “Mare nostrum”. Per il medico, infatti, i migranti vengono soccorsi troppo al largo dalla terraferma, senza la possibilità di riparo a bordo delle navi, e in casi di mare grosso e freddo, sono costretti a una traversata esposti alle intemperie che può rivelarsi estremamente pericolosa.
Quanto agli immigrati subsahariani sopravvissuti alla tragedia di ieri, hanno trascorso la notte nel centro d’accoglienza di Lampedusa, a contrada Imbriacola. Le salme dei migranti deceduti, ricomposte all’interno di sacchi di plastica, sono state sistemate all’interno del vecchio aeroporto dell’isola in disuso. Nelle prossime ore è prevista l’ispezione e quindi le procedure d’identificazione.
Il decesso dei migranti è avvenuto per ipotermia, dovuta al freddo del Canale di Sicilia su cui nelle scorse ore si è abbattuto una violenta ondata di maltempo. Al loro arrivo sulla maggiore delle Pelagie, i soccorritori hanno parlato di evidenti sintomi di assideramento. Per un migrante, giunto in condizioni gravissime, è stato necessario il trasferimento in elisoccorso a Palermo.
F.P.