Il cambiamento climatico e le sue conseguenze sono, ormai, elementi strutturali che incidono non solo sulla vita delle persone ma anche sul benessere lavorativo, soprattutto in certi settori. Dopo l’inondazione di Valencia che ha causato oltre 200 vittime, il governo spagnolo ha introdotto il congedo climatico: un massimo di 4 giorni nei quali il lavoratore potrà non andare al lavoro in presenza di allerte meteo. Il rischio climatico è stato uno dei temi al centro dell’Assemblea pubblica di Utilitalia, l’associazione di categoria che rappresenta le aziende che operano ne settore dei servizi pubblici, “L’impegno delle utilities per la sicurezza sul lavoro” che si è svolta a Roma presso l’Auditorium Museo dell’Ara Pacis.
Nella relazione introduttiva il vicepresidente Luca Del Fabbro ha chiesto “un adattamento dei protocolli di sicurezza e una pianificazione del lavoro per evitare le ore e le stagioni più pericolose. È necessario adottare un approccio integrato alla sicurezza sul lavoro, che tenga conto delle nuove tecnologie della transizione energetica e delle condizioni ambientali in rapido cambiamento. Investire in tecnologie di monitoraggio, come sensori per rilevare variazioni climatiche o perdite di gas, può migliorare la prevenzione degli incidenti. Quando si parla di sicurezza sul lavoro, è fondamentale pensare a una strategia integrata di prevenzione che tuteli la salute e la sicurezza dei lavoratori”.
Sull’incidenza del clima si sono confrontati anche i sindacati presenti all’evento. Per Francesca Re David, segretaria confederale della Cgil, “il decreto legislativo 81 del 2008 già conteneva delle limitazioni allo svolgimento delle attività durante condizioni climatiche proibitive, così come la norma contiene la possibilità per i lavoratori di autotutelarsi, e quindi di interrompere la propria mansione, nel momento in cui ci sono fattori potenzialmente lesivi per la propria salute, senza incorrere in alcun richiamo”. Re David ha poi sottolineato la mancanza di un approccio sistemico da parte del governo nell’affrontare il rischio legato alle ondate di calore ben prima che venga l’estate, e questo ha spinto molte regioni ad agire autonomamente. “Anche alcune organizzazioni datoriali – ha detto il segretario confederale della Cisl, Mattia Pirulli – hanno rappresentato un ostacolo a soluzioni strutturali perché negavano l’emergenza caldo. Le iniziative regionali possono creare situazioni di diseguaglianza tra zone limitrofe. Il tema – precisa – richiede il dialogo sociale per creare strumenti di intervento. Se non c’è l’intervento pubblico si può procedere per via contrattuale, attraverso la bilateralità. Può fare molto la contrattazione”. Per Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil, “l’emergenza climatica impone, in concreto, anche di dotare il lavoratore di nuovi dispositivi di protezione. Oggi bisogna dare forma a un approccio alla salute e sicurezza che risponda alle esigenze della singola persona”.