Solo una parte dei contratti collettivi nazionali di lavoro del settore privato è sottoscritto dalle tradizionali organizzazioni confederali. Il proliferare di associazioni sindacali e datoriali, interlocutori negoziali nuovi rispetto alle organizzazioni tradizionali, si riflette in una moltiplicazione degli accordi collettivi di lavoro. E` uno dei dati analizzati nel nuovo numero del notiziario dell’archivio contratti del Cnel.
“Da alcuni anni – si legge nell’editoriale del notiziario realizzato dall’ufficio di supporto agli organi collegiali – lo scenario della contrattazione collettiva nel settore privato è caratterizzato dai fenomeni della diversificazione e della frammentazione dei soggetti della rappresentanza, frutto delle grandi trasformazioni che hanno investito nell’ultimo decennio il mondo del lavoro e dell’impresa. Il fenomeno, che si inquadra nel più ampio dibattito sulla maggiore o minore rappresentatività comparativa dei soggetti titolari della negoziazione, pone una serie di delicati interrogativi. Il primo dei quali riguarda l’identificazione dei possibili parametri che consentirebbero di selezionare, tra i diversi contratti che afferiscono a un medesimo settore, quale è il contratto leader, che possa costituire il benchmark utile anche ai fini giudiziali”.
“Ancora più delicato – sottolinea – è verificare le ventilate ipotesi di dumping contrattuale, vale a dire se, in assenza di una normativa che fissi come in altri Paesi per via legislativa il livello del salario minimo, il fenomeno della proliferazione della sottoscrizione di contratti da parte di soggetti anche inediti lasci intravedere la pratica di una sorta di gioco al ribasso, assecondando una riduzione del costo del lavoro esercitata attraverso l’erosione dei minimi retributivi”.

























