“Ci sono dei grossi rischi. Da un lato molti enti possono decidere di assegnare i contratti solo alle grandi imprese per non esporsi a contestazioni, ma così si finisce per penalizzare le piccole e medie. Dall’altro si aprono le porte alle decisioni discrezionali dei partiti e di chi premia gli amici degli amici. Un codice fatto così non incide sui problemi di produttività e trasparenza”. È il commento del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, al nuovo codice degli appalti, in un’intervista al Corriere della Sera.
Sul Pnrr, continua poi Bonomi “siamo a un bivio. O andiamo avanti rendicontando qualsiasi cosa e buttando via i soldi; oppure rinunciamo ai progetti inutili e ci concentriamo su ciò che si può realizzare e che serve. Si può immaginare un sistema tipo Industria 5.0, basato su crediti d’imposta, nel quale la stazione appaltante finale è l’industria privata. Quella che investe. Sarebbe una politica industriale con la persona al centro, dal green, al digitale, al lavoro, alla formazione. È il modello applicato da Joe Biden con l’Inflation Reduction Act”.
Sulla politica economica, invece, “noi in Italia lavoriamo solo per emergenze. Anche attorno al governo Meloni vedo polemiche inutili, anziché attenzione sui temi strategici. Come può un Paese del G7 perdere settimane a dividersi sui balneari o sui rave? – dice il leader degli industriali -.Non pretendo che il premier sia preparatissimo su tutti i dossier di politica industriale. Certo è importante che si avvalga delle migliori professionalità che il nostro Paese esprime”.
Infine un passaggio sulle nomine delle aziende controllate dal Mef: “Devono contare le competenze, non le affiliazioni. Con la pressione che arriva da Cina e Stati Uniti, l’industria è a rischio. Non servono risse su temi non strategici e questo vale anche per la scelta dei vertici delle aziende più importanti”.
e.m.
