Sergio Cofferati e’ stato il leader sindacale piu’ mediatico degli ultimi vent’anni. Alla corte del ‘’Cinese”, tra il 1994 e il 2002, accorrevano intellettuali e cineasti, artisti e letterati, giovani e pensionati, mondi diversi tra loro ma uniti sotto le bandiere di una Cgil ‘’a tutto campo”, quasi un partito o un movimento, piu’ che un sindacato tradizionale. Qualcosa di molto simile a quello che sta accadendo alla Fiom di Maurizio Landini. E dunque, proprio Cofferati e’ la persona giusta per valutare la possibile mutazione delle vecchie tute blu da sindacato a movimento. Una analisi che tuttavia l’ex segretario della Cgil non condivide affatto: ‘’c’e’ un equivoco di base: la Fiom e’ un normalissimo sindacato di categoria, che oltretutto ha una linea sindacale e rivendicativa molto ragionevole, oggi perfino piu’ realista di quanto non fosse dieci anni fa. E tuttavia, c’e’ una interpretazione distorta del suo ruolo”.
Per quale motivo?
Per almeno due motivi. Il primo e’ che la Fiom e’ rimasto l’unico sindacato che rappresenta gli operai in maniera esplicita.
E i tessili? I chimici? Anche quelle sono categorie operaie.
Certamente, ma rispetto al passato oggi sono molto piu’ defilati. Si tratta di settori in cui la tecnologia ha cambiato il modo di lavorare, e quindi sono meno visibili e identificabili immediatamente con il lavoro manuale e manifatturiero, che oggi e’ rappresentato dai metalmeccanici, il che conferisce alla categoria una particolare e forte visibilità.
Il secondo motivo?
Il secondo elemento che altera la percezione e’ la Fiat: un soggetto che vuole un sindacato arrendevole, o nessun sindacato. La Fiom si contrappone a questo, e finisce cosi’ per diventare un punto di riferimento, non solo collettivamente, per i suoi rappresentati, ma anche per le singole persone.
La conflittualita’ aiuta la visibilita’?
Ma quale confllittualita’. Nei meccanici ha un tasso molto piu’ basso che in altri settori, come per esempio i servizi, dove e’ altissimo. Basta confrontare le ore di sciopero, nel settore metalmeccanico sono a livelli ridicolmente bassi.
Resta il fatto che oggi le star della Tv, del giornalismo, della magistratura, accorrono alle iniziative della Fiom, fino a poco tempo fa considerata una categoria ‘’residuale”. Come spiega questa novita’?
Non c ‘e’ niente di nuovo in realta’: negli anni Settanta, gli intellettuali dell’epoca piu’ attenti al tema dei diritti correvano dalla Fiom di Bruno Trentin, che infatti godeva di una visibilita’ e di un consenso molto forti. Il rapporto tra intellettuali da un lato, e movimenti dall’altro, c’era anche allora. Oggi la Fiom di Landini ha con i mondi esterni al sindacato una connessione molto simile. E per la stessa ragione: che rappresenta una parte del mondo, quello del lavoro, dei diritti, che la societa’ tende ad ignorare.
Ammettera’ che tra gli intellettuali degli anni Settanta e le star della Tv come Michele Santoro, Roberto Benigni, Marco Travaglio, c’e’ una certa differenza.
All’epoca di cui parlo non c’erano star della tv. L’unico era Mike Buongiorno, e non ce lo vedo sui palchi dei sindacati. Anche i Tg erano un’altra cosa: c’erano gli annunciatori, i talk show non esistevano e gli anchorman nemmeno. Cio’ detto, e’ innegabile che Santoro, Travaglio e via dicendo sono una cosa diversa rispetto agli intellettuali di quarant’anni fa, ma hanno ugualmente a cuore una certa idea del mondo del lavoro, dei diritti. Tanto piu’ in una fase in cui c’e’ una profonda offensiva verso questi diritti, che la Fiom difende con coraggio, e pagando dei prezzi. Non dimentichiamo che la Fiat puntava a estrometterla dalle fabbriche, come negli anni Cinquanta. Questa difesa della propria identita’ conferisce alla Fiom una visibilita’ e un consenso trasversale che non aveva vent’anni fa e nemmeno due anni fa.
Quanto contano in questo successo mediatico le doti comunicative di Landini?
Landini ha indubbiamente una forte capacita’ di comunicazione, maggiore di quella che avevano i suoi predecessori come Claudio Sabbattini e Gianni Rinaldini. In un sistema come quello in cui viviamo, dove la comunicazione conta molto, l’identità’ della categoria e’ visibile anche grazie al fatto che ha un leader capace di comunicare. Inoltre, Landini entra sempre nel merito, sa di cosa parla, e lo fa in maniera molto diretta. Questo e’ un inedito, in un mondo in cui la chiacchiera general – generica la fa da padrona, specie in politica.
Pensa che il leader della Fiom potrebbe avere un futuro anche in politica? Qualcuno lo sospetta.
Landini e’ giovane, ha tempo per fare percorsi diversi. Sicuramente ha delle potenzialità. Deve stare attento a non farsi stritolare dal circuito mediatico, ma non mi pare che corra rischi: ha i piedi per terra, malgrado l’enorme visibilita’ e popolarita’ non si e’ montato la testa. Fin qui ha fatto molto bene: dunque, non gli e’ preclusa alcuna strada.
Nunzia Penelope