Sarebbe sbagliato essere eccessivamente ottimisti sull’avvio del nuovo governo giallorosso, ma, a dirla onestamente, nel programma ufficiale presentato in occasione del giuramento del Conte Bis si aprono sprazzi di novità piuttosto positivi. Nella bozza -4 pagine per 29 punti -si correggono alcune cose che nella precedente apparivano vere e proprie sciocchezze. E si delineano, invece, strategie interessanti soprattutto per quanto riguarda i temi dell’economia e del lavoro.
Intanto, c’è da dire che sul piano dei conti pubblici, e quindi della manovra che verrà, con la felice accoppiata tra Roberto Gualtieri al Ministero dell’Economia, e Paolo Gentiloni come nuovo commissario Ue agli affari economici (la carica che fu di Pierre Moscovici) si può forse tirare un sospiro di sollievo: entrambi ben conosciuti e stimatissimi in Europa, il nuovo ministro (che proprio dall’Ue arriva) e l’ex premier sapranno giocare la partita coordinandosi al meglio. Detto in parole semplici: dovremmo aver chiuso il deprimente capitolo delle procedure di infrazione sulle manovre economiche sballate e poi corrette in extremis. E questo è già un sollievo.
L’altro sollievo -almeno da quello che si percepisce come prime impressioni dal fronte delle imprese- è che il nuovo titolare del Mise, l’ingegner Stefano Patuanelli, pare sia persona competente e pacata. Anche le molte crisi aziendali saranno, forse, finalmente, gestite con maggior puntualità e coerenza rispetto al predecessore Di Maio, molto bravo nelle dichiarazioni a effetto mediatico, molto meno nel risolvere effettivamente le crisi; vedi Whirlpool, Ilva, Alitalia, etc.
Meno rassicurante è la nomina di Nunzia Catalfo al Lavoro: non tanto perché ‘madre’ del reddito di cittadinanza -e si presume quindi che difenderà strenuamente la sua pur assai criticata creatura-, quanto per certe posizioni favorevoli all’uscita dell’Italia dall’euro prese in passato.
Proprio sulle tematiche legate al lavoro, tuttavia, il programma del nuovo governo presenta le soluzioni più interessanti, illustrate al punto 4) del testo, dove si annuncia, per iniziare, la riduzione del cuneo fiscale interamente a vantaggio dei lavoratori. Sul salario minimo (altra legge di cui la Catalfo è firmataria) si rinuncia a fissare una cifra (erano 9 euro l’ora nel testo presentato mesi fa al parlamento), soluzione contestata sia dai sindacati che dalle imprese, e si propone invece di estendere erga omnes l’efficacia dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Per definire le quali si rinvia alla legge sulla rappresentanza sindacale, molto richiesta dalle parti sociali. Per i lavoratori non dipendenti, torna invece il concetto del ‘’giusto compenso’’, da definire in base alle regole europee e nazionali sulla tutela della concorrenza. E ancora, si parla di un ‘’piano strategico” di prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, basato anche su una vigilanza accurata e relative sanzioni.
Novità assoluta, e coraggiosa, è poi la proposta di introdurre una legge specifica sulla parità di genere nelle retribuzioni, a oggi esistente solo in Islanda. Era una proposta già contenuta nell’ormai dimenticato programma del Pd per le elezioni politiche del 2018; se si realizzasse davvero, sarebbe un bel colpo per il nostro paese, prima grande nazione industriale a risolvere un problema di cui non era riuscito a venire a capo nemmeno Barack Obama, che pure ne fece un tema cardine della sua amministrazione. Ancora per quanto riguarda le donne e il lavoro, si parla di potenziare gli aiuti all’imprenditorialità femminile, di rinnovare ‘’opzione donna’’ sul piano previdenziale, e di recepire le direttive europee sul congedo di paternità obbligatoria e sulla conciliazione tra lavoro e vita privata. Infine, per i giovani, torna l’idea di una ‘’pensione di garanzia’’: anche questo già cavallo di battaglia di sindacati e Pd.
Insomma, un buon programma per il lavoro. Appena disturbato dalla sciocchezza già scritta nella prima versione, e purtroppo rimasta invariata anche nella definitiva, quella in cui i lavoratori del mondo digitale, dei quali si afferma di voler difendere i diritti, vengono identificati tout court con i cd riders: in una sorta di sineddoche che indica la parte per il tutto, trascurando, però, che il ‘’tutto’’ del lavoro digitale è molto più vasto, e variegato, e complesso, dei pur numerosi e certamente sfruttati ciclo fattorini.
Nunzia Penelope