La vicenda nasce da un ricorso ex art. 28 Statuto dei lavoratori proposto dalla FIOM CGIL contro l’azienda, accusata di aver tenuto un comportamento antisindacale sostituendo, per una parte dei propri dipendenti, il CCNL Metalmeccanici con il CCNL Terziario prima della naturale scadenza del primo, attraverso un cosiddetto “accordo di armonizzazione” firmato con altre sigle sindacali e comunicato direttamente ai lavoratori, invitati a sottoscrivere la dicitura “per ricevuta e accettazione”: il Tribunale prima e la Corte d’Appello di Firenze poi hanno ritenuto tale condotta illegittima e lesiva delle prerogative della FIOM, e la Cassazione, con l’ordinanza 29737/2025, ha confermato integralmente questo impianto.
In diritto, il punto di partenza è semplice e netto: un datore di lavoro non può, da solo, disdire o sostituire il contratto collettivo applicato prima della sua scadenza, perché la facoltà di disdetta appartiene esclusivamente alle parti stipulanti del CCNL (associazioni datoriali e sindacali) e nessun principio dell’ordinamento consente di applicare un nuovo contratto collettivo “bruciando” il termine di efficacia di quello precedente. La Corte fiorentina ha qualificato l’operazione dell’azienda – il passaggio dal CCNL Metalmeccanici al CCNL Terziario – come una vera e propria disdetta anticipata unilaterale del contratto in corso di vigenza, e questo è stato ritenuto in sé contrario al diritto, a prescindere dal fatto che esistesse un accordo di armonizzazione sottoscritto con altre organizzazioni sindacali e a prescindere dal richiamo al Testo Unico sulla rappresentanza del 2014.
La Cassazione ha ribadito che il principio di vincolatività del CCNL fino alla scadenza vale anche quando il datore tenti di “coprirsi” dietro un nuovo accordo collettivo: se il vecchio contratto è ancora vigente, esso non può essere sostituito senza il consenso delle stesse parti che lo hanno stipulato; di conseguenza l’accordo di armonizzazione non sanava, ma anzi confermava, la disdetta unilaterale del CCNL Metalmeccanici e quindi il comportamento illegittimo.
Da qui discende il profilo antisindacale: l’operazione dell’azienda non si è limitata ad incidere sul contenuto economico-normativo dei rapporti di lavoro, ma ha colpito direttamente il ruolo della FIOM come soggetto collettivo, perché il sindacato stipulante si è visto scavalcato nella gestione del contratto di categoria e delegittimato agli occhi dei lavoratori, che hanno ricevuto le comunicazioni direttamente dal datore di lavoro, con la prospettiva di un nuovo CCNL deciso senza il loro sindacato di riferimento. La Corte ha valorizzato anche questo metodo, osservando che il ricorso a comunicazioni individuali e alla firma “per ricevuta e accettazione” ha contribuito a sminuire la funzione della FIOM e la sua capacità di tutela collettiva.
Quanto alla formula “per ricevuta e accettazione”, i giudici di merito – pienamente confermati dalla Cassazione – hanno chiarito che essa non può essere interpretata come consenso informato dei singoli all’applicazione di un nuovo contratto collettivo, trattandosi di una dicitura generica, tipica della presa d’atto della comunicazione, priva di quella specificità e chiarezza necessarie per ritenere i lavoratori consapevolmente disposti a rinunciare al CCNL Metalmeccanici ancora vigente in favore del CCNL Terziario. Questo passaggio chiude la strada all’argomento, spesso usato dalle aziende, secondo cui “i lavoratori hanno firmato, quindi hanno accettato”.
La Cassazione, infine, respinge il tentativo del datore di rifugiarsi dietro il Testo Unico sulla rappresentanza, chiarendo che il problema non è l’efficacia generale dell’accordo di armonizzazione in astratto, ma il fatto che i suoi effetti concreti si sono tradotti in una disdetta unilaterale anticipata e in una compressione delle prerogative di un’organizzazione sindacale: ciò basta per integrare il comportamento antisindacale ex art. 28 St. lav., indipendentemente dalle questioni – da trattare eventualmente nei giudizi individuali – sulla disciplina applicabile ai rapporti di lavoro.
In sintesi, la decisione manda un segnale molto netto: non è lecito usare accordi paralleli, firme frettolose dei lavoratori o manovre tecniche sui CCNL per disdire in anticipo un contratto collettivo e marginalizzare il sindacato che lo ha stipulato; chi lo fa viola la vigenza del CCNL e commette comportamento antisindacale, esponendosi al procedimento ex art. 28 dello Statuto.
Cass Civile Ord. Sez. Lavoro Num. 29737 Anno 2025, Data pubblicazione: 11/11/2025.
Biagio Cartillone



























