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Il Diario del Lavoro

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

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Home - Senato - Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti sommari)

Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti sommari)

29 Gennaio 2014
in Senato

53ª Seduta

 Presidenza della Vice presidente  

SPILABOTTE 

Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico De Vincenti.          

La seduta inizia alle ore 8,50.

PROCEDURE INFORMATIVE 

Interrogazioni   

Risponde all’interrogazione il sottosegretario DE VINCENTI, che, premesso che la srl Coca Cola HBC Italia possiede in Italia quattro siti produttivi, rileva che nel 2012 il management aziendale ha annunciato l’esigenza di razionalizzare i processi di produzione. Il riassetto ha direttamente interessato lo stabilimento di Gaglianico: nel 2012 i servizi di logistica sono stati esternalizzati e due delle cinque linee produttive sono state trasferite al sito di Nogara. La conseguente procedura di mobilità del personale, chiusa a febbraio 2013 con la sottoscrizione del verbale di accordo con le parti sociali, ha previsto misure di sostegno economico a titolo di incentivo all’esodo, percorsi di outplacement e la ricollocazione presso gli altri stabilimenti della società. Il management aziendale ha riferito che, dei 15 lavoratori addetti alla produzione e interessati dalla mobilità, 6 hanno accettato il trasferimento a Nogara, 5 hanno cessato il rapporto su base volontaria, con l’erogazione di un incentivo all’esodo, e solo 4 sono stati collocati nelle liste di mobilità. Dei lavoratori occupati in precedenza nei servizi di logistica, 8 sono stati poi assunti dalla società che ha rilevato la gestione del servizio. A novembre 2013, permanendo i profili di criticità, la società ha comunicato l’avvio della procedura di mobilità per 110 dipendenti del sito di Gaglianico e l’intenzione di cessare del tutto la produzione presumibilmente a fine febbraio 2014. Quanto ai lavoratori interessati, la società ha rappresentato di voler consentire il ricollocamento presso altri siti produttivi di 16 lavoratori; circa 10 dipendenti hanno già accettato tale soluzione. Inoltre, la società ha assicurato che oltre 100 dipendenti con funzioni di addetti alla vendita proseguiranno il loro rapporto di lavoro nel territorio piemontese, ha confermato la permanenza del sito per lo svolgimento dell’attività di logistica e si è detta disponibile ad affittare lo stabilimento ad altre aziende di imbottigliamento. 

Sia a livello sindacale che istituzionale locale si sono tenuti incontri per la verifica della situazione produttiva ed occupazionale anche con il coinvolgimento della Regione Piemonte. Attualmente non risulta pervenuta alcuna richiesta di attivazione di un tavolo di confronto presso il Ministero dello Sviluppo Economico, che resta comunque pienamente disponibile alla convocazione delle parti interessate.

La senatrice FAVERO (PD), preso atto di quanto detto dal Sottosegretario e ribadito il rilievo della vicenda e le sue delicatissime ricadute occupazionali, giudica ottimo l’accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali; evidenzia tuttavia con preoccupazione il fatto che un colosso multinazionale annunci una ristrutturazione, sottolineando che processi del genere vanno governati, non solo sotto il profilo occupazionale, ma anche al fine di delineare gli orizzonti della politica industriale in Italia, nel breve e nel medio periodo. Tra l’altro, lo stabilimento di Gaglianico ha goduto di una serie di opportunità competitive, a cominciare dalla cessione dell’acqua a costo di assoluto vantaggio. Si dichiara conclusivamente soddisfatta per la risposta e per la disponibilità all’apertura di un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico. Sottolinea però l’esigenza di scongiurare che la ristrutturazione dell’azienda determini la sottrazione al territorio di impianti dai quali consegue tra l’altro un indotto molto importante, con conseguenti forti disagi.

La vice presidente SPILABOTTE (PD) ringrazia gli intervenuti e toglie la seduta.

La seduta termina alle ore 9,10.


52ª Seduta

 Presidenza del Presidente

SACCONI 

Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Dell’Aringa.        

La seduta inizia alle ore 15,10.

IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO 

Schema di decreto ministeriale in materia di ammortizzatori sociali in deroga (n. 74)

(Parere al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni) 

Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 22 gennaio scorso.

Il relatore LEPRI (PD), nel sottolineare che sul tema si sono svolte audizioni dei rappresentanti delle principali organizzazioni di lavoratori e datoriali, nonché della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dà conto di una bozza di parere da lui predisposta, di segno favorevole con osservazioni (testo pubblicato in allegato).

Dissente la senatrice BENCINI (M5S), a giudizio della quale lo schema riduce ulteriormente le tutele sul lavoro senza aumentare quelle sul mercato. Sono queste le ragioni alla base di una proposta di parere contrario presentata dai senatori del suo Gruppo (testo allegato al resoconto della seduta).

Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) esprime disappunto, lamentando che non si sia svolto alcun dibattito all’esito delle audizioni, nel corso delle quali sono emersi innumerevoli profili di criticità del testo, e ci si stia limitando a pura ritualità. Tali profili di criticità sono raccolti in una proposta di parere di segno contrario, da lui sottoscritta (testo allegato al resoconto della seduta).

Il presidente SACCONI fa osservare al senatore Barozzino che lo schema di decreto ministeriale perviene al Parlamento, come da lui stesso più volte lamentato, con grave ritardo: non solo con riferimento al termine previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 54 del 2013, ma rispetto alla stessa erogazione dei fondi. L’esercizio che la Commissione sta compiendo è peraltro tutt’altro che formale, perché il parere non potrà non essere recepito dal Governo, a maggior ragione se dalla corrispondente Commissione dell’altro ramo del Parlamento giungessero valutazioni convergenti.

Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) ribadisce il particolare rilievo di alcune problematiche sollevate dalle regioni, a cominciare dal ruolo dell’INPS, che avrebbero richiesto più ampi tempi di approfondimento.

Anche la senatrice MUNERATO (LN-Aut) dà conto di una proposta di parere contrario (testo allegato al resoconto).

Il senatore ICHINO (SCpI) dissente dall’impostazione stessa dei due schemi di parere proposti, rispettivamente, dai senatori del Gruppo 5 Stelle e dal senatore Barozzino, tesi sostanzialmente alla dilatazione e al consolidamento dello strumento degli ammortizzatori in deroga. L’istituto va invece progressivamente ridotto, fino a giungere al suo azzeramento, in direzione di un sistema equilibrato, nel quale il sostegno del reddito è garantito in parte sulla base del rapporto assicurativo, e in parte da uno strumento a carattere universale ancora inesistente in Italia, rappresentato dal reddito minimo di inserimento. E’ proprio con la finalità di costruire questo orizzonte che va adesso utilizzato l’istituto dell’ammortizzatore in deroga. Per queste ragioni, annuncia che voterà a favore della proposta di parere redatta dal relatore.

Il senatore BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE), pur concordando con l’impostazione generale della bozza illustrata dal relatore, sottolinea che, come opportunamente richiamato nel parere stesso, lo schema risulta ancora carente di indicazioni specifiche riguardanti le politiche attive del lavoro. Chiede inoltre al relatore di modificare l’osservazione riferita al comma 3 dell’articolo 2, nella quale si propone di mantenere il beneficio anche a favore di piccoli imprenditori, cooperative e studi professionali, rendendola una vera condizione. Infine, in materia di procedure autorizzative, auspica che la previsione di un doppio canale di apertura della pratica avvenga d’ufficio, evitando un ulteriore aggravamento burocratico a carico del datore di lavoro.

Il senatore PAGANO (NCD) fa osservare che la delicatezza del tema e il ritardo con il quale il Governo ha presentato al Parlamento lo schema di decreto ne rende necessario un esame tempestivo, per consentirne la rapida adozione. Sul tema la Commissione ha svolto una disamina assai approfondita, con una nutrita serie di qualificate audizioni, che ne hanno ampliato il quadro conoscitivo; molte delle criticità e delle osservazioni emerse in quella sede sono state peraltro raccolte puntualmente dal relatore nel parere proposto, sul quale il suo Gruppo voterà pertanto a favore. Conclusivamente, coglie l’occasione per esprimere l’auspicio che l’utilizzo dello strumento degli ammortizzatori in deroga avvenga sempre più in via straordinaria e occasionale, a vantaggio di reali interventi di politiche attive del lavoro.

La senatrice PARENTE (PD), premesso un richiamo al dettato dell’articolo 4 comma 2 del decreto-legge n. 54, che ha rinviato a un decreto del Ministro del lavoro la definizione dei criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, si richiama alle considerazioni emerse nel corso delle audizioni che la Commissione ha svolto, sottolineando che la presenza di elementi di criticità e di puntuali osservazioni ha reso non facile l’individuazione di un punto di equilibrio che consentisse di raccogliere gli elementi propositivi in un quadro di bilanciamento complessivo tra le diverse istanze e la necessità di procedere in modo tempestivo, atteso il ritardo con il quale lo schema è stato proposto in Parlamento. Il relatore è in questo senso riuscito a svolgere un paziente lavoro, testimoniato anche dai punti di sintonia tra il parere da lui predisposto e quelli alternativi proposti dai Gruppi di opposizione: la sintonia, sotto questo aspetto, tra maggioranza e opposizione nasce d’altronde dal concorde convincimento della necessità di collegare lo strumento degli ammortizzatori a una ricollocazione dei lavoratori nel tessuto produttivo e all’adozione di politiche attive del lavoro. Per queste ragioni, il Gruppo PD voterà a favore della proposta di parere del relatore.

La senatrice BENCINI (M5S) interviene brevemente per precisare che il suo Gruppo ritiene prioritaria la riorganizzazione dei circuiti virtuosi, all’interno dei quali realizzare il reinserimento nel mondo del lavoro, rispetto al sistema degli ammortizzatori.

La senatrice MUSSOLINI (FI-PdL XVII), pur comprendendo le finalità cui lo schema è volto e apprezzando lo sforzo profuso dal relatore, ritiene che lo schema da lui predisposto rappresenti una mera collazione di auspici. Anticipa pertanto il voto di astensione.

A giudizio della senatrice D’ONGHIA (PI) il lavoro può essere sostenuto unicamente attraverso l’adozione di politiche attive serie ed efficaci, che assumano rilievo centrale nell’azione di governo; solo così sarà possibile il superamento della cassa integrazione in deroga, il cui utilizzo ha finito per intorpidire il Paese.

Il presidente SACCONI (NCD) osserva che gli ammortizzatori in deroga hanno svolto una funzione importante e sono stati di grande utilità nella grande crisi della domanda globale, che ha causato difficoltà a molte imprese. L’intento era quello di consentire la conservazione del legame tra imprese e lavoratori in presenza di un crollo generalizzato della domanda interna e internazionale, per permettere la riattivazione del rapporto di lavoro una volta superata la crisi. La capacità dello strumento si è attenuata perché la crisi prolungata della domanda è divenuta altresì crisi dell’offerta e per le conseguenze negative determinate dall’assenza di partecipazione agli oneri da parte delle regioni. Al fine di superare i dubbi espressi dal senatore Berger, propone quindi di modificare il parere, inserendo il richiamo ad una condizionalità con riferimento al mantenimento del beneficio anche a favore di piccoli imprenditori, cooperative e studi professionali e specificando in tema di procedure autorizzative che il procedimento si avvia con presentazione della pratica alla regione, la quale a sua volta espleta la comunicazione all’INPS.

Il relatore LEPRI (PD) concorda con tali modifiche, riformulando pertanto conseguentemente il parere (vedi testo allegato al resoconto).

La senatrice BENCINI (M5S), a nome del Gruppo 5 Stelle, annuncia che, in conseguenza delle modifiche proposte, il suo Gruppo, prima orientato in senso contrario, esprimerà invece voto di astensione.

Presente il prescritto numero di senatori, il presidente SACCONI mette quindi ai voti la proposta di parere del relatore Lepri, come riformulata.

La Commissione approva.

Resta di conseguenza precluso il voto sulle rimanenti proposte di parere alternativo.

La seduta termina alle ore 16.

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL RELATORE

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 74

L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto ministeriale in titolo, premesso che esso è stato predisposto ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85, che rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione dei criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga;

considerato che potrebbe dubitarsi in ordine all’opportunità di mantenere in vita la mobilità in deroga, visto che l’ASPI è già operativa, e che ciò è previsto per assicurare continuità con gli interventi in essere;

evidenziato che, quanto al percorso di costituzione dei Fondi di solidarietà, occorre esser certi che lo schema eviti penalizzazioni anche indirette per chi li ha realizzati o li sta costituendo, a vantaggio di quanti, per varie ragioni, non vi hanno invece ancora proceduto;

sottolineato che, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, i rappresentanti delle regioni hanno segnalato che il nuovo schema allargherebbe, anziché restringere, la platea dei beneficiari di mobilità in deroga, cioè di lavoratori di aziende cessate o di prossima cessazione;

richiamato che, sempre a giudizio dei rappresentanti delle regioni, non vi sarebbero i tempi tecnici per l’applicazione del decreto dal 1° gennaio 2014, ciò che renderebbe necessaria una fase di transizione,

esprime parere favorevole con le osservazioni di seguito riportate.

All’articolo 1, comma 3, si suggerisce di specificare che i requisiti soggettivi di anzianità lavorativa, previsti dall’articolo 33, comma 22, della legge 12 novembre 2011, n. 183, operano solo nella parte in cui non siano modificati da altre norme specifiche dello schema di decreto, quali quelle all’articolo 2, comma 1.

Quanto all’articolo 2, comma 1, si raccomanda di non escludere dalla concessione della cassa integrazione in deroga gli apprendisti e i lavoratori a domicilio; mentre, per quanto concerne i lavoratori in somministrazione (cosiddetti interinali), si potrebbe prevedere l’integrazione di quanto assicurato dal Fondo di settore, qualora eroghi prestazioni economiche inferiori a quelle garantite dalla deroga.

Con riferimento al medesimo comma, per quanto riguarda il requisito di anzianità lavorativa presso l’impresa, si invita il Governo a introdurre una soluzione intermedia tra le attuali 90 giornate lavorative e i 12 mesi introdotti dallo schema di parere in esame.

Tra le causali di sospensione dell’attività produttiva si riterrebbe inoltre utile specificare se rientrano nella fattispecie anche quelle imprese soggette a fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni. Su quest’ultimo aspetto, pur concordando con l’esclusione dal trattamento di integrazione salariale in deroga per i casi di cessazione dell’attività dell’impresa o di parte della stessa, di cui al comma 2, si ritiene necessario precisare che la limitazione è riferita alla parte di impresa cessata, ammettendo quindi alla prestazione in deroga la parte di impresa che prosegue l’attività.

Il comma 3 del medesimo articolo riconosce come tipologie d’impresa solo quelle contemplate dall’articolo 2082 codice civile, escludendo di fatto tutto un tessuto produttivo costituito da piccoli imprenditori e datori di lavoro aventi altra natura giuridica. Al riguardo, si propone di mantenere il beneficio anche a favore di tutti gli altri datori di lavoro: in particolare piccoli imprenditori, cooperative e studi professionali.

Al comma 6 occorre precisare il riferimento al previo godimento delle ferie residue, tenuto conto che, secondo l’attuale interpretazione del Ministero, la necessità del ricorso alle ferie sarebbe esclusa.

Riguardo ai trattamenti di integrazione salariale concessi dai fondi di solidarietà bilaterali, di cui al comma 8, potrebbe essere opportuno chiarire se i limiti di durata della proroga in deroga si computino assumendo come termine iniziale il superamento dei limiti di durata del trattamento previsti dalla disciplina dei fondi stessi, oppure quello dei limiti (eventualmente diversi) di durata stabiliti dalla disciplina generale in materia di integrazione salariale, richiamati nel medesimo comma 8.

In tema di procedure autorizzative, di cui ai commi 10-12, si suggerisce di prevedere un procedimento che si avvia con un doppio canale di apertura della pratica (presentazione alla regione e comunicazione all’INPS), successivo esame da parte della regione e definitiva autorizzazione dell’INPS nel termine di 15 giorni, con clausola di silenzio-assenso. Resta ferma la complessiva attività di monitoraggio prevista in capo all’INPS.

All’articolo 3, i commi 4 e 5 introducono limiti di durata della mobilità in deroga: potrebbe essere opportuno esplicitare se nel computo di tali limiti si prescinda dalla circostanza che le prestazioni siano state o meno continuative.

Conclusivamente, si evidenzia la grave necessità, rappresentata nel corso delle audizioni dai rappresentanti delle regioni, di dare certezza di copertura alla stima di ulteriore fabbisogno di risorse necessario per coprire il 2013. In questo senso, si suggerisce di valutare la possibilità di: a) definire riparti a cadenza periodica e non uno solo l’anno; b) considerare eventualmente l’ipotesi di un decremento progressivo del valore dell’assegno, così da ampliare la platea dei beneficiari; c) analizzare le ragioni di eventuali marcati scostamenti tra una regione e l’altra nella stima di ulteriori fabbisogni di risorse, imputabili a una possibile discutibile gestione, piuttosto che a criticità particolari.

Un’altra considerazione è riferibile alla condizione dei lavoratori per i quali non è possibile il rientro al lavoro a causa di cessazione dell’attività. Si propone pertanto al Governo di superare l’istituto della “mobilità in deroga” e di valutare la possibilità di concedere a tali soggetti una “dote”, in due modi: a) estendendo anche a loro la concessione (prevista per l’ASpI) in unica soluzione dell’indennità mensile per un numero di mensilità pari a quelle spettanti non ancora percepite, se intendono intraprendere un’attività di lavoro autonomo, avviare una micro impresa o associarsi in cooperativa; b) collegando l’erogazione all’attivazione di un voucher di ricollocazione spendibile presso centri per l’impiego accreditati, secondo le modalità e in applicazione del modello sperimentale previsto in Legge di Stabilità 2014.

Si rimarca inoltre l’esigenza di prevedere nello schema di decreto il requisito essenziale dell’accordo sindacale, nei termini previsti dalle norme, per l’avvio e l’efficacia della procedura.

Infine, e in via generale, si nota la mancanza di indicazioni tese a collegare gli interventi previsti con le politiche attive del lavoro; si coglie pertanto l’occasione per invitare il Governo a valutare l’opportunità di richiamare, eventualmente anche in questa sede, l’obbligatorietà per tutti i beneficiari, salvo eccezioni motivate, di seguire specifici corsi di formazione e riqualificazione, nonché percorsi tesi al reinserimento nel tessuto produttivo, con attivazione degli strumenti di assistenza allo scopo necessari.

Da ultimo, si ribadisce la necessità che dalla novellata disciplina sugli ammortizzatori sociali in deroga restino esclusi alcuni comparti, quali il settore della pesca, che deve continuare a fruire di un trattamento specifico determinato dalle caratteristiche di tipo produttivo e dalla peculiarità dei rapporti di lavoro, e per il quale è stato previsto apposito fondo all’interno della Legge di Stabilità 2014.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 74

L’11a Commissione permanente, esaminato lo schema di decreto ministeriale in titolo, premesso che esso è stato predisposto ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 luglio 2013, n. 85, che rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione dei criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga;

considerato che potrebbe dubitarsi in ordine all’opportunità di mantenere in vita la mobilità in deroga, visto che l’ASPI è già operativa, e che ciò è previsto per assicurare continuità con gli interventi in essere;

evidenziato che, quanto al percorso di costituzione dei Fondi di solidarietà, occorre esser certi che lo schema eviti penalizzazioni anche indirette per chi li ha realizzati o li sta costituendo, a vantaggio di quanti, per varie ragioni, non vi hanno invece ancora proceduto;

sottolineato che, nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, i rappresentanti delle regioni hanno segnalato che il nuovo schema allargherebbe, anziché restringere, la platea dei beneficiari di mobilità in deroga, cioè di lavoratori di aziende cessate o di prossima cessazione;

richiamato che, sempre a giudizio dei rappresentanti delle regioni, non vi sarebbero i tempi tecnici per l’applicazione del decreto dal 1° gennaio 2014, ciò che renderebbe necessaria una fase di transizione,

esprime parere favorevole con le osservazioni di seguito riportate.

All’articolo 1, comma 3, si suggerisce di specificare che i requisiti soggettivi di anzianità lavorativa, previsti dall’articolo 33, comma 22, della legge 12 novembre 2011, n. 183, operano solo nella parte in cui non siano modificati da altre norme specifiche dello schema di decreto, quali quelle all’articolo 2, comma 1.

Quanto all’articolo 2, comma 1, si raccomanda di non escludere dalla concessione della cassa integrazione in deroga gli apprendisti e i lavoratori a domicilio; mentre, per quanto concerne i lavoratori in somministrazione (cosiddetti interinali), si potrebbe prevedere l’integrazione di quanto assicurato dal Fondo di settore, qualora eroghi prestazioni economiche inferiori a quelle garantite dalla deroga.    

Con riferimento al medesimo comma, per quanto riguarda il requisito di anzianità lavorativa presso l’impresa, si invita il Governo a introdurre una soluzione intermedia tra le attuali 90 giornate lavorative e i 12 mesi introdotti dallo schema di parere in esame.

Tra le causali di sospensione dell’attività produttiva si riterrebbe inoltre utile specificare se rientrano nella fattispecie anche quelle imprese soggette a fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni. Su quest’ultimo aspetto, pur concordando con l’esclusione dal trattamento di integrazione salariale in deroga per i casi di cessazione dell’attività dell’impresa o di parte della stessa, di cui al comma 2, si ritiene necessario precisare che la limitazione è riferita alla parte di impresa cessata, ammettendo quindi alla prestazione in deroga la parte di impresa che prosegue l’attività.

Il comma 3 del medesimo articolo riconosce come tipologie d’impresa solo quelle contemplate dall’articolo 2082 codice civile, escludendo di fatto tutto un tessuto produttivo costituito da piccoli imprenditori e datori di lavoro aventi altra natura giuridica. Al riguardo, si propone – in termini di condizione – di mantenere il beneficio anche a favore di tutti gli altri datori di lavoro: in particolare piccoli imprenditori, cooperative e studi professionali.

Al comma 6 occorre precisare il riferimento al previo godimento delle ferie residue, tenuto conto che, secondo l’attuale interpretazione del Ministero, la necessità del ricorso alle ferie sarebbe esclusa.

Riguardo ai trattamenti di integrazione salariale concessi dai fondi di solidarietà bilaterali, di cui al comma 8, potrebbe essere opportuno chiarire se i limiti di durata della proroga in deroga si computino assumendo come termine iniziale il superamento dei limiti di durata del trattamento previsti dalla disciplina dei fondi stessi, oppure quello dei limiti (eventualmente diversi) di durata stabiliti dalla disciplina generale in materia di integrazione salariale, richiamati nel medesimo comma 8.

In tema di procedure autorizzative, di cui ai commi 10-12, si suggerisce di prevedere un procedimento che si avvia con un doppio canale di apertura della pratica con unico atto amministrativo (presentazione alla regione e sua trasmissione all’INPS), successivo esame da parte della regione e definitiva autorizzazione dell’INPS nel termine di 15 giorni, con clausola di silenzio-assenso. Resta ferma la complessiva attività di monitoraggio prevista in capo all’INPS.

All’articolo 3, i commi 4 e 5 introducono limiti di durata della mobilità in deroga: potrebbe essere opportuno esplicitare se nel computo di tali limiti si prescinda dalla circostanza che le prestazioni siano state o meno continuative.

Conclusivamente, si evidenzia la grave necessità, rappresentata nel corso delle audizioni dai rappresentanti delle regioni, di dare certezza di copertura alla stima di ulteriore fabbisogno di risorse necessario per coprire il 2013. In questo senso, si suggerisce di valutare la possibilità di: a) definire riparti a cadenza periodica e non uno solo l’anno; b) considerare eventualmente l’ipotesi di un decremento progressivo del valore dell’assegno, così da ampliare la platea dei beneficiari; c) analizzare le ragioni di eventuali marcati scostamenti tra una regione e l’altra nella stima di ulteriori fabbisogni di risorse, imputabili a una possibile discutibile gestione, piuttosto che a criticità particolari.

Un’altra considerazione è riferibile alla condizione dei lavoratori per i quali non è possibile il rientro al lavoro a causa di cessazione dell’attività.  Si propone pertanto al Governo di superare l’istituto della “mobilità in deroga” e di valutare la possibilità di concedere a tali soggetti una “dote”, in due modi: a) estendendo anche a loro la concessione (prevista per l’ASpI) in unica soluzione dell’indennità mensile per un numero di mensilità pari a quelle spettanti non ancora percepite, se intendono intraprendere un’attività di lavoro autonomo, avviare una micro impresa o associarsi in cooperativa; b) collegando l’erogazione all’attivazione di un voucher di ricollocazione spendibile presso centri e servizi per l’impiego accreditati, secondo le modalità e in applicazione del modello sperimentale previsto in Legge di Stabilità 2014.

Si rimarca inoltre l’esigenza di prevedere nello schema di decreto il requisito essenziale dell’accordo sindacale, nei termini previsti dalle norme, per l’avvio e l’efficacia della procedura.

Infine, e in via generale, si nota la mancanza di indicazioni tese a collegare gli interventi previsti con le politiche attive del lavoro; si coglie pertanto l’occasione per invitare il Governo a valutare l’opportunità di richiamare, eventualmente anche in questa sede, l’obbligatorietà per tutti i beneficiari, salvo eccezioni motivate, di seguire specifici corsi di formazione e riqualificazione, nonché percorsi  tesi al reinserimento nel tessuto produttivo, con attivazione degli strumenti di assistenza allo scopo necessari.

Da ultimo, si ribadisce la necessità che dalla novellata disciplina sugli ammortizzatori sociali in deroga restino esclusi alcuni comparti, quali il settore della pesca, che deve continuare a fruire di un trattamento specifico determinato dalle caratteristiche di tipo produttivo e dalla peculiarità dei rapporti di lavoro, e per il quale è stato previsto apposito fondo all’interno della Legge di Stabilità 2014.

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAL SENATORE BAROZZINO

SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 74

 

La 11a Commissione, esaminato lo schema di decreto ministeriale in materia di ammortizzatori sociali in deroga (atto n. 74);

premesso che:

è noto che lo strumento degli ammortizzatori in deroga è stato utilizzato a volte – ma non senza ragione-  anche in maniera esorbitante rispetto alle sue finalità,  così che il legislatore ha inteso stabilire criteri uniformi a livello nazionale per superare precedenti errori applicativi;

tali criteri sono stati delegati al decreto interministeriale in esame, la cui fonte normativa è l’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 54 del 2013. L’articolo dispone:

a)       di determinare con decreto interministeriale criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riguardo:

1)      ai termini di presentazione, a pena di decadenza, delle relative domande;

2)      alle causali di concessione;

3)      ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito;

4)      alle tipologie di datori di lavoro e lavoratori beneficiari;

b)      il rispetto «degli equilibri di bilancio programmati» da parte dei criteri determinati;

dalla disposizione emerge con chiarezza la finalità del decreto e i confini entro cui esso deve muoversi: definire criteri uniformi, senza incidere sulla disciplina di fonte primaria che riguarda gli ammortizzatori in deroga, che il legislatore non ha modificato;

secondo la legge vigente (ex articolo 2, commi 64 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92), gli ammortizzatori sociali in deroga sono previsti per gli anni 2013-2016 ed attuati (nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate) con decreti interministeriali, sulla base di specifici accordi governativi (relativi anche a settori produttivi e ad aree regionali);

lo schema di decreto, invece, reca evidenti contenuti contra legem che vanno oltre la definizione di criteri uniformi, realizzando una sorta di “spending review” degli ammortizzatori sociali:

1)      riducendo pesantemente la tutela nei confronti dei lavoratori e colpendo, in particolare, tipologie di lavoratori, come gli apprendisti e i somministrati, che per la prima volta avevano trovato forme di tutela in costanza di rapporto di lavoro che rappresentano la parte debole e meno tutelata del mercato del lavoro;

2)      riducendo la platea dei datori di lavoro;

3)      cancellando competenze alle Regioni e alle Province autonome;

nonostante le dichiarazioni bellicose del Governo, succedutesi nei mesi, l’interpretazione dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 54 del 2013 non lascia margini di incertezza con riferimento al fatto che i criteri da individuare siano meramente ricognitivi, al fine di dare uniformità a livello nazionale, e non innovativi, come invece è stato fatto nel decreto in esame, ponendo la fonte regolamentare in contrasto con la fonte legislativa, di rango primario. Il riferimento al rispetto «degli equilibri di bilancio programmati» è da intendersi confermativo del fatto che la fonte regolamentare, così come non può arbitrariamente restringere la platea dei beneficiari, così non potrebbe estenderla;

lo schema di decreto crea delle rigidità e contiene delle esclusioni che sono incompatibili con la ratio legis degli ammortizzatori in deroga, introdotti per dare risposte a quei lavoratori e a quelle aziende che non accedono agli ammortizzatori sociali ordinari o straordinari, o che non possono più accedervi, in particolare in un momento di congiuntura economica particolarmente difficile;

con gli ammortizzatori in deroga si è voluto introdurre uno strumento flessibile, adattabile anche al caso concreto, per sua natura temporaneo e anche transitorio nell’attesa di un’ineludibile riforma in senso universale degli ammortizzatori sociali. Anche per tali ragioni la legge ha rimesso la definizione degli interventi agli accordi tra Governo e Regioni;

l’illegittimo decreto in esame è l’espressione di una politica liberista che non rispetta la dignità sociale dei lavoratori e delle imprese e abdica al dovere di salvaguardare il lavoro e l’occupazione, principi fondamentali della Costituzione italiana;

l’indagine sui bilanci delle famiglie italiane nel 2012 della Banca d’Italia, diffusa poche ore fa, mostra come il 10 per cento delle famiglie con il reddito più basso percepisce il 2,4 per cento del totale dei redditi prodotti mentre il 10 per cento di quelle con redditi più elevati percepisce invece una quota del reddito pari al 26,3 per cento. Nel nostro Paese, quindi, continuano a crescere le disuguaglianze perché il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede il 46,6 per cento della ricchezza netta familiare totale (45,7 per cento nel 2010), ma il Governo decide di ignorare questi dati e di tagliare le briciole riservate al mondo del lavoro in crisi, quello produttivo, anziché aggredire tali diseguaglianze;

lo schema di decreto reca anche l’arbitraria eliminazione della possibilità che le Regioni regolamentino tramite accordi con le parti sociali situazioni specifiche a livello territoriale;

il ruolo delle Regioni viene sostanzialmente cancellato sia sul piano procedurale che su quello sostanziale – in violazione della Costituzione-, poiché di fatto viene loro affidato un ruolo di meri esecutori. Ciò appare evidente, in particolare, con riferimento alla modalità di invio delle domande esclusivamente all’INPS, a fronte di un successivo processo istruttorio e autorizzativo che rimarrebbe in capo alle Regioni. Ma l’articolo 4 del decreto-legge n. 54 del 2013 prevede l’invio dalle Regioni ad INPS non delle domande, ma dei decreti autorizzativi, al solo fine di effettuare il monitoraggio della spesa;

infine, l’INPS ha pubblicato il Messaggio n. 372 del 9 gennaio 2014 riguardante gli ammortizzatori sociali in deroga 2014, nel quale dà indicazioni alle sue sedi, sulla base delle disposizioni della nota del Ministero del Lavoro n. 43332 del 16 dicembre 2013. Tale nota dispone che, in attesa dell’entrata in vigore dei nuovi criteri per il riconoscimento degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2014, le Regioni e le Provincie autonome non concedano cassa integrazione in deroga o mobilità in deroga per periodi superiori a 6 mesi per il 2014. Con nota del 4 dicembre 2013, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ha altresì autorizzato le Regioni a continuare ad utilizzare anche per l’anno 2014, le risorse finanziarie già assegnate e non ancora utilizzate per interventi di ammortizzatori sociali in deroga;

le Regioni, tuttavia, denunciano l’impossibilità di procedere in mancanza di risorse. Risulterebbe che il flusso di denaro tra Ministero del tesoro e INPS si sia bloccato, in quanto il Ministero e l’INPS avrebbero deciso di non erogare liquidità per la cassa integrazione in deroga fino all’adozione del decreto interministeriale esaminato, ritenendo generica l’autorizzazione contenuta nella nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. A parte osservare che il decreto interministeriale in nessun caso potrà avere effetto retroattivo, non è ammissibile che istituzioni pubbliche contraddicano atti formali da loro stesse adottati. È necessario, pertanto, che venga immediatamente ripreso il pagamento della cassa in deroga, anche in assenza dell’adozione del decreto interministeriale esaminato,

a fronte delle ragioni illustrate si invita il Governo a ritirare lo schema di decreto esaminato e a garantire immediatamente la copertura finanziaria necessaria a coprire il fabbisogno della cassa in deroga relativa al 2013. Occorre recuperare la grave incertezza sociale procurata a molti lavoratori, che ad oggi non sanno se potranno ricevere o meno le loro indennità. Ben 11 regioni hanno sospeso le autorizzazioni e mancano un miliardo e settanta milioni di euro per coprire le richieste giacenti nelle Regioni relative al 2013;

esprime parere negativo.

 

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI CATALFO, BENCINI, PAGLINI E PUGLIA SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 74

La 11a Commissione del Senato, in sede d’esame dello schema di decreto ministeriale in materia di ammortizzatori sociali in deroga (AG 74);

considerato che:

lo schema di decreto in esame riduce drasticamente i periodi temporali di possibile fruizione degli ammortizzatori in deroga, ponendosi come unico obiettivo concreto, a far data dall’anno 2014, di realizzare un risparmio di cassa;

tale risparmio, in assenza di un contestuale avvio di un ammortizzatore sociale universalistico, che fornisca un sostegno al reddito per tutti coloro che ne sono sprovvisti, andrà a incidere prevalentemente sui soggetti sociali più deboli e maggiormente in difficoltà, delineandosi come una effettiva dismissione degli attuali ammortizzatori sociali in deroga;

nel corso dell’anno 2014, pur in presenza di una moderata ripresa economica, non si prevede ancora una riduzione della disoccupazione, ma, anzi un suo ulteriore incremento;

a tale situazione, vanno a sommarsi gli effetti, ancora non completamente sanati, della riforma del sistema pensionistico di cui all’articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i quali hanno comportato un accrescimento dell’area di povertà relativa in particolare per quanto riguarda migliaia di lavoratori ultraquarantenni e ultracinquantenni, che perso il lavoro dopo il 2007 in questa fase di crisi non hanno avuto alcuna possibilità di trovare una nuova occupazione;

nella sostanza la bozza di decreto in esame da una parte appare come uno strumento per ridurre ulteriormente le tutele sul lavoro senza nel contempo e proporzionalmente aumentare le cosiddette tutele sul mercato;

in particolare, come del resto rilevato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, appare assai grave che dalla fruizione degli ammortizzatori in deroga vengano esclusi gli apprendisti ed i somministrati;

· che, in luogo degli attuali 90 giorni, venga richiesto al lavoratore, sempre per poter fruire degli ammortizzatori, un’anzianità di 12 mesi;

· l’assoluta esclusione della concessione della cassa integrazione in deroga per cessazione di attività, nonché l’estensione dell’esclusione anche al caso di procedure concorsuali;

· che si pretenda la fruizione delle ferie preventiva al ricorso all’ammortizzatore in deroga;

· che, per quanto riguarda un istituto come la mobilità in deroga, socialmente così rilevante in questo momento di crisi, l’unica reale disposizione è la sua progressiva dismissione.

si ritiene dunque lo schema di decreto in esame totalmente sbagliato ed inopportuno e si auspica invece un percorso che non elimini le già inadeguate tutele vigenti ma porti all’introduzioni di strumenti di tutela universali come il reddito di cittadinanza;

esprime parere contrario.

SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DALLA SENATRICE MUNERATO SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 74

 

La 11a Commissione, esaminato lo schema di decreto ministeriale in materia di ammortizzatori sociali (Atto Governo n.74), che consta di 5 articoli, emanato ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 54 del 2013;

considerato che l’articolo 2 del medesimo provvedimento definisce i criteri per la fruizione della cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CIGD), sotto il profilo soggettivo e oggettivo. In particolare, per quanto concerne l’ambito soggettivo, sono beneficiari della cassa in deroga gli operai, gli impiegati e i quadri che lavorino nelle sole imprese ai sensi dell’articolo 2082 del Codice Civile, purché abbiano un’anzianità lavorativa aziendale di almeno 12 mesi alla data di richiesta del trattamento, siano sospesi dal lavoro ovvero effettuino prestazioni di lavoro ad orario ridotto per contrazione o sospensione dell’attività produttiva; per quanto riguarda l’ambito oggettivo, invece, si prevede che la cassa in deroga possa essere concessa soltanto in situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori o determinate da situazioni temporanee di mercato, crisi aziendali e ristrutturazione o riorganizzazione; è pertanto disposto espressamente il divieto di fruizione del trattamento in caso di cessazione dell’attività di impresa o di parte di essa;

ritenuto tale divieto non in linea con lo spirito e la volontà del legislatore che ha introdotto nel nostro ordinamento la cassa in deroga; negando, infatti l’erogazione delle prestazione in caso di cessazione dell’attività imprenditoriale – o di parte di essa – si lasciano privi di sostegno al reddito i lavoratori di tutte quelle imprese che spesso sono costrette a ricorrere alle cessioni di rami aziendali per oggettive esigenze produttive;

tenuto conto, altresì, che l’articolo 3, nel disciplinare i criteri per la fruizione della mobilità in deroga, definisce un quadro di interventi differenziato tra Nord e Sud, con previsione di un periodo di concessione più lungo per i lavoratori residenti nelle aree del Mezzogiorno;

valutata tale differenziazione in contrasto con i dati reali della crisi economica, che registrano un maggiore e più grave stato di emergenza proprio nel Settentrione, dove si concentra la realtà produttiva del nostro Paese esprime parere contrario.

 

51ª Seduta

 

Presidenza della Vice Presidente

SPILABOTTE  

        

 

 

            La seduta inizia alle ore 11,35.

 

 

ESAME DI ATTI PREPARATORI DELLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA 

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad una rete europea di servizi per l’impiego, all’accesso dei lavoratori ai servizi di mobilità e ad una maggiore integrazione dei mercati del lavoro (n. COM (2014) 6 definitivo)

(Esame, ai sensi dell’articolo 144 del Regolamento, dell’atto comunitario sottoposto al parere motivato sulla sussidiarietà e rinvio)

 

     La relatrice Rita GHEDINI (PD), evidenziato preliminarmente il grande rilievo sostanziale della proposta di regolamento in esame, ne giudica assai opportuno il tempestivo inserimento all’ordine del giorno della Commissione, che ne consentirà un approfondimento adeguato. La rete EURES, istituita nel 1993, è stata implementata già con due precedenti interventi. La proposta in esame è finalizzata a trasformarla in uno strumento vieppiù efficace per il conseguimento di quella mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione europea che rappresenta uno dei diritti fondamentali stabiliti dal Trattato. La necessità di un nuovo regolamento nasce dalla circostanza che nel corso del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012 sul patto per la crescita e l’occupazione sia maturata l’urgenza politica di un cambiamento che consentisse la trasformazione del portale EURES in un autentico strumento europeo di collocamento ed assunzione; successivamente, nel Vertice europeo sull’occupazione giovanile, a dicembre 2012, il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare una proposta relativa a un nuovo regolamento EURES. Le carenze ascrivibili attualmente allo strumento sono state individuate in una incompletezza della disponibilità di offerte di lavoro e di curricula, nella limitata capacità del portale di garantire il contatto tra offerta e domanda, causato da una interoperabilità limitata dei dati provenienti dai sistemi nazionali di offerta di lavoro, nell’accesso ineguale ai servizi all’interno dell’Unione europea, in una limitata disponibilità a prestare assistenza nelle attività di messa in contatto tra domanda e offerta e nell’inefficiente scambio informativo tra gli Stati membri. La rete EURES deve essere dunque ripensata per supplire a tali carenze.

La base giuridica della proposta risiede nell’articolo 46 del TFUE; la proposta appare prima facie conforme al principio di sussidiarietà, non essendo i suoi obiettivi conseguibili in misura sufficiente dai singoli Stati membri – ciò che renderà peraltro necessario ridefinire anche la rete nazionale dei servizi – e al principio di proporzionalità, atteso che il regolamento si limita a quanto necessario per il conseguimento di quegli obiettivi. Un elemento di innovazione è rappresentato dal fatto che per la prima volta si prevede la possibilità di partecipazione allo strumento non solo dei tradizionali partner EURES (aziende, sindacati e organizzazioni attive in materia di occupabilità e mobilità), ma anche di SPI non pubblici, riconosciuti e controllati dagli Stati membri e ricadenti sotto la responsabilità di uffici di coordinamento nazionali. In Italia si dovrà dunque immaginare di procedere anche all’accreditamento di servizi privati sull’intero territorio nazionale, superando dunque l’attuale disomogeneità esistente tra le Regioni. L’adozione del regolamento non avrà inoltre alcuna incidenza finanziaria specifica sul bilancio dell’Unione europea.

            Dopo aver dato conto del testo della proposta di regolamento in esame, la relatrice sottolinea la necessità di una interlocuzione con il Governo; auspica pertanto l’intervento nella prossima seduta di un rappresentante dell’Esecutivo, che ne precisi la posizione, con specifico riferimento all’adeguamento del sistema nazionale. Ritiene altresì fondamentale un approfondimento dei delicati contenuti dell’atto anche attraverso audizioni di rappresentanze delle parti sindacali e datoriali, inclusi i gestori dei centri per l’impiego privati, nonché dei rappresentanti delle Regioni.

 

            La Commissione conviene.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 

            La seduta termina alle ore 12.

 

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