GIOVEDÌ 25 GIUGNO 2015
164ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
indi della Vice Presidente
SPILABOTTE
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Cassano.
La seduta inizia alle ore 8,40.
IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità (n. 176)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 1, commi 3 e 4, lettere g), z) e aa), 5, 6, 7, 9, lettere e) e l), e 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. Esame e rinvio)
Il presidente relatore SACCONI (AP (NCD-UDC)) osserva che gli ampi criteri di delega cui lo schema di decreto in materia di semplificazione dà corso consentono al legislatore delegato consistenti margini di intervento e di razionalizzazione in una delle materie più segnate dalla complessità della regolazione. La tutela degli interessi fondamentali del lavoratore, in considerazione delle nuove tecnologie, deve infatti realizzarsi soprattutto attraverso l’evoluzione delle funzioni pubbliche e l’incoraggiamento di forme di responsabilità sociale delle imprese. In ogni caso, il legislatore deve sempre aver presente la varietà dei datori di lavoro, dalla famiglia all’organizzazione più sofisticata, dei lavori – da quelli elementari a quelli più professionali – e dei luoghi in cui essi si realizzano, dall’abitazione del lavoratore stesso all’industria 4.0; e alla diversità di condizioni non possono evidentemente corrispondere omogeneità di regole e di adempimenti. In questo senso, ove la volontà semplificatoria cui lo schema di decreto intende corrispondere si traduca in una maggiore complicazione, egli ritiene che le disposizioni vadano integrate, in modo da rafforzare il conseguimento dell’obiettivo dichiarato. In questo senso, intende sollecitare il Governo ad un maggiore impegno per contemperare le ragioni connesse alla tutela del lavoro con quelle relative alla semplicità della gestione del rapporto, in modo da incoraggiare la propensione ad assumere. Le norme ricomprese nello schema di decreto in esame dovranno infatti correlarsi con quelle già contenute nel provvedimento dedicato al riordino dei rapporti di lavoro, nella prospettiva di un testo unico semplificato.
Il Presidente relatore passa quindi ad illustrare il contenuto del provvedimento, soffermandosi in particolare sulle disposizioni di cui al Titolo I riguardanti gli inserimenti mirati delle persone con disabilità. In proposito, nota che gli articoli relativi al collocamento obbligatorio (articoli da 1 a 13) risultano redatti in termini non immediatamente leggibili e fanno sorgere l’obbligo di assunzione di lavoratori disabili in un momento anteriore rispetto alla normativa precedente. Giudica invece positive le disposizioni che appaiono rivolte al concreto obiettivo dell’inclusione, soprattutto dei disabili più gravi, in quanto affidato più a buone pratiche ed accordi sussidiari con soggetti istituzionali e sociali che non alla vecchia logica del vincolo formale.
In materia di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, di cui agli articoli da 14 a 19 dello schema, segnala l’opportunità di adottare modelli telematici di LUL obbligatori per la tenuta delle informazioni relative alle operazioni del sostituto di imposta realizzate nel mese di riferimento per il singolo lavoratore. Avanza invece perplessità in ordine al nuovo adempimento di cui all’articolo 14, ritenendo che la previsione di una comunicazione aggiuntiva muova da una volontà occhiuta del Ministero rispetto alla libera e responsabile determinazione delle parti, ferma restando le possibilità di verifica degli accordi di prossimità in relazione ai benefici fiscali.
Una parte significativa dello schema di decreto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro, con ampie disposizioni di semplificazione e di razionalizzazione. Nel complesso, le norme del Capo III che prevedono semplificazioni in questo settore sono tuttavia a suo avviso di modesto impatto in termini di riduzione degli attuali notevoli adempimenti burocratici e formali, alcuni dei quali nemmeno sanzionati. In alcuni casi le disposizioni addirittura complicano la vita delle imprese e appesantiscono le sanzioni. In proposito, il Presidente relatore sottolinea la necessità di riconfigurare in senso moderno le norme sulla salute e sicurezza del lavoro, in un’ottica di incremento delle tutele accoppiata ad una vera semplificazione, come ad esempio avviene in Svezia, dove si riscontra un basso livello sia degli infortuni e delle malattie professionali che degli obblighi formali. In questo senso, egli auspica una più coraggiosa opera di riscrittura della legislazione vigente, sovente eccessivamente ridondante e vaga nella definizione dei comportamenti penalmente rilevanti.
Passando alle disposizioni in materia di rapporto di lavoro, a proposito dell’articolo 23, che introduce una nuova disciplina in materia di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori, sostituendo l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, osserva che la nuova norma disciplina i soli controlli indiretti, ovvero quelli che possono indirettamente derivare dall’installazione di impianti audiovisivi ed altri strumenti necessari per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale. La disposizione risponde all’esigenza di attualizzare i sistemi di controllo al contesto economico-sociale odierno. In tale contesto, egli giudica positiva la previsione di una norma non volta al controllo indiscriminato del lavoratore, ma tendente a tutelare l’impresa dall’utilizzo improprio di nuovi strumenti offerti dalla tecnologia. Ritiene pertanto incondivisibili le critiche indirizzate nei confronti di essa, che lamentano una pretesa deregolamentazione a favore dell’impresa, a detrimento del diritto alla privacy e alla riservatezza del lavoratore. Richiama in proposito le linee guida sull’utilizzo della posta elettronica e di internet adottate già dal 2007 dal Garante della protezione dei dati personali, che prescrivono al datore di lavoro di informare in modo dettagliato i lavoratori sulle modalità di utilizzo di tali strumenti e di metterli al corrente della possibilità di eventuali controlli. Nel 2014, peraltro, lo stesso Garante ha autorizzato entro certi limiti l’utilizzo da parte di due società telefoniche di un’apposita applicazione installata sugli smartphone dei dipendenti, che ne consente la localizzazione al fine di garantire una migliore tempestività e gestione degli interventi tecnici. Il Garante ha ritenuto lecite le finalità del trattamento, in quanto effettuate nell’ambito del rapporto di lavoro per soddisfare esigenze organizzative e produttive, ovvero per la sicurezza del lavoro, e non riconducibili a finalità di controllo personale o di profilazione dei dipendenti. In proposito, il Presidente relatore ricorda che in altri ordinamenti si è conseguito un bilanciamento tra la necessità di garantire la riservatezza del lavoratore e l’esigenza di tutelare il patrimonio aziendale; si sofferma in particolare sulle esperienze degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia e cita i contenuti della recente raccomandazione n. 5 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 1° aprile 2015.
Dopo avere illustrato le disposizioni del decreto in materia di pari opportunità, il Presidente relatore rileva conclusivamente che lo schema di decreto lascia aperte numerose altre opportunità di semplificazione, ribadendo anzitutto l’importanza di inserire un principio generale, valevole per tutte le amministrazioni e gli enti interessati, secondo cui la comunicazione delle informazioni debba farsi una sola volta e ad un unico soggetto, anche attraverso una maggiore tipizzazione delle stesse e un ricorso potenziato alle modalità telematiche. Suggerisce inoltre, al fine di meglio orientare l’azione della vigilanza pubblica obbligatoria, di delineare un sistema di vigilanza sussidiario, di stampo certificatorio, facoltativo rispetto a quello obbligatorio del Ministero del lavoro e degli enti previdenziali e assicurativi e affidato a soggetti competenti e responsabili, anche sotto il profilo disciplinare. In questa direzione, un meccanismo di certificazione alternativo potrebbe essere realizzato in sussidiarietà dalle professioni ordinistiche competenti che, in quanto tali, sarebbero garanti di terzietà e a loro volta controllabili e sanzionabili anche in base a criteri deontologici. Tale meccanismo dovrebbe concentrare la propria attività di controllo su materie oggetto di normative specifiche, quali ad esempio il lavoro minorile, la sicurezza del lavoro, la regolarità della contribuzione, dando evidenza in elenchi specifici alle aziende che tengano comportamenti socialmente responsabili e conformi alle leggi e agli impegni aggiuntivi dichiarati. Tale sistema non escluderebbe queste imprese dalla vigilanza ordinaria, alla quale consentirebbe però una migliore programmazione, dando la precedenza alle attività non certificate.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive (n. 177)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 1, commi 3, 4 e 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. Esame e rinvio)
Nell’introdurre l’esame, la relatrice PARENTE (PD) sottolinea che lo schema di decreto legislativo è di fondamentale importanza per consolidare il nuovo modello di politiche del lavoro, incentrate sulla persona in un’ottica di cura per tutto l’arco della vita. E’ con questo spirito che è stata istituita un’Agenzia Nazionale per le politiche attive del Lavoro (ANPAL), con una nuova visione di politica attiva del lavoro per reinserire nel tessuto produttivo i lavoratori inoccupati. A ciò deve accompagnarsi un capillare sistema di presa in carico del disoccupato, attraverso adeguati sistemi informativi, un fascicolo elettronico del lavoratore e la previsione di un assegno di ricollocazione.
Dopo aver evidenziato l’arretratezza del Paese rispetto alle valutazioni dell’OCSE e della Commissione Europa in tema di mercato del lavoro, la relatrice lamenta l’esiguità delle risorse impegnate in tema di politiche attive del lavoro; ritiene pertanto necessario un piano nazionale di rafforzamento degli stanziamenti, una più efficace programmazione tra Stato e Regioni e un miglior impiego delle risorse europee.
Passando all’esame del provvedimento, la relatrice nota che, nonostante le disposizioni della legge delega (articolo 1, commi 3 e 4, della legge n. 183 del 2014), esso non contiene criteri relativi all’autoimpiego ed all’autoimprenditorialità e al settore della bilateralità. I principi relativi alle persone con disabilità ed agli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio sono, invece, oggetto del Titolo I, Capo I, di un altro schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 176).
Sul contenuto del provvedimento, rileva che l’articolo 1 individua i soggetti, pubblici e privati, che costituiscono la rete dei servizi per le politiche del lavoro, il cui coordinamento è affidato all’ANPAL. Il successivo articolo 2 definisce le tipologie di indirizzo generale riservate a decreti del Ministro del lavoro, cui l’articolo 3 attribuisce le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia. La nuova autorità ha autonomia organizzativa, regolamentare e di bilancio, con una dotazione organica non superiore a 395 unità; le risorse finanziarie provengono in parte dal Fondo per le politiche attive del lavoro, in parte dal Fondo sociale per occupazione e formazione, in parte dall’allocazione di risorse iscritte in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro.
L’articolo 11 conferma che le funzioni in materia di servizi per l’impiego spettano alle regioni ed alle province autonome, cui restano assegnate anche la programmazione di politiche attive per il lavoro. L’articolo 12 prevede l’istituzione dell’albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive per il lavoro. In proposito, la relatrice ricorda che, in base alla normativa vigente, gli accreditamenti competono alle regioni, sulla base all’articolo 7 del decreto legislativo n. 276 del 2003, articolo che viene abrogato dal successivo articolo 33 dello schema.
All’articolo 13 si stabilisce che l’ANPAL, in cooperazione con l’INPS e l’ISFOL, allestisce il sistema informativo unico delle politiche del lavoro ed il portale unico per la registrazione alla rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro; il nuovo sistema comprende anche il fascicolo elettronico del lavoratore. I profili dell’impiego del sistema informativo unico delle politiche del lavoro e dell’interconnessione con altre banche dati di soggetti pubblici sono disciplinati dall’articolo 14. L’articolo 15 istituisce il sistema informativo della formazione professionale, comprensivo dell’albo nazionale degli enti di formazione, e ne attribuisce all’ANPAL la gestione, come pure la definizione di modalità comuni per l’iscrizione telematica ai corsi di formazione finanziati con risorse pubbliche. L’articolo 16 disciplina le attività dell’ANPAL concernenti il monitoraggio e la valutazione sulla gestione delle politiche attive per il lavoro. L’articolo 17 modifica la disciplina dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, trasferendo all’Agenzia la relativa funzione di vigilanza.
Con il Titolo II (articoli 18-28) sono individuati i principi generali in materia di politiche attive del lavoro. In particolare, si conferma l’articolazione territoriale del sistema dei servizi pubblici per l’impiego e si introducono la nozione di disoccupato parziale e la categoria dei lavoratori “a rischio di disoccupazione”. Gli articoli 20 e 21 sanciscono che il lavoratore in cerca di occupazione sia convocato dai centri per l’impiego per la stipula di un patto di servizio personalizzato, cui è subordinata la concessione dell’Assegno di disoccupazione (ASDI). E’ prevista altresì una nuova disciplina di dettaglio sugli obblighi in materia di ricerca attiva del lavoro dei titolari dei trattamenti di disoccupazione e dell’ASDI, con l’introduzione – accanto alle ipotesi di decadenza – anche di fattispecie di riduzione dell’importo. L’articolo 26 prevede inoltre per i titolari di trattamenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro la possibilità di essere chiamati a svolgere attività a fini di pubblica utilità nel territorio del comune di residenza.
I successivi articoli da 29 a 32 riguardano gli incentivi all’occupazione; in particolare, l’articolo 32 introduce, in via transitoria, incentivi sperimentali per le assunzioni effettuate con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
Conclusivamente, riguardo all’impianto generale dello schema di decreto, la relatrice sottolinea l’opportunità di un adeguato approfondimento di alcune questioni; in particolare, segnala il tema del rapporto Stato-Regioni, anche in considerazione delle modifiche che saranno apportate al Titolo V della Costituzione, attualmente all’esame del Senato (Atto Senato n. 1429-B), e quello, ad esso collegato, del rafforzamento dei centri per l’impiego e delle loro risorse. Quanto alla costituzione dell’ANPAL, la relatrice si interroga se la forma di Ente pubblico sia la più funzionale per assolvere il compito di coordinare le politiche attive e passive del lavoro e di utilizzare adeguatamente i finanziamenti europei, con risorse umane qualificate a tale compito. Auspica infine che, nel corso dell’iter dello schema di decreto in Commissione, si approfondiscano le modalità con cui si prevedono percorsi di alternanza scuola-lavoro, di concerto con il Ministero dell’istruzione, anche nella costituenda Agenzia, anche tenendo conto delle modifiche normative contenute nel disegno di legge cosiddetto “Buona scuola”, e ci si orienti verso un sistema di riconoscimento e valorizzazione delle competenze delle lavoratrici e dei lavoratori tale da accogliere sia le esigenze delle aziende che le attitudini delle persone. Ciò anche allo scopo di rendere l’ANPAL, in un sistema pubblico-privato, un vero luogo di incontro tra domande ed offerte di lavoro.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale (n. 178)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 1, commi 7, lettera l), e 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. Esame e rinvio)
Riferisce la relatrice PEZZOPANE (PD), la quale precisa che l’articolo 1 dello schema istituisce un’Agenzia unica, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, il cui statuto, che ne definisce le funzioni, è previsto dal successivo articolo 2. Analizzando l’articolo 3, la relatricesi sofferma sugli organi dell’Ispettorato nazionale – direttore, consiglio di amministrazione e collegio dei revisori -, sulla disciplina delle procedure di nomina e sulle loro funzioni. Lo schema affida a successivi decreti del Presidente del Consiglio la disciplina di alcuni aspetti inerenti le risorse umane e strumentali dell’Ispettorato, la dislocazione sul territorio e le forme di coordinamento con i servizi ispettivi di INPS ed INAIL. Al personale si applicano i contratti collettivi del comparto Ministeri; il personale ispettivo appartenente all’INPS ed all’INAIL è inserito, invece, in un ruolo ad esaurimento del relativo Istituto, con il mantenimento del trattamento economico e normativo in vigore. Inoltre, la dotazione organica dell’Ispettorato è progressivamente ridotta a seguito delle cessazioni dal servizio del personale appartenente ai profili amministrativi delle direzioni territoriali del Ministero del lavoro. In relazione alle cessazioni dal servizio del personale ispettivo dell’INPS e dell’INAIL, la dotazione organica sarà comunque incrementata ogni 3 anni di un numero di posti previsti dalle vigenti disposizioni in materia di turn over del personale. Con la medesima norma è sancita la costituzione presso l’Ispettorato del Comando carabinieri per la tutela del lavoro. Sulla base dell’articolo 7, l’Ispettorato provvede alla stipulazione di protocolli con la Regione Sicilia e le Province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di garantire un uniforme svolgimento dell’attività di vigilanza. La difesa in giudizio dell’Ispettorato compete all’Avvocatura dello Stato. Con l’articolo 12si istituisce infine, in via transitoria, un comitato operativo, al fine di garantire la progressiva funzionalità dell’Ispettorato.
Conclusivamente, con riferimento al complessivo impianto dello schema, la relatrice ritiene che esso richieda un’attenta valutazione circa le più efficaci modalità per arrivare alla soluzione dell’Ispettorato unico, con l’assorbimento (a regime) delle attività ispettive dell’INPS e dell’INAIL, attività che presentano talune peculiarità nonché specifiche connessioni con le altre funzioni dei due Istituti. In sede di audizioni e di discussione generale potranno inoltre a suo avviso emergere riflessioni e suggerimenti utili alla formulazione del parere.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (n. 179)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 1, commi 1, 2, lettera a), e 11, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. Esame e rinvio)
Il relatore ICHINO (PD) nota preliminarmente che lo schema di decreto in esame verte principalmente sulla materia della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, dei contratti di solidarietà e dei fondi di solidarietà bilaterali; scopo di esso è quello di riordinare il contenuto di tutte le disposizioni concernenti la sospensione della prestazione lavorativa e i corrispondenti strumenti di sostegno del reddito dei dipendenti coinvolti, in un’ottica di chiarezza e semplificazione normativa.
Dopo aver dato conto dell’evoluzione normativa negli ultimi decenni dell’istituto degli ammortizzatori sociali, nato come assicurazione degli operai contro il rischio di sospensione del lavoro, sottolinea l’opportunità, in occasione del riordino della materia, di colmare alcune lacune, soprattutto quelle derivanti dall’emanazione del regio decreto n. 1825 del 1924, che assicurò la continuità della retribuzione, in caso di sospensione dell’attività lavorativa, per i soli impiegati, escludendo gli operai da questo diritto contrattuale. Giudica inoltre ineludibile un chiarimento normativo circa il nesso che collega il (non illimitato) potere del datore di lavoro di sospendere la prestazione lavorativa, il suo perdurante debito retributivo nei confronti del dipendente interessato e la conseguente prestazione assicurativa erogata dalla CIG, che è a vantaggio dell’imprenditore sia nel caso del personale impiegatizio che del personale operaio. Suggerisce pertanto l’inserimento nel decreto di una norma che sia in linea con una delle seguenti condizioni: nel caso di sospensione totale o parziale delle prestazioni di lavoro nell’azienda o parte di essa per periodi di entità minima, il prestatore ha diritto all’intera retribuzione base ordinaria; per i periodi di sospensione eccedenti il limite minimo suddetto, il prestatore ha diritto a quattro quinti dell’ultima retribuzione; nell’area in cui opera la CIG, l’integrazione da questa parte erogata costituisce un intervento assicurativo a sostegno dell’impresa per il periodo di crisi aziendale.
Dopo aver ripercorso i principi ed i criteri direttivi della delega, il relatore illustra il provvedimento, a cominciare dal Titolo I (articoli da 1 a 25), che disciplina gli interventi di integrazione salariale. Gli articoli da 1 a 8 recano una serie di disposizioni comuni sia al trattamento di integrazione salariale ordinario (CIGO) che straordinario (CIGS), con l’obiettivo di definire un modello unitario di integrazione salariale. Il Capo II (articoli 9-18) contiene disposizioni relative al CIGO.
Il trattamento di CIGS è invece oggetto del Capo III (articoli 19-25). A suo giudizio, la mancata previsione dell’inserimento dei contratti di solidarietà c.d. espansivi, ovvero quelli volti a favorire nuove assunzioni da parte dell’impresa, nel testo dell’articolo 21, fa pensare ad una volontà del legislatore di sopprimere questo tipo di contratto, nonostante l’articolo 44, dedicato alle abrogazioni, non preveda la soppressione dell’articolo 2 del decreto-legge n. 726 del 1984, che lo istituisce. In un’ottica di riordino normativo della materia, il relatore giudica pertanto opportuno fare chiarezza sul punto. Rilevato che, in tema di finanziamento delle prestazioni ordinarie e straordinarie della CIG, si è operato nello schema di decreto un ridimensionamento dell’entità dei contributi posti a carico delle imprese, si sofferma su alcuni dati concernenti l’attivo strutturale della CIG prima della crisi, secondo i quali il gettito negli anni è stato triplo o addirittura quadruplo rispetto all’ammontare complessivo delle prestazioni.
Passando ad esaminare le misure del Titolo II, il relatore specifica che esso interviene in materia di fondi di solidarietà, con l’obiettivo di uniformarne la disciplina e di fissare un termine certo per il loro avvio. Il sistema dei fondi bilaterali delineato dal provvedimento ricalca, nei suoi elementi essenziali, quello previsto dalla normativa vigente, con la previsione di una disciplina per i fondi di solidarietà bilaterali di nuova istituzione, per i fondi di solidarietà esistenti che adeguino i propri statuti alla nuova disciplina legislativa (Fondi di solidarietà bilaterali alternativi) e per il Fondo di solidarietà residuale (che dal 2016 assumerà la denominazione di Fondo di integrazione salariale – FIS) per i settori che non abbiano provveduto all’istituzione di un fondo di solidarietà. Specifiche misure, infine, sono volte ad assicurare l’equilibrio finanziario del fondo.
L’articolo 33 stabilisce la divisione della contribuzione ordinaria tra datori di lavoro e lavoratori, mentre l’articolo 35 stabilisce disposizioni volte a garantire l’equilibrio finanziario dei Fondi; con l’articolo 39 si stabilisce che possono accedere alle prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali di settore anche gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere.
Nel Titolo III sono contenute le disposizioni transitorie e finali. Il relatore si sofferma in particolare sull’articolo 42, che contiene misure di carattere finanziario, prevedendo un incremento del Fondo istituito per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge delega n. 183 del 2014 e precisa che l’articolo 44 reca un cospicuo elenco di disposizioni abrogate.
Conclusivamente, si riserva ulteriori considerazioni nel corso del dibattito.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 9,30.
MERCOLEDÌ 24 GIUGNO 2015
163ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Intervengono i sottosegretari di Stato per il lavoro e le politiche sociali Bobba e Cassano.
La seduta inizia alle ore 15,30.
SU UN LUTTO CHE HA COLPITO LA SENATRICE D’ADDA
Il presidente SACCONI, a nome della Commissione tutta, esprime profondo cordoglio per il grave lutto che ha colpito la senatrice D’Adda.
IN SEDE CONSULTIVA
(1870) Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale, approvato dalla Camera dei deputati
(Parere alla 1a Commissione. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 17 giugno.
La relatrice FAVERO (PD) illustra una proposta di parere, favorevole con osservazioni (testo allegato al resoconto della seduta).
Il senatore PUGLIA (M5S) dà conto di una proposta di parere contrario (testo allegato al resoconto della seduta).
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) esprime forte preoccupazione per la situazione nella quale versa il settore della solidarietà, nel quale, come dimostrato anche dai fatti recenti, organizzazioni senza scrupoli hanno incrementato i rispettivi profitti, e paventa che la normativa in esame non abbia forza sufficiente ad evitare l’affarismo dilagante. I suoi timori riguardano anche la tempistica di esercizio della delega, che rischia di trascinare molto in là l’entrata in vigore dei decreti. Si tratta di pericoli che avrebbero potuto essere contrastati attraverso il semplice ascolto delle associazioni di settore, mentre quella in esame, più che una revisione del settore, rappresenta una sorta di controriforma.
Dissente il senatore LEPRI (PD), richiamando le considerazioni da lui svolte in qualità di relatore presso la Commissione di merito. Il testo del disegno di legge è sicuramente migliorabile, ma l’impianto si presenta a suo avviso convincente. L’articolato ha innanzitutto la condivisibile ambizione di ricondurre ad omogeneità leggi che si sono succedute nel tempo, dando luogo ad un corpo armonico, anche con riferimento alla disciplina civilistica, per molti versi obsoleta. Le attività di carattere solidaristico vengono infatti oggi perseguite da soggetti dalla natura giuridica differenziata, che agiscono in forma di cooperative sociali, di imprese sociali, di ONLUS e di associazioni di volontariato. Il provvedimento intende inoltre rafforzare la capacità innovativa dei soggetti imprenditoriali che fanno parte del Terzo settore; si tratta di un comparto che, al di là delle gravissime deviazioni che pur si sono verificate, ha dimostrato grande capacità e dinamismo e al quale occorre garantire un quadro legislativo e di incentivi ancora più forte. Si intende così mettere in campo misure anche di tipo nuovo, rendendo gli enti non necessariamente dipendenti dai finanziamenti pubblici, a cominciare dalla stabilizzazione del cinque per mille. Il provvedimento ha anche l’ambizione di ridurre i comportamenti opportunistici o addirittura delinquenziali, mettendo innanzitutto mano a una più ampia definizione del settore e riducendo la platea dei beneficiari delle norme applicative e della fiscalità di vantaggio.
Il presidente SACCONI concorda con tali considerazioni. Coglie comunque l’occasione per ribadire le proprie perplessità in ordine alla limitazione alla sola funzione consultiva del ruolo affidato alla Commissione lavoro, osservando che un’assegnazione in sede primaria avrebbe consentito lo svolgimento di una riflessione più ampia ed articolata e, proprio in ragione di una specifica sensibilità della Commissione medesima, avrebbe permesso un dialogo più ampio con i soggetti auditi dalla Commissione di merito.
Il sottosegretario BOBBA ringrazia per l’approfondito esame svolto e precisa al senatore Barozzino che il Governo intende rispettare pienamente i tempi della delega.
Presente il prescritto numero di senatori, il presidente SACCONI mette quindi ai voti la proposta di parere favorevole illustrata dalla senatrice Favero, che è approvata. Risulta conseguentemente precluso il voto sulla proposta di parere contrario, illustrata dal senatore Puglia.
IN SEDE REFERENTE
(1769) Silvana AMATI ed altri. – Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, in tema di trattamenti spettanti al coniuge superstite e ai figli dei caduti sul lavoro, nonché integrazioni alla legge 11 marzo 2011, n. 25, in materia di quote obbligatorie e di riserva per l’assunzione di lavoratori
(Seguito dell’esame e rinvio)
Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 17 giugno.
Il presidente SACCONI annuncia che è pervenuta dal Gruppo Movimento 5 Stelle una richiesta di differimento del termine di presentazione degli emendamenti, originariamente fissato per martedì 30 giugno, alle ore 10, alla stessa ora di giovedì 2 luglio e di non avere difficoltà ad accedervi.
La Commissione concorda.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 16,15.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1870
La Commissione lavoro, previdenza sociale, esaminato il disegno di legge in titolo, premesso che il provvedimento introduce misure per la costruzione di un rinnovato sistema che favorisca la partecipazione attiva e responsabile delle persone per valorizzare il potenziale di crescita e occupazione insito nell’economia sociale e nelle attività svolte dal Terzo settore;
considerato che la materia relativa alle attività associative, di volontariato, di promozione sociale e di impresa sociale è disciplinata da una composita e frastagliata normativa che rende ormai necessaria una revisione del quadro normativo del settore;
apprezzato che all’articolo 4 vengono definite forme di organizzazione, amministrazione e controllo degli enti, ispirate ai principi di democrazia ed eguaglianza, nonché ai principi di efficienza e di trasparenza della gestione degli enti stessi, prevedendo strumenti idonei a garantire il rispetto dei diritti degli associati e dei lavoratori, disciplinando altresì limiti ed obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione, ai dirigenti e agli associati;
osservato che all’articolo 5 è prevista la revisione organica della disciplina in materia di attività di volontariato e di promozione sociale che deve essere armonizzata con le diverse normative vigenti in materia, valorizzando i principi di gratuità e democraticità, e riconoscendo la specificità e le tutele dello status di volontario all’interno degli enti del Terzo settore;
valutato che all’articolo 6 sono previsti per le imprese sociali specifici obblighi di trasparenza e di limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti, nonché una ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale;
giudicato positivamente il ruolo conferito all’articolo 7 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, cui vengono affidate funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico sugli enti del Terzo settore e delle imprese sociali, e di promozione di adeguate forme di autocontrollo degli enti stessi,
formula, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.
Con riferimento all’articolo 3, si segnala l’esigenza di semplificare la formulazione della norma relativa al procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica e alla disciplina del relativo regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche, in modo tale da assicurare il rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi e di tutela dei creditori, mediante adeguate forme di pubblicità, ma prevedendo anche una disciplina relativa alla conservazione del patrimonio.
Si segnala, inoltre, l’opportunità di introdurre una disciplina per le crisi di impresa per quegli enti che svolgono attività di impresa, analogamente a quanto previsto per le società dal Libro V del Codice Civile.
Con riferimento all’articolo 4, lettera b), si segnala che sono le “finalità”, non tanto le “attività” a caratterizzare gli enti del Terzo settore, pertanto si rileva l’opportunità di valutare una formulazione più chiara della norma.
Con riferimento all’articolo 4, lettera c), si rileva che la formulazione della norma non tiene conto della peculiare forma giuridica delle fondazioni; pertanto si segnala l’opportunità di riformulare la norma in modo tale da assicurare un’adeguata considerazione della forma giuridica assunta dall’ente.
Con riferimento all’articolo 4, lettera e), dal momento che spesso l’attività di impresa coincide con l’attività istituzionale dell’ente, sarebbe opportuno prevedere un regime di contabilità teso ad evidenziare l’attività di impresa eventualmente esercitata.
Con riferimento all’articolo 4, lettera m), pur condividendo che le modalità di affidamento di servizi di interesse generale agli enti preposti siano improntate al rispetto di standard di qualità, obiettività, trasparenza e semplificazione, e che siano previsti criteri per la valutazione dei risultati ottenuti, si segnala la necessità che tale principio sia in coerenza con gli orientamenti UE in materia di affidamento di lavori pubblici.
Inoltre, si fa presente che un’attenzione particolare deve essere rivolta ai lavoratori delle organizzazioni del Terzo settore, soprattutto in caso di affidamenti pubblici, poiché si è assistito in questi anni ad una diffusione di contratti spesso contenenti condizioni altamente peggiorative per i lavoratori stessi. Si suggerisce pertanto di prevedere che a tali lavoratori siano applicati i CCNL siglati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, con una soglia minima di rappresentatività stabilita negli accordi interconfederali e differenziata a seconda che si tratti di organizzazione sindacale singola o associata con altre.
All’articolo 5, comma 1, lettera a) si propone di introdurre, accanto alla valorizzazione dei “principi di gratuità, democraticità e partecipazione” e alle tutele dello status di volontario, previsioni normative che evitino l’utilizzo improprio di istituti, quali il rimborso spese, in accezioni di fatto non coerenti con tali principi.
All’articolo 5, comma 1, lettera e) si ritiene opportuna una riformulazione della norma in modo tale da garantire che i centri di servizio per il volontariato possano essere gestiti e non solo promossi dalle organizzazioni di volontariato in una logica sinergica, integrata e articolata territorialmente, con equo finanziamento in tutte le regioni, assicurando l’uniformità di regolamentazione sul territorio nazionale e il riconoscimento della loro funzione di promozione delle attività del volontariato quale finalità specifica del loro mandato, a valere per tutti i soggetti del Terzo settore.
All’articolo 9, lettera f), che contiene misure a sostegno di funzioni specifiche delle imprese sociali, sarebbe infine opportuno prevedere azioni positive per favorire l’ingresso nelle imprese stesse di lavoratori svantaggiati, che svolgano funzioni a basso contenuto professionale e a bassa tutela, principalmente nell’area dell’assistenza familiare, riducendo il loro impiego a titolo individuale o attraverso prestazioni di lavoro in somministrazione.
Con riferimento al punto 2 della medesima lettera, si segnala l’importanza che la delega non precluda la possibilità per le imprese sociali di essere destinatarie di agevolazioni fiscali. Pertanto si invita a valutare una riformulazione della norma che tenga conto del carattere non concorrenziale dei mercati in cui queste imprese operano a causa di controparte pubblica, di regimi di accreditamento o di altre ragioni simili e delle conseguenti difficoltà finanziarie in cui spesso versano.
SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI PUGLIA, PAGLINI E CATALFO SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1870
L’11a Commissione del Senato,
in sede di esame del disegno di legge recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (AS 1870)
premesso che:
sotto il profilo generale si rileva una sostanziale indeterminatezza dei principi e dei criteri direttivi di delega legislativa recati dal testo, oltre ad una notevole vaghezza degli ambiti oggettivi della delega medesima;
considerato che:
particolari elementi di criticità emergono in primis all’articolo 7, laddove viene previsto che le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo vengano affidate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
ferma restando la assoluta necessità di promuovere monitoraggio e controlli, pare poco probabile che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa adempiere nel migliore dei modi a tali incombenze, stante la carenza di strutture e risorse; pare evidente che le dette funzioni, se esercitate in maniera capillare, comportino una mole di lavoro enorme che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può essere in grado di sostenere soprattutto se, come espressamente richiesto dai sottoscrittori del presente parere, tra tali funzioni dovrà essere fatto rientrare un forte potenziamento dell’attività ispettiva e sanzionatoria in capo al Ministero;
secondo i dati del rapporto annuale dell’attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso dell’anno 2014, la Direzione generale per l’attività ispettiva ha effettuato una specifica vigilanza nel settore delle cooperative sociali;
come previsto nel Documento di programmazione dell’attività di vigilanza per l’anno 2014, le ispezioni sono state mirate alla verifica della regolarità dei rapporti di lavoro dei soci lavoratori, soprattutto con riferimento alle cosiddette cooperative spurie che – non aderendo alle centrali cooperative, organizzazioni nazionali aventi tra i fini istituzionali quello di vigilare sull’attività degli enti cooperativi associati – non vengono sottoposte ad alcuna forma di monitoraggio e controllo relativamente ai bilanci, al rispetto dell’attività indicata nello statuto e, naturalmente, della normativa lavoristica, previdenziale, fiscale e contrattuale;
l’azione di vigilanza in questione è risultata perciò finalizzata principalmente a contrastare le forme di elusione degli obblighi di legge e contrattuali. Dai dati comunicati dagli Uffici territoriali è emerso in particolare che, su un totale di 3.905 cooperative ispezionate, come detto in massima parte non aderenti alle Organizzazioni comparativamente più rappresentative, sono state rilevate 1.907 cooperative irregolari; è emerso, inoltre, un numero di lavoratori irregolari pari a 13.194, di cui 1.140 totalmente in nero;
se l’articolo 7, comma 1, del testo in esame prevede l’affidamento delle funzioni di monitoraggio, di vigilanza e controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di evitare che l’assegnazione di tali competenze non rimanga vaga né strutturalmente lacunosa, sarebbe stato opportuno, oltre che specificare l’esercizio di una forte attività ispettiva ed eventualmente sanzionatoria, individuare l’esatto numero, in termini di personale, di risorse destinabili a tali tipi di incombenze così come individuati all’articolo 7, oltre che l’esatto numero di risorse, in termini di personale, destinabili per ciascuna delle funzioni (vigilanza, monitoraggio e controllo) attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
secondo i sottoscrittori del presente parere, tale mole di controlli richiede la creazione di una Agenzia o Autorità indipendente, con componenti di nomina non politica, che in collaborazione con ANAC, Corte dei conti e Agenzia delle entrate, in stretta collaborazione con comuni e regioni, possa svolgere funzioni complesse e articolate quali quelle da effettivamente sostenere;
peraltro, la previsione di un’authority specifica del Terzo settore non avrebbe comportato un mero riparto delle attribuzioni amministrative tratteggiate dalla riforma, bensì la condizione sostanziale per riconoscere all’ente:
a) maggiori poteri autoritativi (propulsivi, di moral suasion, di controllo, di carattere ispettivo e sanzionatorio, di valutazione dell’impatto sociale, di regolamentazione normativa);
b) una maggiore indipendenza rispetto al potere politico (ed esecutivo, in particolare);
c) una maggiore capacità di coordinamento delle diverse funzioni amministrative attribuite ad altre Pubbliche amministrazioni (Ministeri, Agenzie, Regioni, Enti locali, Camere di commercio, e via dicendo);
considerato inoltre che:
non minori perplessità suscita il contenuto dell’articolo 6, comma 1, lettera d), che prevede la remunerazione del capitale sociale e, sebbene con limiti prefissati che la Camera dei deputati ha tentato di definire ulteriormente rispetto al testo originario, ammette la ripartizione degli utili, così esponendo il Terzo settore al fondato rischio di ricadere in contingenze distorsive del mercato con inevitabili ricadute sul mercato del lavoro ed in maniera specifica sul piano dei diritti dei lavoratori;
di fatto, come peraltro rilevato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, affiora l’incongruità di una norma che consente ad una impresa, solo perché qualificata come sociale, di ripartire gli utili e al contempo godere di vantaggi fiscali previsti dalla legislazione vigente. Il provvedimento assume, dunque, sul punto, caratteristiche di contraddittorietà, a mente del fatto che, esso da un lato apre al mercato, dall’altro tende a rafforzare l’ingresso nel settore di personale pressoché «volontario»: il rischio è quello di incentivare una occupazione con bassi ed incerti salari (anche con utilizzo di lavoro gratuito e volontario) in contesti organizzativi che vengono, di fatto, aperti alla concorrenza;
il superamento, nel Terzo settore, della questione del divieto «formale» di distribuzione di utili (no profit appunto) accompagnata dall’esaltazione dell’elemento solidaristico e volontaristico, crea unicamente la base materiale per lo sviluppo commerciale e lucroso del settore, tuttavia derogando ai vincoli esistenti, immettendo forti alterazioni nel mercato del lavoro e della concorrenza tra imprese; non sfugga altresì che trattasi di un settore che, secondo gli ultimi dati ISTAT può contare sulla carta su 4,7 milioni di volontari, 681 mila dipendenti ai quali si sommano 270 mila lavoratori esterni, 5 mila lavoratori temporanei, 19 mila lavoratori distaccati dalle pubbliche amministrazioni, 40 mila religiosi e 19 mila giovani impegnati nell’attuale servizio civile;
è nei settori della cooperazione sociale che, peraltro, già si sono potuti vedere applicati i contratti collettivi nazionali di lavoro con le previsioni di deroghe aziendali e territoriali, ben prima delle più recenti normative ed accordi interconfederali: una realtà che, in virtù della «condivisa» missione sociale, ha anticipato sperimentandole diversE modalità di precarietà e di flessibilità che oggi ritroviamo estese agli altri settori;
non sono da trascurare, inoltre, gli intrecci di interessi che potenzialmente possono ulteriormente crearsi intorno al contenuto della riforma. Non possono infatti sottacersi gli eventi giudiziari degli ultimi tempi che hanno coinvolto il mondo cooperativo e l’immenso arcipelago no profit di varia matrice, un vero blocco di interessi ramificato nella società che riceve, per molti versi, con la presente riforma, un ruolo rafforzato se non dominante, ancorché nessuna previsione sia stata disposta per contrastarla, anche alla luce del fatto che laddove emergano – come di fatto sono emerse – nelle cronache giudiziarie degli ultimi mesi sacche di corruzione, esse hanno, conseguenzialmente, prodotto fenomeni di precarietà regolata e «concertata» o irregolare e «sommersa» che avrebbero dovuto suggerire la necessità di urgenti interventi di natura correttiva alla normativa vigente, di cui non v’è traccia nel testo sottoposto all’esame della Commissione,
esprime parere contrario.
MARTEDÌ 23 GIUGNO 2015
162ª Seduta
Presidenza del Presidente
SACCONI
Intervengono i sottosegretari di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli e Cassano.
La seduta inizia alle ore 15,05.
IN SEDE CONSULTIVA
(1962) Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2014, approvato dalla Camera dei deputati
(Relazione alla 14a Commissione. Esame e rinvio)
La relatrice MANASSERO (PD) illustra il disegno di legge, già approvato dalla Camera dei deputati. In primo luogo segnala l’articolo 16, riguardante l’ambito di applicazione della disciplina del decreto legislativo n. 81 del 2008, che stabilisce misure specifiche per la sicurezza sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili. L’articolo è inerente alla procedura preconteziosa EU Pilot 6155/14/EMPL, avviata dalla Commissione europea nel marzo 2014. La nuova formulazione esclude i lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile. La novella è identica all’ipotesi normativa già presentata dal Governo alla Commissione europea con la risposta dell’8 maggio 2014, ipotesi che la Commissione ha ritenuto idonea a superare i rilievi.
Passando al successivo articolo 17, che completa il recepimento della direttiva 2009/13/CE del Consiglio, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE, la relatrice ricorda che sul tema la Commissione europea aveva aperto nel novembre 2014 una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. L’articolo reca due novelle. Quella di cui al comma 1 specifica che le figure del gestore, dell’agente o del noleggiatore a scafo nudo rientrano nella nozione di armatore anche qualora altri organismi o persone ne adempiano alcuni dei compiti e degli obblighi. La novella di cui al comma 2, letteraa), definisce invece la procedura per l’individuazione delle attività lavorative per le quali venga vietato il ricorso a lavoratori minorenni. La nuova previsione è intesa a recepire la novella posta dall’articolo 2, primo comma, numero 3), della citata direttiva del 2009. Secondo tale disposizione, la procedura si articola in una prima fase di ricognizione, intesa ad accertare la sussistenza di lavori pericolosi per la salute e la sicurezza dei minorenni, e successivamente all’emanazione di un decreto ministeriale che fissi i divieti. La novella di cui alla successivalettera b) commina una sanzione amministrativa pecuniaria (da 516 e 2.582 euro) per chiunque adibisca soggetti minorenni ai lavori vietati.
Le disposizioni dell’articolo 18, inserito dalla Camera dei deputati, riguardano i periodi di contribuzione pensionistica maturati presso organizzazioni internazionali in base a rapporti di lavoro dipendente svolti nel territorio dell’UE o della Confederazione svizzera. L’articolo è inerente alla procedura di infrazione n. 2014/4168, a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 4 luglio 2013 (causa C-233/12) ed introduce, con riferimento ai suddetti rapporti di lavoro dipendente, la possibilità del computo (su domanda) dei periodi assicurativi riconosciuti nel regime pensionistico dell’organizzazione internazionale, qualora necessario ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia o di invalidità o in favore dei superstiti e con esclusione di effetti sulla misura del trattamento pensionistico. Tali limitazioni appaiono compatibili con la citata sentenza, che fa riferimento al riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia. La nuova possibilità di cumulo riguarda i soggetti (anche non italiani) iscritti o già iscritti ad una delle forme pensionistiche obbligatorie di base previste nella normativa italiana, ivi comprese quelle gestite da persone giuridiche di diritto privato (comma 1), a condizione della sussistenza di almeno 52 settimane di assicurazione maturate negli ordinamenti pensionistici interni (comma 2). Su tale aspetto, la relatrice ritiene opportuno chiarire se il requisito delle 52 settimane sia soddisfatto anche da periodi di assicurazione non coperti da contribuzione. La possibilità di cumulo viene introdotta senza effetto retroattivo, con decorrenza dal 1° gennaio 2016; a parte tale limite, per i termini di decorrenza della pensione (in regime di cumulo), il comma 6 mutua i criteri generali. A tal riguardo, la relatrice propone di valutare la congruità della mancanza della retroattività nella decorrenza dei trattamenti. Inoltre, suggerisce di stimare la congruità della limitazione del cumulo ai rapporti di lavoro svolti nel territorio dell’Ue o della Confederazione svizzera, tenendo anche conto che una medesima organizzazione internazionale può avere alcune sedi in altri ambiti territoriali. Sono esclusi dalla possibilità di cumulo i periodi che si sovrappongano a quelli già riconosciuti negli ordinamenti pensionistici interni e quelli che siano stati oggetto di rimborso (comma 3). Resta ferma, in alternativa alla domanda di cumulo, la possibilità di riscatto dei periodi contributivi inerenti a rapporti di lavoro presso un’organizzazione internazionale (comma 5). Sul punto, la relatrice suggerisce di valutare se la possibilità di riscatto si intenda estesa anche ai rapporti di lavoro con organizzazioni internazionali svolti nel territorio italiano. Segnala, inoltre, che quest’ultimo comma sembra subordinare la possibilità di riscatto dei periodi di lavoro in oggetto alla condizione che i medesimi non diano diritto ad una prestazione pensionistica a carico del fondo pensionistico dell’organizzazione internazionale. Il successivo comma 7 specifica che lo scambio di informazioni e notizie in materia con le organizzazioni internazionali può avvenire anche attraverso modalità informatiche e che, in base al comma 8, i dati personali trasmessi sono tenuti riservati e possono essere impiegati esclusivamente al fine di applicare la disciplina pensionistica in esame.
Infine, i commi 9, 10 e 11 recano la quantificazione degli oneri a carico della finanza pubblica, la destinazione, in favore del Fondo per interventi strutturali di politica economia, delle risorse derivanti dalla differenza positiva tra la misura della copertura finanziaria e l’importo degli oneri in oggetto e le clausole contabili.
Conclusivamente, la RELATRICE si riserva di formulare alla fine del dibattito una proposta di parere.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
IN SEDE REFERENTE
(1148) Nunzia CATALFO ed altri. – Istituzione del reddito di cittadinanza nonché delega al Governo per l’introduzione del salario minimo orario, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle, ai sensi dell’articolo 79, comma 1, del Regolamento
(1670) Loredana DE PETRIS ed altri. – Istituzione del reddito minimo garantito, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Misto, ai sensi dell’articolo 79, comma 1, del Regolamento
(1697) Nunzia CATALFO ed altri. – Istituzione del salario minimo orario
(1919) Maria Cecilia GUERRA ed altri. – Disposizioni per l’introduzione di una misura universale di contrasto alla povertà denominata reddito minimo
(Seguito dell’esame congiunto dei disegni di legge nn. 1148, 1670 e 1697, congiunzione con l’esame del disegno di legge n. 1919 e rinvio)
Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta del 17 giugno.
La relatrice PARENTE (PD) illustra il disegno di legge n. 1919, che contiene una misura di reddito minimo strutturale indirizzata a coloro che dispongono di risorse economiche insufficienti: nuclei familiari poveri, con adulti che, pur lavorando, non guadagnano in misura adeguata, o in cui ci sono soggetti anziani o gravemente disabili, o con adulti impegnati in gravosi lavori di cura. Il beneficio consiste in una dotazione finanziaria che colma la distanza fra il reddito familiare e il «reddito minimo»; il trasferimento monetario arriva direttamente dallo Stato ai nuclei beneficiari: ogni nucleo familiare che sia sotto il livello reddituale individuato come reddito minimo ha accesso alla prestazione, indipendentemente dal luogo di residenza.
L’articolo 2 individua in 500 euro al mese, per i nuclei familiari composti da una sola persona – cifra variabile a seconda del numero dei componenti il nucleo familiare beneficiario – il reddito minimo che permette di accedere al beneficio. In base al comma 3, ai nuclei familiari è riconosciuto un beneficio economico pari alla differenza fra una percentuale del reddito minimo, pari al 40 cento, e il reddito del nucleo familiare.
All’articolo 3 sono individuate le caratteristiche dei membri del nucleo familiare, ad eccezione dei minori di anni 18: essere cittadini italiani o dell’Ue, familiari di cittadino italiano o titolare del diritto di soggiorno, cittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, residente regolarmente in Italia da almeno dodici mesi. La richiesta del beneficio è presentata all’ambito sociale territoriale, mediante un modello di dichiarazione predisposto dal Ministero del lavoro, in cui sono indicati i dati del richiedente in aggiunta a quelli già contenuti nell’Isee.
Nel successivo articolo 4 sono individuati i compiti degli ambiti sociali territoriali, che definiscono gli enti come capofila per il reddito minimo; questi ultimi verificano la documentazione presentata, predispongono per i nuclei familiari un progetto personalizzato, volto al superamento della condizione di povertà, e promuovono accordi con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l’impiego, tutela della salute e istruzione.
L’articolo 5 prevede che l’erogazione del beneficio sia accompagnata da un progetto personalizzato sottoscritto dagli individui del nucleo familiare e predisposto assieme ai servizi sociali del comune o dell’ambito sociale, il cui rispetto è condizione per il mantenimento del beneficio. Per gli adulti, è richiesta la partecipazione ad attività inerenti il mercato del lavoro; è però anche riconosciuto il lavoro di cura nei confronti di minori e familiari non autosufficienti e per i nuclei con minori è richiesta la frequenza scolastica. L’amministrazione locale, in sinergia con il comune, il terzo settore e il volontariato, deve agire in collegamento con i centri per l’impiego ed essere sostenuta dalle Regioni per potere offrire servizi di sostegno adeguati. L’articolo 6, poi,individua le cause che possono portare alla cessazione o alla revoca del beneficio.
Gli articoli 7 e 8 definiscono i compiti dell’INPS e delle Regioni. In particolare, le Regioni coadiuvano gli ambiti sociali nell’organizzazione dei servizi che affiancano l’erogazione del beneficio, assicurano il supporto informativo necessario e concorrono all’attività di monitoraggio a livello territoriale. Da parte sua, l’INPS procede al calcolo e all’erogazione del beneficio o alla sua cessazione e svolge attività di controllo sulla veridicità dei dati presentati.
L’articolo 9 individua nel Ministero del lavoro l’ente che predispone un piano di monitoraggio e valutazione delle misure concernenti la concessione del beneficio. In base all’articolo 10, le domande possono essere presentate a partire dal 1° gennaio 2016 e, nel caso in cui il Ministero del lavoro non riesca a rendere operativa l’attuazione della misura prevista dal provvedimento, è possibile optare per l’erogazione del beneficio anche attraverso una Carta acquisti (articolo 11). Infine, l’articolo 12 contiene la copertura finanziaria, valutata in 1,7 miliardi di euro a decorrere dall’anno 2016.
Considerata l’affinità del contenuto del provvedimento con i disegni di legge nn. 1148, 1670 e 1697, già all’esame della Commissione, la RELATRICE ne propone la congiunzione dell’esame.
La Commissione concorda.
La RELATRICE, nel sottolineare la complessità della materia, si assume altresì l’onere di predisporre un testo che tenga conto delle varie iniziative legislative e che possa costituire un proficuo riferimento per il successivo lavoro.
Il presidente SACCONI ringrazia la relatrice per il lavoro fin qui svolto, notando che, sia che si voglia proseguire l’esame in Commissione che ove si volesse ricorrere alla costituzione di un comitato ristretto, la messa a disposizione di un testo che raccolga le varie opzioni possibili rappresenta un utile strumento per il seguito dei lavori.
La senatrice PAGLINI (M5S) ritiene opportuno che si proceda a questo punto alla costituzione di un comitato ristretto. Nota peraltro che le audizioni che si sono svolte hanno avuto come riferimento i disegni di legge nn. 1148, 1670 e 1697, rispetto ai quali il disegno di legge n. 1919, oggi illustrato dalla relatrice, presenta delle notevoli diversità di impostazione.
Il presidente SACCONI osserva che l’iniziativa legislativa oggi illustrata dalla senatrice Parente, pur nella diversità di scelte, ha evidenti affinità di contenuto con i disegni di legge già all’esame della Commissione. La stesura di un testo unificato rientra inoltre nelle facoltà della relatrice, e non confligge con l’ipotesi di costituire un comitato ristretto; semmai la messa a disposizione di un testo di riferimento è finalizzata ad agevolarne i lavori. Atteso che nella prossima settimana la Commissione sarà presumibilmente impegnata nell’esame dei quattro schemi di decreti legislativi conseguenti alle deleghe contenute nel cosiddetto Jobs Act, le scelte operative prospettate dalla relatrice non risultano ostative neppure sotto il profilo dei tempi di esame.
Il senatore CIOFFI (M5S) ritiene che, allo scopo di conseguire un obiettivo il più possibile vicino al pensiero dei vari Gruppi presenti in Commissione, l’affidamento ad un comitato ristretto del compito di approntare un testo che ricucia le opzioni presenti nei disegni di legge in esame appare la scelta preferibile al fine di evitare ogni possibile forzatura, fornendo un reale e completo ausilio alla relatrice.
Il senatore BAROZZINO (Misto-SEL) osserva che la sua parte, lungi dall’inseguire primazie legislative, intende anzitutto dare risposta ai soggetti che attendono le misure di sostegno contemplate nei disegni di legge. In questo senso, egli nutre qualche preoccupazione, anche in considerazione della diversità di impostazione del disegno di legge n. 1919.
Il senatore ICHINO (PD) fa osservare che il comitato ristretto rappresenta un luogo utile per il confronto e la condivisione e uno strumento prezioso per la sua informalità ed agilità; è tuttavia opportuno che il comitato si eserciti su un testo che rappresenti una sintesi coerente delle iniziative in esame e la cui redazione può utilmente essere effettuata dalla relatrice, atteso che la Commissione non ha inteso indirizzarsi nei confronti dell’adozione di nessuna delle iniziative legislative in esame come testo base.
Il presidente SACCONI nota che anche nel corso delle audizioni sono emersi punti di vista diversi in ordine alle modalità di articolazione delle misure previste nei disegni di legge in esame; sarà utile tenerne conto anche nel corso dei lavori del comitato ristretto. La relatrice ha istituzionalmente la piena autonomia di redigere un testo, che in quella sede potrà dunque essere successivamente vagliato e la cui complessità non consente una scrittura a più mani. La finalità del comitato ristretto è comunque proprio quella di permettere uno scambio di opinioni secondo modalità caratterizzate da particolare agilità, affinché ciascuno possa chiarire le rispettive posizioni, evitando ogni conflitto.
Il senatore CIOFFI (M5S) interviene nuovamente per ribadire la grande delicatezza del tema in esame e sottolineare che in altri casi, anche recenti, il ricorso ad un comitato ristretto ha consentito lo svolgimento di un lavoro in piena collaborazione tra i vari Gruppi e di una completa condivisione del testo. Si augura pertanto che tale felice circostanza si realizzi anche in questo caso, perché ben diverso sarebbe l’atteggiamento del suo Gruppo ove la maggioranza volesse imporre un suo testo. Ribadisce infine che l’intendimento del Movimento 5 Stelle è quello di giungere all’adozione di una misura utile alle persone, al di là di qualsiasi steccato ideologico.
Il presidente SACCONI prende atto del problema di natura squisitamente politica posto dal senatore Cioffi; fa comunque osservare che la relatrice si è unicamente riservata di lavorare su un testo che sarà a disposizione del comitato per ogni necessario affinamento e modifica.
Il senatore PUGLIA (M5S) esprime soddisfazione nel riscontrare la volontà della maggioranza di operare affinché il Paese disponga finalmente di uno strumento universale e molto atteso. Nel corso dei lavori in comitato ristretto sarà indispensabile l’instaurazione di un dialogo che consenta di pervenire insieme all’elaborazione di un articolato che raccolga le istanze sottese alle iniziative legislative. Come ha recentemente dimostrato l’ampia partecipazione alla marcia Perugia-Assisi, grande è la condivisione nei confronti di queste misure; per ciò la sua parte politica farà grande attenzione al destino delle iniziative legislative in esame. Sulla tematica del reddito di cittadinanza è stato condotto nel Paese un grande lavoro di analisi e di elaborazione, e l’auspicio è quello di pervenire quanto prima all’adozione di uno strumento che consenta alle persone di non essere costrette a vivere al di sotto di una determinata soglia. Partendo da queste basi, il lavoro del comitato ristretto, effettuato nella massima condivisione, potrà risultare veramente efficace. In questo senso, auspica che non si dia luogo a un testo finalizzato a pubblicizzare qualcosa di diverso dalla reale sostanza della misura che si propone e chiede alla relatrice di consentire alla minoranza di condividerne la stesura.
La senatrice PAGLINI (M5S) interviene nuovamente per ricordare che l’inserimento dei disegni di legge all’ordine del giorno della Commissione nasce da una esplicita richiesta del Gruppo del Movimento 5 Stelle, che già nel novembre dello scorso anno aveva rappresentato, nel corso di una riunione della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, la opportunità di dedicare una seduta dell’Assemblea, in base alla programmazione dei lavori, all’esame dei disegni di legge fatti propri dalle opposizioni. Trascorsi vari mesi da quella richiesta e dopo aver svolto un programma di audizioni, occorre prendere atto che le misure proposte nel disegno di legge n. 1919 sono diverse e molto più limitate rispetto ai primi. Atteso che la posizione espressa al riguardo dal Presidente del Consiglio è stata nel senso di una presunta incostituzionalità del reddito di cittadinanza, chiede che sul punto venga fatta chiarezza, senza infingimenti, evidenziando se si intenda procedere o respingere l’istituzione della misura del reddito di cittadinanza, eventualmente promuovendo anche confronti pubblici, anche con il supporto delle moderne tecnologie comunicative.
La senatrice D’ADDA (PD) esprime consenso per il metodo fin qui seguito, giudicando il comitato ristretto un’utile camera di decantazione delle posizioni a confronto. Il disegno di legge n. 1919, di cui è firmataria, contiene a suo avviso delle soluzioni possibili in una prospettiva di concreta realizzabilità. Personalmente dubita che i cittadini possano essere appagati da un semplice accoglimento o respingimento delle proposte: una logica, questa, che legittimamente aumenterebbe unicamente il fastidio nei confronti dei rappresentanti politici, i quali sono chiamati ad individuare soluzioni e non a sottoporre a referendum le rispettive proposte. In questo senso, il disegno di legge n. 1919 muove da una valutazione del quadro generale e della sua evoluzione, in un’ottica gradualistica che è finalizzata al conseguimento dell’obiettivo. Ciò che alla rappresentanza politica si richiede è ora la capacità di comporre le iniziative legislative in un quadro complessivo e compatibile, calato nella realtà concreta, per poter giungere alla meta finale.
Condivide tale impostazione il senatore BAROZZINO (Misto-SEL), che dichiara piena apertura al dialogo, a patto che non ci sia alcun intento aprioristico di esclusione.
La relatrice PARENTE (PD) sottolinea che il dibattito sui disegni di legge si è finora svolto, come peraltro è successo in altre circostanze, nella massima serenità e collaborazione, non intravedendo ragioni per cui a questo punto il clima dovrebbe cambiare. Personalmente ha molto apprezzato il comportamento tenuto dai senatori del Movimento 5 Stelle componenti della Commissione, che, lungi dal privilegiare la mera velocità, hanno richiesto un ampio approfondimento delle tematiche, tant’è che con riferimento ai disegni di legge si è svolto un fitto programma di audizioni, in gran parte richieste proprio da loro. Non c’è dunque motivo per non proseguire in questo spirito di dialogo, e l’onere cui si è offerta di corrispondere, vale a dire un primo tentativo di stesura di un testo che tenga conto delle varie opzioni in esame, rappresenta un complicatissimo compito di servizio, per favorire il confronto in sede di comitato ristretto. Emergono infatti delle diversità evidenti tra i testi in esame e un problema, certo non ininfluente, riguardante le risorse disponibili; rispetto a ciò sarà evidentemente necessario acquisire anche l’opinione del Governo. Nelle scelte che occorrerà operare emergeranno le diversità e tutti si troveranno di fronte alla sofferenza di scegliere; ciò attiene comunque ad una fase successiva, rispetto alla quale la prima stesura di un testo rappresenta un utile lavoro prodromico.
Il presidente SACCONI, riassumendo il dibattito che si è svolto, e che ha avuto essenzialmente carattere politico, osserva che la paternità del testo cui si perverrà dipenderà soprattutto da convergenze sostanziali, nella misura in cui si produrranno. Sarà necessario discutere anche delle risorse finanziarie, che saranno evidentemente quelle compatibili con la finanza pubblica e rispetto alle quali non sono indifferenti le conseguenze rivenienti dalla recente sentenza n. 70 della Corte costituzionale in materia pensionistica. Il termine di riferimento non è comunque rappresentato unicamente dalla soglia di reddito, atteso che la povertà relativa rappresenta un indicatore di disuguaglianze, ma non di bisogno; si dovrà inoltre discutere dell’esistenza o meno di un diritto soggettivo e delle modalità gestionali, scegliendo se centralizzarle ovvero affidarle ad una strumentazione di prossimità. Le problematiche sono dunque complesse e delicate e occorrerà capire se si è in grado di individuare un minimo comune denominatore o se invece le divergenze resteranno incolmabili. Il fatto che la relatrice si sia offerta di esporsi con generosità mettendo a disposizione una prima ipotesi di lavoro è dunque funzionale ad avvicinare la meta del conseguimento di ipotesi concrete, al di là delle singole appartenenze.
Conclusivamente, la Commissione conviene in ordine alla costituzione di un comitato ristretto.
Il presidente SACCONI invita quindi i Gruppi a far pervenire le rispettive designazioni, tenendo conto che il comitato potrà lavorare compatibilmente ai tempi dell’esame da parte della Commissione degli schemi di decreti legislativi nn. 176, 177, 178 e 179, che verranno incardinati a partire da questa settimana.
La Commissione prende atto.
Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.
La seduta termina alle ore 16,20.



























