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Il Diario del Lavoro

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

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Home - Senato - Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti Sommari)

Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti Sommari)

10 Dicembre 2014
in Senato

123ª Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza della Vice Presidente

SPILABOTTE 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Bobba.         

 

 

            La seduta inizia alle ore 15,35.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

(1699 e 1699-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017 e relativa Nota di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati 

– (Tab. 4 e Allegato e Tab. 4-bis) Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 e Relazione allegata

(1698) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), approvato dalla Camera dei deputati

(Rapporto alla 5a Commissione. Seguito e conclusione dell’esame congiunto. Rapporto favorevole con osservazioni) 

 

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta antimeridiana di oggi.

 

La senatrice BENCINI (Misto), nel concordare con le considerazioni svolte precedentemente dai senatori Catalfo, Paglini e Puglia, affronta innanzitutto la tematica relativa all’anticipazione del TFR in busta paga, rispetto alla quale non rileva particolari criticità: si tratta infatti di risorse dei lavoratori, che è legittimo possano fruirne nel momento in cui ritengano di averne bisogno. Osserva però che la disposizione è limitata ai lavoratori del settore privato e contesta il diverso regime di tassazione a cui tale trattamento verrebbe assoggettato per effetto dell’anticipazione. Chiede inoltre chiarimenti in ordine ai soggetti cui si riferisce la novella di cui al comma 87 dell’articolo 1 del disegno di legge di stabilità, domandando se ad essi si applichino o meno i requisiti di età anagrafica previsti per gli altri lavoratori a fini pensionistici.

Quanto agli sgravi contributivi riguardanti il contratto a tutele crescenti, pur convenendo sulla opportunità di una disposizione che in sintesi rappresenta una forma di premialità all’imprenditoria, in un momento nel quale la situazione economica complessiva, e quella del mercato del lavoro in particolare, vivono momenti assai difficili, osserva che sarebbe stato opportuno porre dei limiti alla previsione. Essendo stati questi sgravi accordati indipendentemente dall’orario di lavoro previsto, come già da più parti osservato, per un imprenditore potrebbe essere più conveniente assumere due lavoratori a part-time, anziché uno soltanto ad orario completo, accedendo così ad una forma di sgravio più consistente.

Dopo aver stigmatizzato l’abrogazione della legge n. 407, che auspica venga invece mantenuta vigente, avanza critiche in ordine alla soppressione delle prestazioni economiche accessorie a carico dell’INPS e dell’INAIL, prevista dall’articolo 2, comma 55, del disegno di legge di stabilità. Chiede inoltre chiarimenti in ordine al comma 57 del medesimo articolo, con riferimento alla sua applicazione unicamente all’INPS e non anche agli altri enti pensionistici. Infine, caldeggia il ripristino dei fondi assegnati all’ISFOL, che ha dimostrato nel tempo di svolgere un apprezzabile lavoro di indagine, auspicando che il Governo rinunci a ridurre i fondi ad esso destinati.

 

Nessun altro chiedendo la parola, la presidente SPILABOTTE dichiara chiusa la discussione generale.

 

La relatrice FAVERO (PD), premesso un ringraziamento nei confronti del rappresentante del Governo, dei componenti della Commissione, e degli uffici per il prezioso lavoro di supporto, esprime compiacimento per una discussione che si è rivelata proficua e si è giovata dell’apporto positivo da parte di tutti i Gruppi parlamentari. Dà quindi lettura di una bozza di rapporto, favorevole con osservazioni (testo pubblicato in allegato), nella quale ha inteso raccogliere i suggerimenti avanzati nel corso del dibattito.

 

Il sottosegretario BOBBA rileva che la sottolineatura dell’impianto della manovra per gli aspetti di competenza della Commissione  è strettamente legata al privilegio assegnato al contratto di lavoro a tempo indeterminato, alla riduzione del costo del lavoro e all’incremento dei fondi destinati agli ammortizzatori sociali, che rappresentano il contenuto rilevante della delega recentemente attribuita dal Parlamento al Governo attraverso il cosiddetto Jobs Act. Le disposizioni della manovra sono infatti strettamente coordinate con le norme contenute in tale provvedimento. Si può certo discutere in ordine all’introduzione di una generalizzazione degli sgravi destinati ai contratti a tempo indeterminato e finalizzati alla riduzione delle forme contrattuali; è tuttavia pur vero che le manovre precedenti non hanno sempre dato risultati brillanti e che l’eccessiva condizionalità spesso ha limitato l’accesso alle norme di vantaggio. Resta peraltro ferma la necessità di avere una controprova e di valutare se le norme in esame si riveleranno idonee a ingenerare uno sviluppo efficace del processo economico complessivo. Ciò si inserisce all’interno del disegno di forte propulsione finalizzato alla crescita del PIL ed all’estensione universalistica dei sistemi di ammortizzatori sociali. In questo senso vanno valutate le considerazioni svolte dal senatore Ichino nel suo intervento con riferimento all’opportunità di calibrare la protezione dei lavoratori in un quadro universalistico. Il sostegno sarà quindi legato all’effettivo reinserimento delle persone; la direzione è quella di una universalizzazione degli strumenti e di una condizionalità nell’erogazione.

Quanto alle osservazioni da più parti avanzate con riferimento ai patronati, la disposizione originariamente prevista nel disegno di legge è già stata modificata con un contenimento del taglio delle risorse e il Ministero del lavoro ha proposto un ulteriore addolcimento della norma stessa. Va peraltro notato che la necessità di una profonda riforma di questi istituti era già stata prefigurata qualche anno fa all’interno della manovra di bilancio, senza alcuna ricaduta pratica. Senz’altro il sistema va ridisegnato nel suo complesso, riorganizzando l’azione degli istituti e le modalità di erogazione delle prestazioni, con l’obiettivo di un efficientamento del sistema e della possibilità di erogazione di servizi aggiuntivi. Anche in tema di politiche sociali e di sostegno alla famiglia, il Governo conviene senz’altro sulla necessità di un riordino d’insieme delle misure previste, garantendo ad esse una maggiore efficacia. Quanto alle osservazioni della senatrice Bencini riguardanti le conseguenze degli sgravi fiscali accordati ai datori di lavoro, senz’altro in sede di attuazione delle disposizioni occorrerà vigilare, scongiurando comportamenti opportunistici o di tipo distorsivo. In ogni caso, egli non ritiene opportuno addossare all’azienda gravami ulteriori, consistenti in una dichiarazione riguardante la natura, aggiuntiva o sostitutiva, del contratto di lavoro. Infine, con riferimento al fondo sulle politiche attive, rende noto che il relativo decreto attuativo è già stato sottoposto alla Corte dei Conti e sarà adottato nei prossimi giorni.

 

Al fine di consentire lo svolgimento di una riunione del Gruppo Movimento 5 Stelle, la presidente SPILABOTTE sospende quindi la seduta.

 

            La seduta, sospesa alle ore 16,10, riprende alle ore 17,40.

 

         La presidente SPILABOTTE annuncia che, allo scadere del termine, sono stati presentati 6 ordini del giorno, riferiti al disegno di legge di stabilità (testi allegati al resoconto della seduta).

 

         Il senatore PUGLIA (M5S) dà conto delle ragioni sottese agli ordini del giorno G/1698/1/11, G/1698/2/11, G/1698/3/11, G/1698/4/11 e G/1698/5/11, di cui è firmatario.

Si dà invece per illustrato l’ordine del giorno G/1698/6/11.

 

            Il sottosegretario BOBBA esprime parere contrario sull’ordine del giorno G/1698/1/11, precisando che la Corte Costituzionale ha dichiarato in due sentenze, la n. 223 del 2012 e la n. 116 del 2013, l’illegittimità costituzionale del contributo di perequazione. Segnala inoltre che l’introduzione di un’imposta sostitutiva limitata ai redditi da pensione è in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione. In ordine all’ordine del giorno G/1698/2/11, si dichiara disponibile ad accogliere il primo impegno, a condizione che venga riformulato, sostituendolo con le parole “a valutare le opportune iniziative in ordine alla modifica delle disposizioni del decreto legislativo n. 564 del 1996, volte a contemperare l’esercizio delle libertà sindacali con la sostenibilità dell’ordinamento pensionistico”. Esprime invece parere contrario sul secondo impegno, che non garantisce la riservatezza dei dati personali degli interessati.

 

         La senatrice CATALFO (M5S) dichiara di accettare l’invito a tale riformulazione, presentando conseguentemente l’ordine del giorno G/1698/2/11 (testo 2), pubblicato in allegato.

 

            Passando all’ordine del giorno G/1698/3/11, il sottosegretario BOBBA esprime parere favorevole, a condizione che l’impegno venga riformulato, sostituendo l’attuale con il seguente: “a valutare la possibilità di ridurre, a determinate condizioni, il periodo di tempo di inoccupazione necessario per fruire dell’anticipo delle prestazioni pensionistiche da parte delle forme pensionistiche complementari”.

 

         La senatrice CATALFO (M5S) dichiara di accogliere tale riformulazione, presentando conseguentemente l’ordine del giorno G/1698/3/11 (testo 2), pubblicato in allegato.

 

            Il sottosegretario BOBBA esprime invece netta contrarietà sull’ordine del giorno G/1698/4/11, che a suo avviso potrebbe mettere a rischio la sostenibilità delle forme pensionistiche complementari. Si dichiara inoltre disponibile ad accogliere l’ordine del giorno G/1698/5/11, a condizione che le parole “a porre in essere” vengano sostituite con le parole “a valutare l’opportunità di porre in essere, compatibilmente con il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica”.

 

         La senatrice CATALFO (M5S) dichiara di accogliere tale invito presentando conseguentemente l’ordine del giorno G/1698/5/11 (testo 2), pubblicato in allegato.

 

            Quanto all’ordine del giorno G/1698/6/11, il sottosegretario BOBBA si dichiara favorevole all’accoglimento, a condizione che il Goveno venga impegnato a valutare l’opportunità di promuovere le azioni previste nell’impegno ed a valutare l’opportunità di favorire l’utilizzo dei fondi strutturali europei per i corsi ivi previsti.

 

         La senatrice CATALFO (M5S) dichiara di accogliere tale invito, presentando conseguentemente l’ordine del giorno G/1698/6/11 (testo 2), pubblicato in allegato.

 

Verificata quindi la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione, con distinte e successive votazioni, respinge quindi gli ordini del giorno G/1698/1/11 e G/1698/4/11. Sono invece accolti dal Governo gli ordini del giorno G/1698/2/11 (testo 2), G/1698/3/11 (testo 2), G/1698/5/11 (testo 2) e G/1698/6/11 (testo 2).

 

         La senatrice CATALFO (M5S) presenta quindi una proposta di rapporto contrario (testo allegato al resoconto della seduta). La proposta è motivata dal convincimento che dalle disposizioni del disegno di legge di stabilità non emerge una manovra tecnicamente espansiva e che la sostanza delle misure stesse appare debole e fonte di perplessità. Varie criticità riguardano il conferimento del TFR in busta paga, come evidenziato negli interventi dei senatori del suo Gruppo. L’iniziativa del passaggio in busta paga degli accantonamenti TFR, peraltro sottoposti alla tassazione IRPEF ordinaria, con un evidente rischio di aumento della pressione fiscale, non appare destinata a rilanciare i consumi e la crescita, che necessiterebbero invece di leve più dirette, idonee ad iniettare nel sistema economico risorse fresche, e non a redistribuire tra lavoratori e datori risorse già esistenti. La misura rischia inoltre di mettere mano in modo miope e con finalità puramente congiunturali ad un elemento importante ai fini del ridisegno della struttura del costo del lavoro, dell’equiparazione tra lavoro privato e lavoro pubblico e della modernizzazione del sistema pensionistico e di welfare. Analoghe critiche si appuntano sulle misure in tema di IRAP: per le imprese senza dipendenti dal 2015 si verificherà un incremento netto di IRAP, perché esse non usufruiranno della diminuzione del costo del lavoro dalla base imponibile, mentre pagheranno l’aggravio dell’IRAP. Risulta inoltre incomprensibile la riduzione degli stanziamenti a favore dell’ISFOL, che nel corso del tempo ha fornito un prezioso apporto documentale. Coglie infine l’occasione per sottolineare l’importanza del disegno di legge n. 1148, auspicando che al più presto la Commissione ne possa iniziare l’esame.

 

         Nessuno chiedendo la parola per dichiarazione di voto, la presidente SPILABOTTE mette quindi ai voti la proposta di rapporto favorevole con osservazioni della relatrice, che è approvata, risultando pertanto preclusa la votazione sulla proposta di rapporto contrario testé illustrata dalla senatrice CATALFO (M5S).

 

         Essendo quindi esaurito l’esame dei documenti di bilancio, la presidente SPILABOTTE dichiara chiusi i lavori e toglie la seduta.

 

 

            La seduta termina alle ore 18,25.


 

 

RAPPORTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULLO STATO DI PREVISIONE DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI PER L’ANNO FINANZIARIO 2015 E PER IL TRIENNIO 2015-2017 E RELATIVA NOTA DI VARIAZIONE (DISEGNI DI LEGGE NN. 1699 E 1699-BIS – TAB. 4 E ALLEGATO E TAB. 4-BIS) E SULLE PARTI CORRISPONDENTI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1698

 

 

L’11a Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale),

esaminato il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017 e relativa Nota di variazioni, le allegate tabelle 4 e 4/bis, e le connesse parti del disegno di legge di stabilità,

premesso che il disegno di legge di bilancio conferma, complessivamente, il livello tendenziale di spesa a legislazione vigente,

osservato che il disegno di legge di stabilità tocca numerosi aspetti di competenza di questa Commissione, in particolare nel settore della previdenza, della  riduzione del costo del lavoro e del sostegno alla famiglia,

valutati positivamente i profili che concernono la disciplina dei trattamenti pensionistici per i lavoratori esposti all’amianto,

apprezzati gli interventi in favore delle famiglie, di cui ai commi da 95 a 101 dell’articolo 1 del disegno di legge di stabilità, che, tra l’altro, istituiscono un assegno per la maternità pari a 960 euro annui ed un Fondo per interventi in favore della famiglia con una dotazione pari a 108 milioni di euro per il 2015,

formula un rapporto favorevole con le seguenti osservazioni.

Con riferimento al disegno di legge di stabilità, all’articolo 1, commi 83 e 84, al fine di dare piena attuazione alla delega contenuta nelJobs Act, si sottolinea la necessità di aumentare il fondo destinato agli ammortizzatori sociali, ivi inclusi gli ammortizzatori sociali in deroga e dei servizi per il lavoro e politiche attive, finalizzando parte del fondo ai contratti di solidarietà.

Quanto al comma 86, si suggerisce di chiarire la locuzione “ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche”,tenendo conto che il coefficiente moltiplicatore rileva ai fini del diritto al trattamento solo per i soggetti che rientrino nella normativa pregressa rispetto a quella vigente, secondo quanto previsto nella circolare INPS n. 58 del 15 aprile 2005.

Si riterrebbe inoltre opportuno esplicitare se il beneficio di cui al comma 89 riguardi anche le ipotesi in cui il periodo di esposizione ultradecennale all’amianto si sia compiuto successivamente al 2 ottobre 2003, nonchévalutare la congruità della limitazione ai casi di mobilità inerenti alla cessazione dell’attività lavorativa dell’azienda e a quelli di riconoscimento in via giudiziale del periodo di esposizione ultradecennale.

Riguardo al comma 87, che sopprime alcune condizioni per l’esonero dalle penalizzazioni del trattamento pensionistico, con riferimento alla limitazione della novella ai trattamenti pensionistici aventi decorrenza dal 1° gennaio 2015, si invita a valutare le compatibilità con i profili costituzionali relativi al principio di parità di trattamento.

Con riferimento ai commi 90 e 91, si sottolinea l’opportunità di specificare se la nozione di decorrenza dell’assunzione si riferisca alla data di stipulazione del contratto di lavoro, ovvero al termine (previsto nel contratto) di inizio del rapporto.

Al fine di favorire l’incremento della produttività del lavoro nell’ambito privato, si suggerisce alla Commissione di merito di inserire una disposizione che alleggerisca il carico fiscale sulle prestazioni, assoggettando le somme erogate a livello aziendale a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, precisando che tali redditi non dovrebbero concorrere, entro certi limiti, ai fini fiscali alla determinazione dell’ISEE del percipiente.

Allo scopo di contenere la spesa delle pubbliche amministrazioni, si invita la Commissione di merito a prevedere che le economie aggiuntive derivanti da processi di ristrutturazione di esse siano utilizzate anche per l’erogazione di componenti premiali della retribuzione.

Quanto all’articolo 2, al comma 54, si invita a limitare la norma di abrogazione ai soli primi tre periodi dell’articolo 14, comma 1, letteraa), del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014.

Al comma 57 del medesimo articolo, si suggerisce di tener conto dei casi in cui sia impossibile rispettare il termine delle 48 ore da parte del medico necroscopo.

In riferimento all’attività dei patronati, di cui ai commi da 63 a 66, anche nell’ottica di un’ottimizzazione degli stanziamenti ad essi destinati, si suggerisce di prevedere una ristrutturazione degli istituti stessi, ispirandone il funzionamento ad una maggiore efficacia e trasparenza, secondo il principio della dematerializzazione delle informazioni e dell’utilizzo esclusivo del canale telematico.

Allo stesso scopo, si suggerisce di valutare l’inserimento, tra le attività degli istituti, della possibilità di svolgere attività di consulenza in materie come il diritto civile e la legislazione fiscale. Sarebbe utile altresì prevedere che gli istituti stessi possano svolgere, quantomeno per un periodo circoscritto, un’attività in forma consortile.

Con riferimento al comma 65, in relazione alla formulazione letterale delle norme oggetto di novella, si riterrebbe opportuno specificare se il termine di decorrenza del 1° luglio 2015 per l’applicazione dei nuovi requisiti per gli istituti di patronato valga per quelli già operanti alla data del 1° gennaio 2013, ovvero alla data del 1° gennaio 2015.

Si suggerisce altresì di garantire la prosecuzione dell’attività dei centri per l’impiego, prorogando allo scopo i contratti in essere.

Si raccomanda, inoltre, l’incremento delle risorse destinate al servizio civile e l’esigenza di ridurre la penalizzazione degli stanziamenti destinati ai fondi interprofessionali, di cui all’articolo 3, comma 71.

Si suggerisce, poi, di prevedere la creazione di un fondo per favorire l’accesso e l’inserimento delle persone disabili, adeguando gli ambienti e gli strumenti di lavoro alle loro esigenze.

Si reputa, infine, importante prevedere un rifinanziamento del fondo destinato ai lavoratori disabili.


 

 

 

SCHEMA DI RAPPORTO PROPOSTO DAI SENATORI CATALFO, PUGLIA E PAGLINI SULLO STATO DI PREVISIONE DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI PER L’ANNO FINANZIARIO 2015 E PER IL TRIENNIO 2015-2017 E RELATIVA NOTA DI VARIAZIONE (DISEGNI DI LEGGE NN. 1699 E 1699-BIS – TAB. 4 E ALLEGATO E TAB. 4-BIS) E SULLE PARTI CORRISPONDENTI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1698

 

 

 

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

secondo quanto più volte dichiarato da esponenti del Governo, il disegno di legge in esame avrebbe l’obiettivo ambizioso di rilanciare l’economia italiana, con un impatto tangibile su cittadini e imprese, cercando di rompere il circolo vizioso della recessione e di creare lavoro;

tuttavia dalle disposizioni del disegno di legge in esame, non emerge nel complesso una manovra tecnicamente espansiva;

la direzione complessiva giusta sarebbe invece stata quella di stimolare la crescita, con ragionevoli tagli delle tasse, prevedendo sgravi e semplificazioni per le imprese;

la sostanza delle misure appare debole e con specifico riferimento alle parti di competenza della presente commissione sussistono alcuni provvedimenti che lasciano assai perplessi sui loro effetti tangibili;

considerato che:

le disposizioni di cui ai commi da 21 a 29 dell’articolo 1 che prevedono il conferimento del TFR in busta paga, presentano varie criticità:

–          anzitutto, ancora una volta non si comprende esattamente quale strada si intenda percorrere riguardo al TFR: conservazione o superamento definitivo dello strumento. Con la normativa in esame infatti accantonamenti futuri continuerebbero a restare in impresa. Vi è da sottolineare peraltro che un superamento definitivo del TFR implicherebbe, mandare a esaurimento il Fondo di gestione del Tfrpresso l’Inps con ammanchi di bilancio;

–          la volontarietà della monetizzazione (a richiesta del lavoratore) tende a contrarre la pretesa dimensione aggregata della manovra pro consumo. I sondaggi mostrano come non tutti i lavoratori vedano di buon occhio questa possibilità e preferiscano tenere i risparmi al sicuro con un tasso di rivalutazione definito per legge e anche attraente in momenti di elevata incertezza e di inflazione bassa o addirittura negativa;

–          la manifestazione di volontà, qualora esercitata, è irrevocabile fino al 30 giugno 2018;

–          la misura è limitata ai dipendenti del settore privato e crea di fatto l’ennesima disparità di trattamento rispetto ai dipendenti del settore pubblico. Idipendenti pubblici infatti non furono coinvolti dal meccanismo di “silenzio-assenso” per la destinazione del TFR alla previdenza complementare, ma per i neo assunti dal 2000 era ed è rimasto possibile, previa contrattazione collettiva, chiedere lo smobilizzo degli accantonamenti per destinarli a uno strumento di previdenza complementare. Medesima possibilità per coloro che, già assunti prima del 2000, optavano e optano per trasformare il Tfs in Tfr contestualmente aderendo a uno strumento di previdenza complementare. Il meccanismo previsto ha natura puramente nozionale e contabile per evitare flussi finanziari in uscita dalla PA: gli accantonamenti smobilizzati sono depositati in un fondo presso l’Inps (allora Inpdap) e rivalutati a tassi di rendimento medi rappresentativi del comparto dei fondi pensione, per poi corrispondere il montante al lavoratore al momento del pensionamento o della fine del rapporto di lavoro (nei casi previsti dal regolamento).

–          le quote di TFR in oggetto sono sottoposte alla tassazione IRPEF ordinaria. In una fase in cui sono necessarie politiche espansive e di alleggerimento fiscale, tale disposizione rischia di tradursi, in mancanza di una ripresa sufficiente dei consumi e del Pil, in un mero aumento di pressione fiscale;

–          la misura è limitata dal 1 marzo 2015 al 30 giugno 2018. Per sperare di avere effetti sui consumi l’intervento deve incidere sul reddito disponibile permanente (cosa che per esempio non riesce a fare la distribuzione degli 80 Euro/mese già decisa dal Governo). E’ inoltre necessario tener conto del fatto che se i neo assunti con contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato che prevedono il Tfr optassero subito per il versamento del TFR in busta paga, verrebbe meno la fonte più importante di finanziamento della previdenza complementare, proprio per quelle generazioni che invece ne avranno più bisogno, perché per loro le pensioni pubbliche saranno calcolate integralmente con le regole contributive (tassi di sostituzione attesi tra il 50 e il 60%) e le prestazioni welfariste pubbliche diverranno in futuro sempre più selettive. Il finanziamento multipilastro è una pietra angolare della riforma del welfare, nelle parti già compiute e in quelle in corso; se viene meno la fonte più importante di finanziamento del pilastro privato, questo significa rimettere in discussione un intero percorso di evoluzione sistemica strutturale. La promozione che adesso si sta facendo per il Tfr in busta paga, di là dai ritorni politici immediati, potrebbe costare molto cara in termini di sforzi che si dovranno fare, nel futuro prossimo, per riconvincere i giovani dell’importanza di una adesione precoce alla previdenza complementare.

non appare dunque positiva l’iniziativa di attivare adesso, in questo frangente e in questi termini, il passaggio in busta paga degli accantonamenti Tfr. Per rilanciare i consumi e la crescita servono leve più dirette, libere da contraddizioni e dubbi sia di natura economica che di interpretazione giuridica. Soprattutto, servono leve che iniettino nel sistema economico risorse realmente fresche, e non leve che redistribuiscano tra operatori – lavoratori e datori – risorse già esistenti. Per le sue caratteristiche, e soprattutto per le modifiche parziali, frammentate e non risolutive da cui è già stato interessato, il Tfr non si presta allo scopo, non può essere una leva diretta, rapida e certa. Al contrario, si rischia di metter mano, con finalità congiunturali e guardando soltanto al breve periodo, a un tassello sulla carta piccolo ma che occupa una posizione importante nei ridisegni di struttura della contrattazione del costo del lavoro, nell’equiparazione tra lavoro privato e lavoro pubblico, nella modernizzazione del sistema pensionistico e di welfare.

nella prospettiva di più lungo periodo, si osserva che nel disegno di legge di stabilità per il 2015, che doveva essere una manovra orientata al taglio delle tasse, ci sono purtroppo previsioni di incrementi netti d’imposta che andranno evidentemente ad influenzare il cuneo fiscale, con evidenti ripercussioni sul mercato del lavoro;

infatti, a partire dal 2016, è stabilito un generalizzato aumento delle aliquote Iva, sia di quella ridotta del 10 per cento sia di quella ordinaria del 22 per cento;

l’incremento dell’IVA, spalmato tra il 2016 e il 2018, porterebbe le aliquote dal 10 al 13 per cento e dal 22 al 25,5 per cento, inserendo l’Italia ai primi posti della graduatoria internazionale per il livello delle aliquote delle imposte sui consumi;

approssimativamente, questo innalzamento delle aliquote legali produrrebbe un maggior gettito complessivo di circa 19 miliardi nel 2018 rispetto al 2015, con un impulso superiore ai sei miliardi già nel 2016;

oltre agli effetti negativi su PIL e consumi, come già accaduto in passato, questi incrementi d’imposta deprimeranno anche il gettito atteso ex ante, attraverso una verosimile accelerazione dei processi di evasione ed elusione;

se si tiene conto anche dei conseguenti incrementi della pressione fiscale, tanto apparente quanto legale, nel medio termine, risulta fortemente depotenziato – se non annullato – il preteso portato espansivo della presente legge di stabilità, come anche il suo preteso effetto in termini di riduzione delle imposte e delle tasse;

inoltre, guardando al solo 2015, se da un lato viene introdotta la deduzione totale del costo del lavoro dipendente a tempo indeterminato dalla base imponibile IRAP, che comporterebbe, secondo le previsioni del Governo, un risparmio di imposta per le imprese con dipendenti, dall’altro, gli effetti positivi di tale misura vengono ridotti dall’aggravio d’imposta sulle altre componenti della base imponibile IRAP (utili, interessi passivi): infatti, dal 2015 l’aliquota IRAP torna al 3,9 per cento, dopo essere stata ridotta, nel 2014, al 3,5 per cento;

per le imprese senza dipendenti, dal 2015, si verificherà, dunque, un incremento netto di IRAP: queste imprese non usufruiranno della deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP mentre pagheranno l’aggravio dell’IRAP;

tenuto conto che in Italia manca un meccanismo di efficace coordinamento dell’imposizione fiscale tra diversi livelli di governo, è lecito avere dubbi sugli effetti dei presunti tagli fiscali: presunti perché, già di modesta entità, potrebbero essere neutralizzati non solo dai previsti incrementi dell’IVA e delle accise ma, addirittura, e da subito, da eventuali incrementi di tributi stabiliti dalle regioni e dagli altri enti locali;

infine, a fronte di una blanda misura sulle partite IVA, i liberi professionisti, che si pagano la pensione in via esclusiva con i propri contributi ed i connessi investimenti di tipo cautelativo, dopo anni di iniqua sovra tassazione rispetto ai fondi pensione ed un improvviso aumento dell’aliquota dal luglio scorso (mitigato da un farraginoso meccanismo di credito di imposta a termine), si vedranno – l’anno prossimo – «armonizzare il regime fiscale» al rialzo, invece di avvicinarsi all’11,5 per cento oggi vigente per i Fondi e le Casse;

all’articolo 1 da 90 a 94, si stabilisce quanto segue:

1) lo sgravio spetta nel caso di nuove assunzioni di soggetti che risultino disoccupati da almeno 6 mesi e non occupati presso qualsiasi altro datore di lavoro;

2) il datore di lavoro non deve comunque aver occupato con contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della legge, i soggetti per i quali intende usufruire dello sgravio;

3) ipotizzando l’entrata in vigore all’inizio dell’anno 2015, il periodo in cui opera tale condizione sarà da ottobre a dicembre 2014;

4) ogni lavoratore potrà essere portatore dell’incentivo una sola volta; è previsto infatti che se un soggetto è già stato assunto con lo sgravio, nel caso un altro datore di lavoro lo riassumesse, anche se il requisito fosse soddisfatto, non potrà usufruirne; una previsione secca senza alcuna ipotesi di deroga; così come prevista, rischia di penalizzare quei lavoratori che siamo ad esempio stati licenziati ovvero non abbiano superato il periodo di prova;

5) per la compatibilità con altre agevolazioni, è previsto espressamente che lo sgravio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente;

se tali incentivi possono apparire favorevoli in quanto finalizzati a rendere più appetibile il contratto a tempo indeterminato, vi sono due aspetti fortemente negativi:

–          la misura risulta una tantum in quanto limitata al 2015;

–          la misura è accompagnata dalla contemporanea soppressione dei benefici contributivi di cui all’articolo 8, comma 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 407 dal 2015; si tratta della venticinquennale agevolazione prevista in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un analogo periodo: probabilmente la principale tra le misure a favore delle fasce deboli di lavoratori (in particolare dei disoccupati di lungo periodo) delle imprese artigiane e di tutte le aziende del sud che subiranno una riduzione secca dei benefici su base annua pari a 4032 euro e a 12096 euro nel triennio che comprende lo sgravio sul premio INAIL;

alla luce dei dati che indicato in 9 milioni le famiglie in stato di povertà appare nettamente insufficiente lo stanziamento di 45 milioni di euro per il beneficio di cui al comma 100 dell’articolo 1;

il comma 118 dell’articolo 1 prevede un rifinanziamento del Fondo per le politiche sociali di soli 300 milioni di euro;

al comma 117 dell’articolo 1 è previsto un nuovo rifinanziamento della Carta acquisti la quale ha già ampiamente dimostrato di non costituire un intervento adeguato alla situazione di grave emergenza sociale;

è indispensabile semplificare il welfare e renderlo al contempo più certo ed essenziale, più concretamente presente nella vita dei cittadini molti dei quali sono costretti a sopravvivere al problema occupazionale dovendosi al contempo confrontare con un sistema eccessivamente frammentato e non in grado di fornire certezze;

tra gli ammortizzatori sociali deve ritenersi compreso anche il reddito di cittadinanza, essendo anch’esso rientrante nel complesso di misure finalizzate al sostegno del reddito di coloro che si trovano involontariamente in una situazione di non occupazione, strettamente collegato all’inserimento o reinserimento lavorativo del cittadino;

non risultano peraltro stanziamenti di risorse adeguati per il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego, come invece richiesto con la raccomandazione del Consiglio europeo, del 2 giugno 2014;

misure di attuazione del reddito di cittadinanza sono presenti nella maggior parte dei paesi dell’UE e in molti paesi non comunitari;

il reddito di cittadinanza è uno strumento che assicura, in via principale e preminente, l’autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà;

appare necessario abbandonare al più presto il criterio della legislazione «emergenziale» ed assicurare al lavoratore la certezza dello stato sociale e il reale accompagnamento all’inserimento lavorativo,

quanto allo stato di previsione del Ministero del lavoro, come rilevato anche dalla relatrice mentre il disegno di legge di bilancio conferma il livello tendenziale di spesa a legislazione vigente, gli elenchi e le tabelle del disegno di legge di stabilità recano numerose variazioni:

–          l’allegato 5 riduce di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 lo stanziamento previsto per gli incentivi in favore dei datori di lavoro per la stabilizzazione (mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato) dei collaboratori a progetto, nel settore dei servizi di call center. L’allegato riduce altresì le risorse per il finanziamento delle azioni positive per la parità tra lavoratrici e lavoratori.

–          l’allegato 6 prevede poi una riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti ed organismi pubblici ivi elencati; per quanto riguarda lo stato di previsione del Ministero del lavoro, si dispone una riduzione di 500 migliaia di euro annui della spesa per il funzionamento dell’ISFOL.

–          la tabella D reca una riduzione di 1.700 migliaia di euro per il 2015 dello stanziamento relativo ai tirocini nelle amministrazioni statali.

DELIBERA DI RIFERIRE IN SENSO CONTRARIO.

 

ORDINI DEL GIORNO AL DISEGNO DI LEGGE

N. 1698

G/1698/1/11

CATALFO, PAGLINI, PUGLIA

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi 2 e 3 reca disposizioni in merito a gestioni previdenziali;

considerato che:

la crisi economica che affligge il nostro Paese ha aumentato notevolmente le disuguaglianze con gravi ripercussioni sul piano della coesione sociale. Molti sono ancora i privilegi presenti nell’ordinamento giuridico italiano, che di fatto aumentano indiscriminatamente le disuguaglianze sociali, ed il più emblematico fra tutti è quello delle cosiddette «pensioni d’oro». Nonostante le numerose iniziative legislative per porvi rimedio, il risultato non è stato affatto soddisfacente;

116 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del «contributo di perequazione» pari al 5 per cento per la quota di reddito eccedente i 90 mila euro, al 10 per cento per la quota di reddito eccedente i 150 mila euro, ed al 15 per cento per la quota di reddito eccedente i 200 mila euro; la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le soluzioni normative adottate dai Governi delle precedenti legislature. Nel 2012 con sentenza n. 223 la Corte ha sancito l’illegittimità costituzionale del «prelievo sugli stipendi pubblici elevati» e successivamente, nel 2013, con sentenza n.

è doveroso segnalare che, nella maggioranza dei casi, l’eccessivo valore delle cosiddette «pensioni d’oro» dipende da varie forme di privilegi oggigiorno non più esistenti. Quindi, le nuove generazioni non solo non vanteranno più di un trattamento previdenziale sostanzialmente uguale a quello beneficiato dalle precedenti generazioni, ma, altresì, dovranno farsi carico anche dei relativi costi in quanto, nella maggioranza dei casi, le «pensioni d’oro» non sono coperte da un’adeguata e ragionevole contribuzione. Quanto asserito rappresenta una violazione dei valori fondamentali della Costituzione, ed in particolar modo del principio dell’eguaglianza sostanziale dei cittadini;

al fine di rimediare agli errori dei precedenti Governi e di evitare di addebitare i costi degli stessi alle future generazioni, già di per sé afflitte dalla crisi e dalla spietata concorrenza del mercato globale, sarebbe idoneo predisporre misure fiscali che consentano una maggiore e più equa distribuzione del reddito, anche al fine di soddisfare le sempre maggiori esigenze delle classi sociali meno abbienti e prive di quei privilegi di cui hanno beneficiato i loro stessi concittadini senza alcun reale e motivato fondamento costituzionale e non che giustifichi il diverso trattamento giuridico ed economico;

l’articolo 6 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), individua sei specifiche categorie di redditi: «a) redditi fondiari, b) redditi di capitale, c) redditi di lavoro dipendente, d) redditi di lavoro autonomo, e) redditi di impresa, f) redditi diversi»;

l’articolo 11 del TUIR, prevede cinque scaglioni di reddito ai quali corrispondono cinque diverse aliquote: «a) fino a 15.000 euro, 23 per cento; b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento; c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento; d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento; e) oltre 75.000 euro, 43 per cento»;

le categorie di redditi individuate dal suddetto articolo 6 sono sostanzialmente diverse fra loro, non solo sul piano giuridico, ma, nonostante ciò, sono assoggettate alle medesime aliquote fiscali. Infatti, il TUIR prevede una disciplina tributaria specifica per ognuna delle sei categorie di reddito ma, ai fini dell’applicazione dell’imposta sui redditi, individua cinque scaglioni e cinque corrispondenti aliquote, uguali per tutte le diverse categorie di redditi;

i redditi di lavoro dipendente potrebbero essere qualificati simili ai redditi di pensione, ma sono giuridicamente e sostanzialmente diversi dai redditi di impresa o dai redditi di capitale, ed altresì i redditi fondiari sono giuridicamente e sostanzialmente diversi dai redditi di lavoro dipendente o di lavoro autonomo;

l’articolo 49 del TUIR qualifica come redditi di lavoro dipendente anche i redditi di pensione. La disposizione ha effetti sia sul piano giuridico che fiscale. Tale previsione lascia intendere che l’equiparazione dei redditi di pensione e dei redditi di lavoro dipendente non è affatto scontata e necessita, per tal motivo, di una specifica previsione normativa. Conseguentemente, una nuova disposizione normativa potrebbe prevedere l’estinzione della suddetta equiparazione ed altresì introdurre una nuova disciplina normativa con specifiche disposizioni, sia sul piano giuridico che fiscale, per i redditi di lavoro e per i redditi di pensione;

da quanto descritto si evince a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo l’assenza di vincoli normativi ostativi ad una separazione giuridica e fiscale delle suddette categorie di reddito. Tanto è vero che sono state numerose le iniziative in materia fiscale che hanno predisposto «imposte sostitutive» rispetto alla previgente imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Si possono citare:

23, così come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, ha introdotto un regime facoltativo, per la tassazione dei redditi dei fabbricati annoverati tra i redditi fondiari, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali per i redditi dei fabbricati; a) l’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.

b) l’articolo 27 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha riformato il regime dei minimi dei redditi di lavoro autonomo disciplinato dall’articolo 1, commi da 96 a 119, della legge n. 244 del 2007, introducendo un’imposta sostitutiva sui redditi e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento;

c) l’articolo 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, introduce numerose modifiche in tema di tassazione delle attività finanziarie. La nuova disciplina prevede che, a partire dal 1° gennaio 2012, venga istituita un’aliquota unica intermedia del 20 per cento con la quale tassare i redditi da capitale e i redditi diversi, in luogo delle precedenti fissate al 12,50 per cento e al 27 per cento. Con l’articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, la precedente aliquota unica pari al 20 per cento è stata sostituita da un’aliquota pari al 26 per cento. In questo caso specifico l’aliquota riguarderà tutte le fattispecie di reddito di capitale relative a interessi e proventi assimilati, fatte salve alcune eccezioni, tra cui, in particolar modo, i titoli pubblici italiani ed equiparati ed i titoli pubblici di Stati dell’Unione europea o See white list, tassati al 12,50 per cento;

in particolar modo, è doveroso rilevare che proprio per i redditi da capitale in Italia si è assistito a decenni di imposizione sostitutiva con basse aliquote fiscali (pari al 12,5 per cento). In tal caso, non si riscontrano dichiarazioni di illegittimità costituzionale da parte della Consulta per violazione del principio di eguaglianza per il fatto che il trattamento fiscale attenga ad una sola categoria di reddito e di contribuenti, così come è stato più volte dichiarato per i precedenti interventi legislativi in materia di «pensioni d’oro». Nei principali Paesi europei come Francia, Regno unito e Spagna, per i redditi da capitale, si riscontrano aliquote progressive che sfiorano anche il 45 per cento con addizionali pari al 3 e 4 per cento, portando così la tassazione effettiva — come nel caso della Francia — fino al 49 per cento;

in considerazione delle suddette ragioni sociali, economiche e giuridiche, si potrebbe introdurre un’imposta sostitutiva per i redditi di pensione, con un maggior numero di aliquote progressive, in modo tale da tassare maggiormente i redditi eccedenti i 90 mila euro e detassare i redditi di pensione più bassi. Questa soluzione normativa è fondata sulla stessa ratio giuridica delle richiamate imposte sostitutive in materia di redditi fondiari, di lavoro autonomo e di capitale, ma altresì troverebbe ulteriore giustificazione nei valori fondamentali della Costituzione. In primis è doveroso asserire che i primi dodici articoli della Costituzione rappresentano i principi fondamentali della Repubblica e non possono essere oggetto di modifica, neanche attraverso il procedimento di revisione costituzionale di cui agli articoli 138 e 139 della medesima Costituzione. Il principio di universalità dell’imposizione, invece, è sancito dall’articolo 53 della Costituzione, quindi non solo potrebbe essere oggetto di revisione costituzionale, ma, altresì, non può essere in contrasto con i principi fondamentali della Repubblica dei primi dodici articoli della Costituzione. Da quanto asserito si può desumere che l’introduzione di un’imposta sostitutiva in materia di redditi di pensione al fine di porre rimedio agli illegittimi ed irragionevoli privilegi di cui hanno beneficiato solo una parte dei cittadini ed al fine di migliorare le condizioni sociali ed economiche dei ceti meno abbienti, benché in teoria possa violare l’articolo 53 della Costituzione — anche se si ribadisce che non si comprende il motivo per il quale non siano state dichiarate illegittime anche le altre tipologie di imposte sostitutive — di fatto trova giustificazione nel principio dell’eguaglianza sostanziale di cui all’articolo 3 della Costituzione (in base al quale «è compito della Repubblica (..) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese) e nei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale di cui all’articolo 2 della medesima,

impegna il Governo

a valutare se sussistono i presupposti per assumere iniziative volte a introdurre un’imposta sostitutiva per i redditi da pensione caratterizzata da un maggior numero di aliquote fiscali che consentano una più incisiva progressività, in modo tale da tassare maggiormente i redditi di pensione superiori ai 90 mila euro e destinare il maggior gettito alla riduzione del carico fiscale dei redditi di pensione meno elevati ed all’aumento delle «pensioni minime». 

G/1698/2/11

CRIMI, CATALFO, MONTEVECCHI, SERRA, PUGLIA, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi 2 e 3 reca disposizioni in merito a gestioni previdenziali;

considerato che:

l’articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo 564/96 ha introdotto una particolare forma di contribuzione per i lavoratori in aspettativa sindacale ai sensi dell’articolo 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, ovvero per i lavoratori in distacco sindacale con diritto alla retribuzione da parte del datore di lavoro;

in particolare, la citata disposizione attribuisce alle organizzazioni sindacali la facoltà di versare, per i periodi che si collocano a decorrere dal mese successivo all’entrata in vigore del decreto una contribuzione aggiuntiva sull’eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell’attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ex articolo 31 e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo;

la suddetta facoltà può essere esercitata dall’Organizzazione sindacale previa richiesta di autorizzazione alla competente Sede dell’INPS, mediante il versamento, entro gli stessi termini previsti per le domande di accreditamento figurativo, di una somma pari all’aliquota di contribuzione del regime pensionistico di appartenenza del lavoratore applicata alla differenza tra le somme corrisposte dall’organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata;

si prevede altresì che negli stessi termini e con le stesse modalità le Organizzazioni sindacali hanno facoltà di effettuare versamenti contributivi per gli emolumenti e le indennità che abbiano corrisposto ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto a retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro;

la suddetta norma prevede, in sostanza, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, di ricevere, con costi a carico dell’INPS, una pensione integrativa agganciata all’importo dell’ultimo stipendio: stipendi conseguiti sovente, sulla base di un distacco presso lo stesso sindacato, facendo così riferire tale pensione integrativa alla sola attività sindacale;

la detta normativa si pone oggettivamente in antitesi col recentemente mutato orientamento del quadro previdenziale secondo cui il metodo prevalente debba essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, dando luogo a vere e proprie «pensioni gonfiate» con gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale gravanti sugli enti previdenziali pubblici, cagionando debiti previdenziali latenti, posti a carico dello Stato italiano sotto forma di debito pubblico;

le pensioni integrative sono infatti determinate, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 564/96, e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l’aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore;

impegna il Governo:

a porre in essere, nel rispetto delle libertà sindacali e garantendo ai rappresentanti dei lavoratori la possibilità di esercitare senza impedimenti il loro mandato, opportuni provvedimenti normativi di correzione delle disposizioni del citato decreto legislativo 564/96 al fine di impedire il verificarsi di nuove situazioni di abusi fin qui posti in essere;

a fornire alle Commissioni Parlamentari competenti, entro il 28 febbraio 2015, il numero e il dettaglio delle situazioni soggettive che godono di forme di contribuzione figurativa e volontaria in relazione all’aspettativa sindacale. 

G/1698/2/11 (testo 2)

CRIMI, CATALFO, MONTEVECCHI, SERRA, PUGLIA, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi 2 e 3 reca disposizioni in merito a gestioni previdenziali;

considerato che:

l’articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo 564/96 ha introdotto una particolare forma di contribuzione per i lavoratori in aspettativa sindacale ai sensi dell’articolo 31 della legge 20 maggio 1970, n. 300, ovvero per i lavoratori in distacco sindacale con diritto alla retribuzione da parte del datore di lavoro;

in particolare, la citata disposizione attribuisce alle organizzazioni sindacali la facoltà di versare, per i periodi che si collocano a decorrere dal mese successivo all’entrata in vigore del decreto una contribuzione aggiuntiva sull’eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell’attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ex articolo 31 e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo;

la suddetta facoltà può essere esercitata dall’Organizzazione sindacale previa richiesta di autorizzazione alla competente Sede dell’INPS, mediante il versamento, entro gli stessi termini previsti per le domande di accreditamento figurativo, di una somma pari all’aliquota di contribuzione del regime pensionistico di appartenenza del lavoratore applicata alla differenza tra le somme corrisposte dall’organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata;

si prevede altresì che negli stessi termini e con le stesse modalità le Organizzazioni sindacali hanno facoltà di effettuare versamenti contributivi per gli emolumenti e le indennità che abbiano corrisposto ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto a retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro;

la suddetta norma prevede, in sostanza, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, di ricevere, con costi a carico dell’INPS, una pensione integrativa agganciata all’importo dell’ultimo stipendio: stipendi conseguiti sovente, sulla base di un distacco presso lo stesso sindacato, facendo così riferire tale pensione integrativa alla sola attività sindacale;

la detta normativa si pone oggettivamente in antitesi col recentemente mutato orientamento del quadro previdenziale secondo cui il metodo prevalente debba essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, dando luogo a vere e proprie «pensioni gonfiate» con gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale gravanti sugli enti previdenziali pubblici, cagionando debiti previdenziali latenti, posti a carico dello Stato italiano sotto forma di debito pubblico;

le pensioni integrative sono infatti determinate, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 564/96, e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l’aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore;

impegna il Governo:

a valutare le opportune iniziative in ordine alla modifica delle disposizioni del decreto legislativo 564/96 volte a contemperare l’esercizio delle libertà sindacali con la sostenibilità dell’ordinamento pensionistico.

 

G/1698/3/11

CATALFO, PUGLIA, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi da 21 a 29 reca disposizioni in merito alla destinazione di quote del trattamento di fine rapporto dei dipendenti del settore privato;

considerato che:

l’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 stabilisce che le forme pensionistiche complementari prevedono che, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, le prestazioni pensionistiche siano, su richiesta dell’aderente, consentite con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza;

impegna il Governo:

a porre in essere opportuni provvedimenti normativi, in coerenza con quanto stabilito dalle disposizioni in premessa, al fine di modificare l’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 diminuendo il periodo di tempo di inoccupazione necessario a fruire dell’anticipo delle prestazioni pensionistiche, portandolo da 48 a 12 mesi.

G/1698/3/11 (testo 2)

CATALFO, PUGLIA, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi da 21 a 29 reca disposizioni in merito alla destinazione di quote del trattamento di fine rapporto dei dipendenti del settore privato;

considerato che:

l’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 stabilisce che le forme pensionistiche complementari prevedono che, in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi, le prestazioni pensionistiche siano, su richiesta dell’aderente, consentite con un anticipo massimo di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza;

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di ridurre, a determinate condizioni, il periodo di tempo di inoccupazione necessario per fruire dell’anticipo delle prestazioni pensionistiche da parte delle forme pensionistiche complementari.

G/1698/4/11

CATALFO, PUGLIA, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi da 21 a 29 reca disposizioni in merito alla destinazione di quote del trattamento di fine rapporto dei dipendenti del settore privato;

considerato che:

l’articolo 8, comma 7, lettera b), del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, attraverso il principio del cosiddetto “silenzio-assenso”, prevede il conferimento automatico del TFR alla previdenza complementare nel caso in cui il lavoratore non manifesti il diniego a tale conferimento;

ai sensi della sopra citata disposizione di legge, detto consenso “è irrevocabile”;

a causa dell’applicazione dell’istituto del silenzio-assenso, le piccole e medie imprese (fino a 49 dipendenti) non possono avere la disponibilità delle somme di denaro accantonate quale TFR dei propri dipendenti, né avere quella liquidità che viene utilizzata dall’impresa come autofinanziamento della propria attività;

impegna il Governo:

a rendere revocabile il consenso in parola, al fine di consentire al lavoratore di destinare il TFR maturando a favore del proprio datore di lavoro ovvero a favore del Fondo di Tesoreria INPS ai quali si applica la disciplina dell’articolo 2120 del codice civile sia per quanto riguarda le modalità di calcolo che per il regime delle anticipazioni.

G/1698/5/11

PUGLIA, CATALFO, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi da 83 a 89 reca disposizioni in merito ad ammortizzatori sociali;

considerato che:

l’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (come modificato da ultimo dall’articolo 1, comma 250, lett. f), della legge 24 dicembre 2012, n. 228) stabilisce nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni;

impegna il Governo:

a porre in essere opportuni provvedimenti normativi al fine di modificare la normativa citata specificando che la somma prevista è da riproporzionare nei casi di rapporti a tempo parziale in base al rapporto tra le ore pattuite e l’orario normale di lavoro a tempo pieno.

G/1698/5/11 (testo 2)

PUGLIA, CATALFO, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede d’esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015) (AS 1698)

premesso che:

l’articolo 1 del provvedimento in esame ai commi da 83 a 89 reca disposizioni in merito ad ammortizzatori sociali;

considerato che:

l’articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (come modificato da ultimo dall’articolo 1, comma 250, lett. f), della legge 24 dicembre 2012, n. 228) stabilisce nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni;

impegna il Governo:

a valutare l’opportunità di porre in essere, compatibilmente con il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, opportuni provvedimenti normativi al fine di modificare la normativa citata specificando che la somma prevista è da riproporzionare nei casi di rapporti a tempo parziale in base al rapporto tra le ore pattuite e l’orario normale di lavoro a tempo pieno.

G/1698/6/11

DONNO, CATALFO, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede di esame del disegno di legge recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”

premesso che

i commi dal 35 al 42 dell’articolo 3 recano attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei, adottato il 29 ottobre dalla Commissione europea a chiusura del negoziato formale;

nell’obiettivo tematico 10 “Investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per le competenze e l’apprendimento permanente” si fissano, tra i risultati attesi, anche il rafforzamento della parità di accesso alla formazione permanente per tutte le fasce di età nei contesti formali, non formali e informali, l’aggiornamento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze della manodopera e la promozione di percorsi di apprendimento flessibili anche tramite l’orientamento del percorso professionale e il riconoscimento delle competenze acquisite;

ritenuto inoltre che:

il nostro Paese è ricco di professioni storiche e tradizionali di tipo artigianale di cui senza adeguati incentivi alla formazione se ne rischia la scomparsa;

un settore di pregio e di eccellenza italiano è quello della floricoltura che però non vede un adeguato riconoscimento professionale per gli operatori del settore in cui operano già 32mila imprese nell’intero territorio nazionale, che rappresentano il 3 per cento del totale delle aziende agricole italiane, che producono il 7 per cento della produzione agricola totale (2,5 miliardi di euro) utilizzando lo 0,4 per cento (36 mila ettari) della superficie agricola;

impegna il Governo:

a promuovere nell’ambito dei Piani operativi nazionale e regionali per il periodo 2014-2020 apposite azioni per incentivare la formazione professionale e il sostegno alle arti e ai mestieri tradizionali per favorire l’occupazione del settore e la valorizzazione culturale e turistica dei territori;

a favorire mediante l’utilizzo dei Fondi strutturali europei per corsi professionali per gli operatori del settore della floricoltura e della florovivaistica.

G/1698/6/11 (testo 2)

DONNO, CATALFO, PAGLINI

La Commissione 11a del Senato,

in sede di esame del disegno di legge recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”

premesso che

i commi dal 35 al 42 dell’articolo 3 recano attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei, adottato il 29 ottobre dalla Commissione europea a chiusura del negoziato formale;

nell’obiettivo tematico 10 “Investire nell’istruzione, nella formazione e nella formazione professionale per le competenze e l’apprendimento permanente” si fissano, tra i risultati attesi, anche il rafforzamento della parità di accesso alla formazione permanente per tutte le fasce di età nei contesti formali, non formali e informali, l’aggiornamento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze della manodopera e la promozione di percorsi di apprendimento flessibili anche tramite l’orientamento del percorso professionale e il riconoscimento delle competenze acquisite;

ritenuto inoltre che:

il nostro Paese è ricco di professioni storiche e tradizionali di tipo artigianale di cui senza adeguati incentivi alla formazione se ne rischia la scomparsa;

un settore di pregio e di eccellenza italiano è quello della floricoltura che però non vede un adeguato riconoscimento professionale per gli operatori del settore in cui operano già 32mila imprese nell’intero territorio nazionale, che rappresentano il 3 per cento del totale delle aziende agricole italiane, che producono il 7 per cento della produzione agricola totale (2,5 miliardi di euro) utilizzando lo 0,4 per cento (36 mila ettari) della superficie agricola;

impegna il Governo:

a valutare l’opportunità di promuovere nell’ambito dei Piani operativi nazionale e regionali per il periodo 2014-2020 apposite azioni per incentivare la formazione professionale e il sostegno alle arti e ai mestieri tradizionali per favorire l’occupazione del settore e la valorizzazione culturale e turistica dei territori;

a valutare l’opportunità di favorire mediante l’utilizzo dei Fondi strutturali europei per corsi professionali per gli operatori del settore della floricoltura e della florovivaistica.

 

122ª Seduta (antimeridiana)

 

Presidenza della Vice Presidente

SPILABOTTE 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Bobba.        

 

 

            La seduta inizia alle ore 11,40.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

(1699 e 1699-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017 e relativa Nota di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati 

– (Tab. 4 e Allegato e Tab. 4-bis) Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 e Relazione allegata

(1698) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), approvato dalla Camera dei deputati

(Rapporto alla 5a Commissione. Seguito dell’esame congiunto e rinvio) 

 

Prosegue l’esame congiunto, sospeso nella seduta di ieri.

 

La presidente SPILABOTTE ricorda che nella precedente seduta la relatrice Favero ha illustrato congiuntamente i disegni di legge e si è aperta la discussione generale.

 

La senatrice CATALFO (M5S) lamenta che la discussione generale si svolga successivamente alla scadenza del termine per la presentazione di emendamenti nella Commissione di merito, ritenendo che sarebbe stato di gran lunga preferibile anticiparne lo svolgimento alla scorsa settimana. Domanda quindi chiarimenti in ordine agli sgravi contributivi riguardanti i contratti a tempo indeterminato, dubitando che il Governo si sia reso conto delle conseguenze dell’applicazione di essi, in particolare con riferimento alle aziende del Sud del Paese. Chiede altresì se esso intenda adottare misure a favore dei disoccupati di lunga durata, richiamando in proposito quanto emerso nell’ultimo rapporto OCSE. A giudizio della sua parte, sarebbe stato assai più opportuno agire sulla disoccupazione di lunga durata, ampliando le misure già previste nella legge n. 407 del 1990 e spalmandone gli effetti sull’intero territorio nazionale. Quanto, poi, agli incentivi e agli aiuti destinati al contrasto della povertà, ritiene trattarsi di misure inidonee e insufficienti, diversamente da quelle invece previste o in via di previsione in altri Paesi, ivi inclusi la Grecia e l’Ungheria. La piaga della povertà affligge oggi in Italia 9 milioni di persone, delle quali un milione e mezzo sono minori: anche in questo, dunque, la manovra economico-finanziaria in esame rappresenta un’occasione mancata.

 

La presidente SPILABOTTE interviene incidentalmente per far notare alla  senatrice Catalfo che la discussione generale è già stata aperta nella seduta di ieri, e dunque sarebbe stato ben possibile intervenire prima della scadenza del termine della presentazione di emendamenti in Commissione bilancio.

 

Il senatore ICHINO (SCpI), premesso che il disegno di legge di stabilità si presenta assai articolato e complesso, si sofferma in particolare sulla scelta del Governo di privilegiare in modo incisivo il contratto di lavoro a tempo indeterminato, scelta sulla quale sono state avanzate molte critiche, ritenendosi da alcuni che per tal via si avrà unicamente un effetto di sostituzione. Il giudizio è a suo avviso inappropriato. Semmai la manovra avrà complessivamente un effetto incrementale sull’occupazione; e, in ogni caso, già l’effetto sostitutivo ha grande importanza, attesa la profonda diversità, sotto ogni punto di vista – sia esistenziale per il lavoratore che di produttività per il datore di lavoro – esistente tra una prestazione oggetto di un contratto il cui orizzonte temporale sia breve e prefigurato, e quella conseguente ad un programma contrattuale di largo respiro, in cui ha senso investire sul capitale umano. Nel contratto a termine ciò evidentemente non si dà, con palesi conseguenze sulla produttività del lavoro, che viene così privato degli investimenti in formazione.

Quanto alla disoccupazione di lunga durata, ritiene necessario passare ad un sistema di protezione contro la disoccupazione di tipo moderno, che consenta il sostegno sulla base di uno schema assicurativo – che infatti viene garantito attraverso l’ASpI -, seguito da una fase in cui, in assenza di risultati, subentra un sostegno al reddito di natura non assicurativa, qual è il reddito di inserimento. Dissente invece da ogni riferimento al reddito di cittadinanza, che ritiene metta capo ad un concetto del tutto errato. L’attivazione di uno schema non basato sul sostegno assicurativo ingenera un forte disincentivo all’occupazione; da ciò l’esigenza di misure che prevedano una partecipazione proattiva del lavoratore. In questo l’Italia è davvero all’anno zero, ed è perciò auspicabile che si sperimentino immediatamente le misure volte al reinserimento del lavoratore. In questo senso assume grande rilievo il Fondo per le politiche attive, sul cui mancato funzionamento sono stati presentati numerosi strumenti di sindacato ispettivo, che chiedono conto dei ritardi nell’adozione del necessario regolamento, che sembra abrogato, nella sostanza, per pura inerzia amministrativa. E’ altresì necessario risolvere il problema delle risorse a ciò destinate: allo stato, ingenti fondi vengono spesi per far fronte a situazioni di grave crisi e disagio sociale, ma in modo del tutto disordinato e inappropriato. Sarebbe invece indispensabile risolvere alcuni nodi delicati. Il primo riguarda le pensioni di invalidità. Sul tema occorre partire da un dato numerico: in alcune province tali pensioni vengono assegnate in percentuale doppia o addirittura tripla che in altre, evidenziando così l’esistenza di un fenomeno di utilizzo in funzione di assistenza sociale, e quindi lo snaturamento dell’istituto. Ulteriori problemi concernono i lavoratori socialmente utili, la Cassa integrazione in deroga o straordinaria, che non può trovare applicazione nei casi in cui non sussista alcuna prospettiva di ripresa di attività da parte dell’impresa, e il nodo delicato delle società partecipate, che, fermo restando l’obiettivo di salvaguardia dell’occupazione, vanno sottratte alla funzione di mera e indebita erogazione di stipendi. Ciò consentirebbe appunto di recuperare risorse per la realizzazione dell’istituto del reddito minimo di inserimento.

Un’ulteriore riflessione occorrerà poi fare sul TFR, che rappresenta una peculiarità dell’ordinamento italiano e la cui ragion d’essere originaria è oggi venuta meno. Attualmente esso rappresenta un elemento di scarsa trasparenza della struttura della retribuzione, e va pertanto superato.

 

Intervenendo brevemente sull’ordine dei lavori, la senatrice CATALFO (M5S) protesta, ritenendo del tutto inconferenti con i disegni di legge all’ordine del giorno le osservazioni del senatore Ichino sul reddito di inserimento, che giudica pretestuose e ironiche nei confronti di un’iniziativa convintamente sostenuta dalla sua parte.

 

Il senatore ICHINO (SCpI) precisa che le sue considerazioni erano semmai volte a raccogliere con estrema serietà una sollecitazione del Gruppo Movimento 5 Stelle.

 

Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII), nel riservarsi ulteriori considerazioni nel corso del dibattito in Assemblea, si sofferma in particolare sulle disposizioni riguardanti i patronati, sottolineandone la rilevante attività, in Italia e all’estero, l’esercizio di un ruolo importante, finalizzato a garantire l’accesso ai diritti sociali e lo svolgimento di una funzione di pubblica utilità. L’azione dei patronati deve garantire l’universalismo delle tutele e la gratuità del servizio. Alla luce delle delicate e imprescindibili funzioni svolte, egli segnala dunque che il pesante taglio al fondo ad essi destinato, contenuto nell’articolo 26, comma 10, del disegno di legge di stabilità, è destinato a produrre per la finanza pubblica costi superiori ai risparmi che si pretenderebbe di ottenere, ingenerando inoltre circa 5.000 esuberi. Chiede pertanto al Governo di rivedere la disposizione, evitando un indebito taglio di risorse.

 

La senatrice D’ADDA (PD) mette in guarda da generalizzazioni riguardanti le aziende municipalizzate, alcune delle quali svolgono una reale e positiva funzione e che vanno dunque distinte da quelle che sono invece fonte di sprechi. Si sofferma quindi in particolare sui commi 83 e 84 dell’articolo 1 del disegno di legge di stabilità, che dispongono stanziamenti a copertura delle deleghe recentemente conferite dal Parlamento al Governo con il cosiddetto Jobs Act. A questo scopo il suo Gruppo ha presentato in Commissione bilancio un emendamento finalizzato ad incrementare il fondo destinato a razionalizzare le politiche passive e ad incrementare quelle attive. Coglie altresì l’occasione per sollecitare la sottoposizione alle Commissioni parlamentari dei decreti attuativi della delega, al fine di rendere operanti quanto prima tali misure.

Esprime poi soddisfazione per le disposizioni contenute nei commi 86-89, in materia di lavoratori esposti all’amianto, sottolineando che la Commissione ha recentemente incardinato i disegni di legge nn. 8, 631, 1268 e 1645 (norme tutela esposizione amianto) ed evidenziando l’urgente definizione di un impianto organico e il fondamentale rilievo di uno stanziamento economico che ne garantisca la copertura.

Quanto ai patronati, ricorda che alla Camera dei deputati la formulazione originaria è stata già rivista e migliorata e si augura che l’opera possa proseguire al Senato, convenendo con il senatore Serafini sul giudizio di particolare considerazione nei confronti delle funzioni svolte da tali istituti. Senz’altro il sistema va rivisto e razionalizzato, intervenendo tuttavia in modo organico, e non affidando la necessaria riforma ad un mero taglio di risorse.

Quanto al TFR, ammesso che si tratti di un’esperienza unica e limitata all’Italia, ritiene che ogni riflessione vada tuttavia inquadrata tenendo conto delle ragioni storiche per le quali l’istituto è stato creato e avendone presente le funzioni. Osserva altresì che le imprese sono preoccupate sia per il drenaggio delle risorse che la disposizione comporta, sia per i gravami burocratici, che finiscono per ricadere maggiormente sulle piccole imprese. Suggerisce pertanto di operare un monitoraggio su base quanto meno triennale, per meglio comprendere gli effetti della misura. Infine, soffermandosi sulle misure destinate al sostegno della famiglia e al contrasto alla povertà, pur giudicandole favorevolmente, riterrebbe importante che si procedesse innanzitutto ad una maggiore armonizzazione ed integrazione tra i vari interventi, in modo da garantirne la maggiore efficacia.

 

Il senatore LEPRI (PD) ritiene che le misure più importanti contenute nella manovra, con riferimento alla competenza della Commissione, siano strettamente legate alle deleghe contenute nel Jobs Act e destinate a garantirne la piena efficacia, evidenziando in particolare lo stanziamento di due miliardi e 500 milioni per gli ammortizzatori sociali e le politiche attive, la deducibilità totale dell’IRAP e le misure finalizzate agli sgravi contributivi. Si sofferma quindi su un emendamento che il suo Gruppo ha presentato in materia di contratti di solidarietà presso la Commissione bilancio, caldeggiando l’introduzione di una norma che assegni risorse per contratti di solidarietà ordinaria ed espansiva. Dopo aver evidenziato che la deducibilità dell’IRAP, incidendo fortemente sulle imprese, è destinata senz’altro a generare nuova occupazione, evidenzia il particolare valore degli sgravi disposti per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, che, diversamente da quanto avveniva nelle precedenti manovre, in cui i benefici erano destinati ad avere scarso effetto, perché riservati a determinati categorie di lavoratori svantaggiati e all’esito di adempimenti molto complessi, nel caso in esame hanno invece una particolare portata, non esistendo limitazione di categorie e risultandone semplificato l’iter di richiesta. Tale caratteristiche inducono quindi a sperare in un effetto positivo. Quanto all’opportunità che gli sgravi vengano limitati unicamente ai contratti aggiuntivi, e non estesi a quelli sostitutivi, ritiene che la scelta del Governo sia stata motivata dalle difficoltà di verificare tale circostanza, nonché dalle apprezzabili conseguenze derivanti anche dai contratti sostitutivi, che comunque saranno connotati da una maggiore stabilizzazione. Il tema è comunque importante, e sarebbe forse possibile, anche senza condizionare il beneficio, impegnare le aziende a dichiarare la configurazione dell’assunzione, attesi i costi molto minori dell’occupazione aggiuntiva a carico dello Stato. Ciò consentirebbe evidentemente di valutare in sede di assestamento la possibilità di un aumento della dotazione, che presumibilmente si rivelerà insufficiente.

Pur apprezzando le misure a favore della natalità e finalizzate al sostegno per i figli a carico, ne lamenta l’occasionalità, ritenendo importante un intervento complessivo sulla materia e ricordando l’iniziativa legislativa allo scopo presentata dal suo Gruppo (A.S. 1473). Nota altresì con favore il rifinanziamento della social card, ritenendo che le questioni poste dalla senatrice Catalfo vadano affrontate insieme ad interventi riguardanti i disoccupati involontari, data l’esistenza di una zona grigia, dove la disoccupazione è giustificata da elementi di contesto. Anche in questo caso la questione, di grande delicatezza, andrebbe affrontata in modo complessivo.

Infine, pur accogliendo con favore l’incremento della dotazione assegnata al fondo per le politiche sociali e al fondo per le non autosufficienze, sottolinea l’importanza di una riflessione organica anche su questo punto.

 

La senatrice MUNERATO (LN-Aut) rileva la criticità della deduzione IRAP del costo complessivo del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato per il 2015, da cui conseguirà un mancato gettito per le Regioni, non compensato dallo Stato. Ciò tanto più perché lo sgravio riguarda tutte le imprese, indipendentemente da fatturato, numero di dipendenti, mantenimento di posti di lavoro e stato di crisi, con evidente favor nei confronti delle imprese di grandi dimensioni.

Per quello che riguarda il TFR, rileva che dal primo marzo del prossimo anno fino al 30 giugno 2018, una volta optato per il TFR in busta ogni mese, la scelta è irrevocabile, e che la disposizione non riguarda lavoratori pubblici, i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo. Osserva inoltre che, mentre attualmente il TFR è assoggettato a tassazione separata, la disposizione prevede invece che esso sia assoggettato a tassazione ordinaria: secondo una stima, con un reddito fino ai 15 mila euro annui conviene la tassazione ordinaria, tra i 15mila ed i 28mila è indifferente (pari), sopra i 28mila la tassazione ordinaria non è convieniente. La norma è a suo avviso contestabile, perché priva le aziende – soprattutto quelle medio-piccole – di liquidità, fa credere ai lavoratori di avere maggiori disponibilità a fine mese, assoggettandoli in realtà ad una maggiore tassazione e privandoli al contempo di una copertura reddituale in età avanzata, cioè nel maggior momento di bisogno.

Dal 1° gennaio 2015 è riconosciuto per un massimo di 36 mesi nel limite massimo di 8.060 euro su base annua l’esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, escluse quelle con contratto di apprendistato, lavoro domestico e settore agricolo (articolo 1, commi 90 e seguenti). Ella non condivide l’esclusione del settore agricolo e ritiene opportuno, anche per abbattere il costo del lavoro eccessivo, prevedere invece uno sgravio a tutti i contratti, anche a quelli in essere, e non soltanto ai nuovi che saranno stipulati dopo il 1° gennaio 2015. L’impresa che oggi è in difficoltà probabilmente non stipulerà alcun contratto nuovo, perché non procederà a nuove assunzioni; anzi, senza opportuni sgravi ed abbattimento del costo del lavoro, procederà a riduzioni del personale.

A proposito del Fondo per le non autosufficienze, rifinanziato per 400 milioni di euro per il 2015, contesta la riduzione disposta invece per gli anni successivi, lamentando che il Governo riesca a recuperare risorse per l’accoglienza di clandestini e non, invece, a trovare le dovute risorse economiche a sostegno dei cittadini più bisognosi.

Non condivide il taglio agli istituti di patronato e dissente sulla riduzione del Fondo contratti di produttività, che è linfa vitale per la sopravvivenza delle piccole-medie aziende e garantisce ai dipendenti un reale maggior netto in busta paga a fine mese.

Osserva inoltre criticamente che per quel che riguarda la tassazione del Fondo pensioni è previsto l’innalzamento dell’aliquota di tassazione dall’11 al 20 per cento per i fondi pensione e dall’11 al 17 per cento per la rivalutazione del TFR e che per l’aliquota IVA è previsto un aumento al 12 per cento dal 2016 e al 13 per cento dal 2017 dell’aliquota al 10 per cento, e un aumento al 24 per cento dal 2016, al 25 per cento dal 2017 e al 25,5 per cento dal 2018 dell’aliquota al 22 per cento. Lamenta altresì la riduzione del Fondo Lavoratori Usuranti, ritenendo vergognoso ricorrere ad esso per recuperare risorse.

Contesta, infine, il versamento al Bilancio dello Stato delle maggiori somme per INPS e INAIL derivanti da risparmi o aumenti contributivi, ritenendo che i risparmi debbano rimanere nelle disponibilità dell’Istituto che li ha prodotti per migliorare le prestazioni e non, invece, andare a sostegno della fiscalità generale. In tal senso il suo Gruppo ha presentato alla Commissione bilancio alcuni emendamenti.

 

A giudizio della senatrice MANASSERO (PD) con  la manovra economica si offre la necessaria copertura alle deleghe contenute nel Jobs Act; emerge però altresì l’esigenza di armonizzare i tempi di attuazione delle deleghe con gli stanziamenti a ciò destinati. Ciò la induce a segnalare il rilievo dell’articolo 1, comma 83, del disegno di legge di stabilità e a insistere sulla importanza dei finanziamenti in modo da dare effettiva attuazione alla delega.

Anche nel caso della decontribuzione del lavoro e del forte investimento destinato ai contratti a tempo indeterminato, di cui ai commi 90-94 del medesimo articolo, ritiene che la spesa vada resa il più efficace possibile. Deve dunque trattarsi di lavoro aggiuntivo, di lavoro che si radica, scongiurando così la “convenienza” economica del licenziamento che è stata da molti posta in risalto. Sollecita altresì un rifinanziamento del fondo destinato ai lavoratori con disabilità e sottolinea l’esigenza di una particolare attenzione ai lavoratori in capo alle province assegnati ai Centri per l’impiego: un capitolo allo stato non contemplato e bisognoso di attenzione e sostegno.

Esprime inoltre apprezzamento per le misure destinate al supporto alla famiglia con riferimento al bonus bebè e al contrasto alla povertà. Osserva però che sulla famiglia insistono interventi plurimi, che tuttavia sono assai scarsamente percepiti dai cittadini. Ciò conferma l’esigenza di un riordino della materia, in modo da rendere più efficace la spesa e più mirata la realizzazione dell’obiettivo. Infine manifesta pieno consenso per le misure riguardanti il finanziamento della riforma del terzo settore.

 

Il senatore PUGLIA (M5S), premessa una forte critica riferita alla perdita di ruolo del Parlamento, pur ritenendo apprezzabile lo sgravio contributivo destinato ai contratti per i neoassunti, lamenta che il disegno di legge di stabilità operi un’abrogazione dei benefici previsti dalla legge n. 407 del 1990, insistendo sulla esigenza di lasciarla in vigore, non per motivi di parte, ma per le conseguenze sulle giovani generazioni. Si tratta infatti di una legge destinata a sostenere soprattutto le persone più deboli e socialmente esposte ed i disoccupati di lunga durata. Il beneficio che si vorrebbe conseguire con le misure contenute nel disegno di legge di stabilità inoltre non comprende lo sgravio dei contributi INAIL. Si è ancora in tempo per correggere e si augura che il Governo lo faccia. Critica inoltre le misure destinate a finanziare lo sgravio, che insistono sulle risorse attualmente presenti nel fondo di rotazione, sottraendo così fondi alle regioni del Mezzogiorno. Anche la corresponsione di indennizzi a determinati soggetti in ambito sanitario, al pari del bonus bebè, appare un’ottima misura, ma conferma l’esigenza di lasciare in vigore la citata legge n. 407. Pur apprezzando le agevolazioni fiscali concesse alle imprese sociali, ritiene importante procedere tuttavia ad una razionalizzazione, in particolare nel campo delle ONLUS. Dissente invece nettamente dalle misure destinate ad incidere sull’operatività dei patronati, appoggiando sul punto le considerazioni svolte dal senatore Serafini e dalla senatrice D’Adda. Dopo essersi soffermato sulle misure destinate a contrastare le patologie aventi un costo sociale elevato, nei confronti delle quali esprime consenso, mette in guardia dagli effetti distorsivi derivanti dall’inserimento del TFR in busta paga, sottolineando che per tal via esso sarebbe sottoposto a tassazione ordinaria e notando la valenza unicamente teorica dei prestiti eventualmente concessi dalle banche, che certamente non verrebbero nella realtà mai assegnati alle piccole imprese.

 

Secondo la senatrice PAGLINI (M5S), l’unico effetto del disegno di legge di stabilità è quello di stabilizzare la disoccupazione. Al riguardo, ella insiste sull’importanza del disegno di legge n. 1148, presentato dal suo Gruppo e riguardante l’introduzione del reddito di cittadinanza. Osserva altresì che la carta acquisti, lungi dall’avere un’effettiva efficacia, finisce per umiliare le persone costrette ad esibirla e rappresenta unicamente uno spot a carattere politico. La manovra economica dimentica proprio i più bisognosi, specialmente le donne e i giovani, soprattutto residenti al Sud: questi saranno gli effetti della soppressione della legge n. 407 del 1990: una scelta gravissima da cui si augura che il Governo voglia recedere. La manovra sostanzialmente sacrifica le piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto connettivo del Paese, per favorire quelle grandi; e lo stesso criterio viene adottato con riferimento ai patronati. Al riguardo, sottolinea che i patronati di grande dimensione rappresentano essenzialmente un serbatoio elettorale. L’eliminazione di quelli di piccole dimensioni, oltre a tagliare l’occupazione ed a eliminare servizi essenziali soprattutto nei piccoli centri, finisce col trasferire in sede di manovra economica la razionalizzazione degli istituti, che semmai va operata in modo organico e comunque in altra sede. Espone infine netto dissenso in ordine alle considerazioni riguardanti il TFR svolte dal senatore Ichino.

 

Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.

 

 

            La seduta termina alle ore 13,20.

 

121ª Seduta

 

Presidenza della Vice Presidente

SPILABOTTE 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Teresa Bellanova.       

 

 

            La seduta inizia alle ore 15.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1699 e 1699-bis) Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2015 e bilancio pluriennale per il triennio 2015-2017 e relativa Nota di variazioni, approvato dalla Camera dei deputati 

– (Tab. 4 e Allegato e Tab. 4-bis) Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 e Relazione allegata

(1698) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), approvato dalla Camera dei deputati

(Rapporto alla 5a Commissione. Esame congiunto e rinvio) 

 

La presidente SPILABOTTE, nel dichiarare aperta la sessione di bilancio, ringrazia la sottosegretaria Bellanova per la sua presenza alla seduta odierna. Ricorda quindi che l’esame dei disegni di legge e della relativa tabella di bilancio procede congiuntamente e si conclude con l’espressione di un unico rapporto alla Commissione bilancio e che è ammissibile la presentazione di rapporti di minoranza. Segnala inoltre che in Commissione è possibile presentare ordini del giorno relativi sia al disegno di legge di stabilità che al disegno di legge di bilancio e che gli emendamenti al disegno di legge di stabilità, in base all’articolo 128 del Regolamento, vanno presentati alla Commissione bilancio. In Commissione possono essere presentati emendamenti alle tabelle di bilancio (tabelle 4 e 4-bis) o su parti di esse.

 

Nell’introdurre congiuntamente l’esame, la relatrice FAVERO (PD) dà anzitutto conto dei contenuti del disegno di legge di stabilità. In particolare, si sofferma sui  commi 2 e 3 dell’articolo 1 ed i commi 59 e 60 dell’articolo 2, che prevedono varie regolazioni finanziarie e contabili nei rapporti tra lo Stato e l’INPS, nonché sul comma 16 dell’articolo 1, che concede a taluni soggetti la possibilità di ridurre la base imponibile dell’IRAP di un importo pari alla differenza tra il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e quello di alcune spese già deducibili ex lege. I successivi commi da 21 a 29introducono la possibilità, per i lavoratori dipendenti del settore privato, di liquidazione nella retribuzione mensile, per il periodo 1° marzo 2015-30 giugno 2018, delle quote del TFR maturate in tale periodo. In relazione alla conseguente riduzione di liquidità per i datori di lavoro, si prevedono alcune forme di compensazione o di finanziamento. Le quote di TFR in oggetto sono sottoposte alla tassazione IRPEF ordinaria, anziché alla tassazione separata IRPEF prevista per i trattamenti di fine rapporto; esse restano peraltro assoggettate all’ordinaria contribuzione previdenziale sulle quote di TFR – costituita da un’aliquota dello 0,50 per cento – e sono, quindi, computate al netto di essa. Per le quote erogate, viene inoltre meno l’obbligo di destinazione in favore dell’apposito Fondo, posto nella disciplina vigente con riferimento ai datori di lavoro del settore privato che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti, con esclusione delle quote di TFR destinate alle forme pensionistiche complementari. Le quote di TFR erogate non sono inoltre computate nel reddito, ai soli fini della verifica dei limiti per l’applicazione del cosiddetto bonus di 80 euro.

I successivi commi da 25 a 28 prevedono la possibilità, per i datori di lavoro aventi alle proprie dipendenze meno di 50 addetti e che non intendano erogare immediatamente con proprie risorse le quote di TFR oggetto dell’opzione, di accedere ad un finanziamento, assistito – oltre che da eventuale privilegio speciale su beni mobili, destinati all’esercizio dell’impresa e non iscritti nei pubblici registri – dalla garanzia prestata sia dall’apposito Fondo di garanzia (istituito ai sensi dei commi 27 e 28) sia, in ultima istanza, dallo Stato. Le modalità di presentazione della domanda di finanziamento sono disciplinate dal comma 26, che prevede che la richiesta sia presentata presso una delle banche o degli intermediari finanziari che aderiscano all’apposito accordo-quadro, da stipulare tra il Ministro del lavoro, il Ministro dell’economia e l’ABI; il tasso da applicare al finanziamento non può superare il tasso di rivalutazione della quota di trattamento di fine rapporto e il rimborso correlato al finanziamento è escluso dall’ambito delle azioni revocatorie, previste dalla disciplina sul fallimento.Sotto il profilo della tecnica legislativa, riterrebbe opportuno formulare quest’ultima esclusione in termini di  novella, integrando l’elenco di cui al terzo comma dell’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, in cui sono individuate le fattispecie non soggette all’azione revocatoria.

In base al precedente comma 23, per i datori di lavoro che non si avvalgano del finanziamento, trovano applicazione, per le quote di TFR oggetto di liquidazione nella retribuzione mensile, le medesime misure compensative attualmente vigenti per le quote di TFR destinate a forme pensionistiche complementari o all’apposito Fondo. Per quelli che invece si avvalgano della possibilità di finanziamento, il comma 24 prevede, da un lato, l’applicazione di una di tali misure compensative, e, dall’altro lato, dispone un versamento equivalente al Fondo di garanzia di cui al comma 27.

Il successivo comma 83istituisce un fondo presso il Ministero del lavoro a copertura dei decreti delegati emanati in seguito alla delega attribuita dal Parlamento al Governo col cosiddetto  Jobs Act. 

I commi 86 e 89 concernono alcuni profili della disciplina sui trattamenti pensionistici per i lavoratori esposti all’amianto. In particolare, il comma 86 esclude l’applicazione ai fini pensionistici dei provvedimenti di annullamento delle certificazioni rilasciate dall’INAIL, relative all’esposizione all’amianto per un periodo superiore a dieci anni. Tale fattispecie di esposizione dà luogo ad un coefficiente moltiplicatore del medesimo periodo, ai soli fini della determinazione dell’importo della pensione (e non anche della maturazione del diritto), pari ad 1,25 punti, a meno che i soggetti non rientrino nella disciplina previgente più favorevole, secondo la quale il coefficiente moltiplicatore è pari a 1,50 punti e rileva anche ai fini della maturazione del diritto; questa normativa più favorevole concerne – secondo la circolare INPS n. 58 del 2005 – i lavoratori in possesso della certificazione rilasciata dall’INAIL, attestante lo svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione ultradecennale all’amianto e quelli il cui periodo di esposizione ultradecennale sia stato riconosciuto con sentenza pronunciata in esito di cause il cui ricorso sia stato depositato a seguito di diniego dell’INAIL su domande di certificazione presentate nel tempo dagli interessati e comunque non oltre il 15 giugno 2005. Al riguardo, la relatrice osserva che potrebbe essere opportuno un chiarimento riguardo alla locuzione, presente nel comma, “ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche”, tenendo conto che il coefficiente moltiplicatore rileva ai fini del diritto al trattamento solo per i soggetti che rientrino nella normativa pregressa.

Il comma 89 concerne i lavoratori rientranti nella fattispecie di periodo di esposizione ultradecennale – riconosciuto in via giudiziale definitiva -, dipendenti da aziende che abbiano collocato in mobilità tutti i dipendenti per cessazione dell’attività lavorativa e che, avendo presentato domanda successivamente al 2 ottobre 2003, non rientrino nella disciplina pregressa più favorevole. Ad essi è consentita la presentazione entro il 31 gennaio 2015 della domanda all’INPS per l’applicazione di quest’ultima disciplina; in ogni caso, le prestazioni conseguenti non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2015. Con riferimento a questa disposizione, la relatrice suggerisce di valutare la congruità della limitazione ai casi di mobilità inerenti alla cessazione dell’attività lavorativa dell’azienda e ai casi di riconoscimento in via giudiziale del periodo di esposizione ultradecennale, nonché l’esigenza di chiarire se il beneficio riguardi anche le ipotesi in cui il periodo di esposizione ultradecennale si sia compiuto successivamente al 2 ottobre 2003.

La novella di cui al comma 87modifica la norma che esclude alcune fattispecie dall’ambito di applicazione delle riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici; la modifica ha effetto sui trattamenti pensionistici aventi decorrenza dal 1° gennaio 2015. La disciplina vigente esclude dall’applicazione delle riduzioni percentuali i trattamenti liquidati in favore di soggetti che maturino il previsto requisito di anzianità contributiva (attualmente pari a 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) entro il 31 dicembre 2017, qualora, ai fini del possesso del requisito, sia sufficiente l’anzianità contributiva derivante da prestazione effettiva di lavoro, periodi di astensione obbligatoria per maternità, assolvimento degli obblighi di leva, infortunio o malattia, periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria, astensione dal lavoro per la donazione di sangue e di emocomponenti, congedi parentali di maternità e paternità o con riferimento a persone con handicap in situazione di gravità. La novella sopprime le condizioni relative ai rapporti ed alle fattispecie sottostanti alla contribuzione, richiedendo soltanto che il requisito di anzianità contributiva sia maturato entro il 31 dicembre 2017. Al riguardo, la relatrice ritiene che, con riferimento alla limitazione della novella ai trattamenti pensionistici aventi decorrenza dal 1° gennaio 2015, potrebbe essere opportuno valutare le compatibilità con i profili costituzionali relativi al principio di parità di trattamento.

Il comma 88 riconosce ai datori di lavoro che abbiano assunto entro il 31 dicembre 2012 lavoratori licenziati da imprese con meno di 16 dipendenti ed iscritti nelle liste di mobilità gli sgravi contributivi vigenti con riferimento ai lavoratori iscritti nelle medesime liste. Il riconoscimento è operato nel limite massimo di 35.550.000 euro. La norma è intesa a definire i profili transitori relativi alla mancata proroga delle norme che, di anno in anno, estendevano il diritto all’iscrizione nelle liste a tali lavoratori; iscrizione da cui derivava l’applicazione degli sgravi contributivi per l’eventuale nuovo datore, senza l’attribuzione dell’indennità di mobilità per il lavoratore.

Il comma 90introduce uno sgravio contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato. Lo sgravio riguarda i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015. Con riferimento alla disposizione, la relatrice riterrebbe opportuno chiarire se lo sgravio sia riconosciuto anche per i contratti stipulati prima del 1° gennaio 2015, qualora prevedano la decorrenza dell’assunzione nel corso del 2015.Il beneficio consiste nell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, nel limite di 8.060 euro su base annua e per un periodo massimo di trentasei mesi. Il beneficio non è riconosciuto per i contratti di apprendistato, nonché nel settore agricolo ed in quello del lavoro domestico.

Il comma 91 dispone, con riferimento alle assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015, la soppressione dei benefici contributivi previsti dall’articolo 8, comma 9, della legge n. 407 del 1990 e successive modificazioni. Anche in tal caso, potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire la nozione di decorrenza dell’assunzione.Osserva inoltre che in questo caso, diversamente dal beneficio di cui al precedente comma 90, la soppressione è permanente.

I commi da 95 a 99prevedono, per ogni figlio nato o adottato nel periodo 1° gennaio 2015-31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo pari a 960 euro, erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione. Il riconoscimento del beneficio, nel testo come riformulato dalla Camera, è subordinato alla condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente l’assegno sia in una condizione economica corrispondente a un valore dell’ISEE non superiore a 25.000 euro annui; qualora esso sia pari o inferiore a 7.000 euro annui, la misura dell’assegno è attribuita in misura doppia. L’assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo – è corrisposto fino al compimento del terzo anno d’età, ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione, per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno, residenti in Italia.

Il comma 100riconosce, per il 2015, nel limite di 45 milioni di euro per il medesimo anno, al fine di contribuire alle spese per il mantenimento dei figli, buoni per l’acquisto di beni e servizi, in favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro ed aventi una situazione economica corrispondente ad un valore ISEE non superiore a 8.500 euro annui.

Il comma 101 istituisce nello stato di previsione del MEF un Fondo per interventi in favore della famiglia, conuna dotazione pari a 108 milioni di euro per il 2015. La Camera ha specificato che una quota pari a 100 milioni è riservata al rilancio del piano di sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, inteso al raggiungimento di determinati obiettivi di servizio, nelle more della definizione dei livelli essenziali delle relative prestazioni, ed una quota pari a 5 milioni è destinata al Fondo per l’efficientamento della filiera della produzione e dell’erogazione e per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica Italiana.

I successivi commi da 117 a 119 incrementano, rispettivamente, il Fondo per la cosiddetta carta acquisti ordinaria, la dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali  e quella del Fondo per le non autosufficienze. Lo stanziamento è destinato anche agli interventi a sostegno delle persone affette da SLA.

Il comma 21del successivo articolo 2 riconosce alla Commissione bicamerale di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale alcune funzioni di vigilanza sulla gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.A..

Il comma 54 dispone la soppressione sia della norma che autorizza il Ministero del lavoro ad integrare la dotazione organica del personale ispettivo sia di quella che limita al personale in possesso di specifiche professionalità compatibili con quelle di ispettore del lavoro o di ispettore tecnico l’applicazione del meccanismo generale vigente di assegnazione alle pubbliche amministrazioni che intendano bandire il concorso del personale collocato in disponibilità. Al riguardo, sotto il profilo formale, la relatrice riterrebbe opportuno limitare la norma di abrogazione ai soli primi tre periodi dell’articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 45 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014. Infatti, poiché la relazione tecnica allegata alla versione originaria del disegno di legge ricollega a tale abrogazione un risparmio di spesa, si intende che la riduzione di spesa di cui al successivo quarto periodo resti operante.

Il comma 55disponela soppressione delle prestazioni economiche accessorie, a carico dell’INPS e dell’INAIL, e relative agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Servizio sanitario nazionale.

Il comma 56 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, i trattamenti pensionistici e le prestazioni in favore degli invalidi civili corrisposti dall’INPS e le rendite vitalizie dell’INAIL, nei soli casi di beneficiari di più trattamenti, in assenza di cause ostative, siano erogati con un unico pagamento il giorno 10 di ciascun mese.

Il comma 57 introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2015, l’obbligo di segnalazione per via telematica all’INPS, da parte del medico necroscopo, dell’accertamento del decesso di un soggetto. A tale riguardo, la relatrice riterrebbe opportuno valutare i casi in cui sia impossibile rispettare il termine delle 48 ore dall’evento, in relazione, per esempio, al ritardo nella conoscenza del decesso.

Il comma 58concerne le modalità di pagamento delle prestazioni in denaro da parte dell’INPS per il periodo successivo al decesso dell’avente diritto. Si prevede, tra l’altro, che tale corresponsione, qualora eseguita su un conto corrente presso un istituto bancario o postale, si intenda operata con riserva.

I commi 61 e 62richiedono, a decorrere dal 2015, il versamento da parte dell’INPS e dell’INAIL all’entrata del bilancio dello Stato di determinate somme annue, in relazione ai risparmi di spesa di natura organizzativa o derivante da convenzioni. I commi da 63 a 66 operano invece modifiche alla disciplina degli istituti di patronato e di assistenza sociale, riducendo la misura del finanziamento statale. Tale finanziamento riguarda le attività e l’organizzazione di tali istituti relativamente al conseguimento, in Italia e all’estero, delle prestazioni in materia di previdenza e quiescenza obbligatorie e delle prestazioni di carattere socio-assistenziale, comprese quelle in materia di emigrazione ed immigrazione.

Le novelle di cui alle lettere a) e b) del comma 64 modificano i requisiti, ai fini del riconoscimento dell’istituto, relativi all’articolazione territoriale sia delle confederazioni o associazioni nazionali di lavoratori, sia dell’istituto stesso. I nuovi requisiti sembrerebbero applicarsi anche agli istituti già riconosciuti in via definitiva ed operanti, con decorrenza, in tal caso, dal 1° luglio 2015, in base alla novella di cui al successivo comma 65, lettera b); al riguardo, secondo la relatrice potrebbe essere ritenuto opportuno valutare l’esigenza di una formulazione più chiara di tale profilo transitorio, tenendo anche conto che questa novella concerne gli istituti già operanti alla data del 1° gennaio 2013.La novella di cui alla lettera c) del comma 64opera invece una riformulazione delle attività diverse da quelle rientranti nel finanziamento ordinario, che possono esser svolte dagli istituti di patronato e di assistenza sociale. Rispetto alla disciplina vigente, la relatrice segnala che la novella inserisce il riferimento all’attività di intermediazione in materia di lavoro ed alle attività di consulenza e trasmissione telematica di dati in materia di previdenza ed assistenza sociale, infortuni e malattie professionali.

Il comma 67 dispone invece una riduzione pari a 238 milioni di euro per il 2015 ed a 200 milioni annui a decorrere dal 2016 del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello.

La novella di cui al comma 68 modifica la disciplina degli obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria posti in capo agli operatori finanziari, prevedendo, tra l’altro, che le informazioni riguardo all’applicazione dell’ISEE siano integrate con il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.

Il comma 69 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,  l’individuazione delle iniziative di elevata utilità sociale, valutabili nell’ambito dei piani triennali di investimento dell’INAIL, da finanziare con l’impiego di quota parte delle somme detenute dall’Istituto presso la tesoreria centrale dello Stato.

I commi da 1 a 5 dell’articolo 3prevedono l’innalzamento di due aliquote, il primo – dall’11 per cento al 20 per cento – concernente l’aliquota dell’imposta sul risultato netto maturato dai fondi pensione; il secondo – dall’11 per cento al 17 per cento – riguardante l’aliquota sui redditi derivanti dalle rivalutazioni dei fondi per il trattamento di fine rapporto.

I successivi commi da 61 a 63concernono la misura del trattamento pensionistico. La novella di cui al comma 61 prevede che l’applicazione del sistema contributivo non possa determinare una misura complessiva del trattamento superiore a quella che sarebbe stata liquidata – sulla base dell’anzianità contributiva necessaria per la maturazione del diritto, maggiorata dell’eventuale periodo intercorrente tra la data di maturazione del diritto e la prima decorrenza possibile del trattamento – nel sistema retributivo integrale. In base al comma 62, la novella si applica anche ai trattamenti già liquidati. Il comma specifica altresì che la novella non determina alcuna modifica nel regime vigente dei termini temporali di attribuzione del TFR dei dipendenti pubblici. Il comma 63 prevede che le economie derivanti dall’applicazione della novella affluiscono in un apposito fondo, istituito presso l’INPS. Per l’individuazione di esse e per la definizione dei criteri e delle modalità di impiego delle risorse, si demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio, da emanarsi su proposta del Ministro del lavoro e di concerto con il Ministro dell’economia. Il successivo comma 71 riduce infine le risorse destinate ai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua.

Passando allo stato di previsione del Ministero del lavoro, la relatrice nota che, mentre il disegno di legge di bilancio conferma il livello tendenziale di spesa a legislazione vigente, gli elenchi e le tabelle del disegno di legge di stabilità recano numerose variazioni. In particolare, l’allegato 5riduce di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 lo stanziamento previsto per gli incentivi in favore dei datori di lavoro per la stabilizzazione (mediante il ricorso a contratti di lavoro subordinato) dei collaboratori a progetto, nel settore dei servizi di call center. L’allegato riduce altresì le risorse per il finanziamento delle azioni positive per la parità tra lavoratrici e lavoratori. L’allegato 6prevede poi una riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato agli enti ed organismi pubblici ivi elencati; per quanto riguarda lo stato di previsione del Ministero del lavoro, si dispone una riduzione di 500 migliaia di euro annui della spesa per il funzionamento dell’ISFOL. L’elenco 1 reca uno stanziamento di 100 milioni di euro annui per interventi di carattere sociale volti alla stipulazione di convenzioni con i comuni interessati alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili, con oneri a carico del bilancio comunale, nonché alla prosecuzione del finanziamento di progetti per servizi socialmente utili. La tabella D reca una riduzione di 1.700 migliaia di euro per il 2015 dello stanziamento relativo ai tirocini nelle amministrazioni statali.

Riguardo alla tabella B del disegno di legge di stabilità, la relatrice ricorda che essa costituisce un fondo per le spese in conto capitale, derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento. Gli accantonamenti del fondo sono articolati per Dicasteri, benché le risorse siano interamente iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Tale tabella B reca, per il Ministero del lavoro, un accantonamento pari a 32.753.000 euro annui, importo eguale a quello previsto, per il medesimo accantonamento, nel bilancio a legislazione vigente. Tale accantonamento è preordinato per la stabilizzazione dei lavoratori impiegati in ASU nella città di Napoli, ad eccezione di una quota destinata, secondo il disegno di legge A.S. n. 1629 (già approvato dalla Camera dei deputati e trasmesso al Senato), alla copertura del Fondo (ivi istituito) per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio.

Tanto premesso, la relatrice si riserva di sottoporre alla Commissione una proposta di rapporto alla Commissione Bilancio nel corso dell’intervento di replica.

 

         La presidente SPILABOTTE ringrazia la relatrice per l’ampia disamina e dichiara aperta la discussione generale.

 

         La senatrice BENCINI (Misto) interviene incidentalmente per chiedere un chiarimento in ordine all’estensione ai contratti part-time degli sgravi assegnati ai datori di lavoro per l’assunzione di dipendenti.

 

            La sottosegretaria BELLANOVA precisa che l’unica condizione è l’essere il contratto di lavoro stipulato a tempo indeterminato, fermo restando che lo sgravio sarà proporzionato all’orario della prestazione.

 

Il senatore SERAFINI (FI-PdL XVII) sottolinea l’opportunità di un raccordo con la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, al fine di approfondire i profili riguardanti i benefici disposti a favore dei lavoratori esposti all’amianto.

 

La presidente SPILABOTTE osserva che tale raccordo sarà senz’altro svolto dalla relatrice, la quale è altresì componente di tale Commissione. Annuncia che si sono nel frattempo iscritti a parlare in discussione generale, per la seduta di domani, i senatori CATALFO(M5S), ICHINO (SCpI), SERAFINI (FI-PdL XVII), D’ADDA (PD), LEPRI (PD), MUNERATO (LN-Aut), MANASSERO (PD), BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE) e PUGLIA (M5S). Propone altresì di fissare il termine per la scadenza di emendamenti e ordini del giorno, nei limiti già precedentemente chiariti, a domani, 10 dicembre, alle ore 12.

 

La Commissione concorda.

 

Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.

 

 

            La seduta termina alle ore 16.

 

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