‘Lavorare stanca' s'intitolava, molti decenni fa, un libro che non aveva niente a che fare con la sociologia né con la psicologia del lavoro, erano poesie. Si può essere tentati, oggi, di parafrasare quel titolo trasferendolo in tutt'altra epoca e mondo e aggiungendovi un punto interrogativo: concertare stanca? La tentazione viene dal quotidiano spettacolo che dà di se stessa la concertazione in atto fra il Governo di centrosinistra e le confederazioni sindacali. I suoi tempi, i suoi ritmi, i suoi riti (anche i suoi miti, o il suo mito, magari). La dilatazione della durata, il susseguirsi delle mosse tattiche, i retropensieri, l'alternarsi degli auspici e degli ammonimenti, le domande sempre le stesse come le risposte, le dichiarazioni di principio e la sovrabbondanza di retorica, la pioggia di parole ripetute tutti i giorni immutabilmente identiche.
E dopo tanta recitazione dei rispettivi ruoli, poco di risultati si vede, anche quello che fu scritto e firmato si rivela, al momento di metterlo in pratica, ambiguo per natura e oggetto di interpretazioni opposte, come indicano chiaramente l'esperienza del memorandum sul pubblico impiego, andato a sbattere contro la misura degli aumenti contrattuali, e quella del tavolo sulle pensioni, che avrebbe dovuto, c'era scritto nel documento, concludersi entro il 31 marzo, si è aperto qualche giorno fa e il ministro spera di chiudere il confronto entro giugno, ma non è affatto sicuro. Mentre le altre due sedi di concertazione (tutte e tre insieme comprendono praticamente l'intero scibile sociale) procedono con prudente, circospetta, burocratica lentezza.
Bene. Anzi male. Perché qui si può dare una prima, possibile e credibile risposta alla domanda iniziale, se concertare stanca. Si può rispondere sì, questa concertazione stanca quella che con termine inconsciamente spregiativo si usa chiamare la gente e che è meglio definire cittadini, insomma le persone cosiddette comuni. Una stanchezza che cresce sull'immagine e sull'idea di una specie di commedia tendente all'infinito e in definitiva inutile, che più dura e più perde senso, vuota di esiti concreti, separata dalla realtà della vita di ognuno, e accomuna sullo stesso piano di giudizio negativo il Governo, i partiti, i sindacati.
Se anche gli attori politici e gli attori sindacali sentano e soffrano il peso di una concertazione così prigioniera del proprio nome, e ne avvertano la stanchezza, non è dato sapere. Altrettanto ignoto se in campo sindacale s'incomincia ad avere qualche dubbio sul presente e sul futuro di una concertazione che sembra essersi gonfiata sopra se stessa, aver perduto in efficacia e in sostanza quel che ha guadagnato in estensione e in andamento liturgico, e per questa ragione a rischio di sterilità. Sarebbe interessante capire se per il sindacato essa rappresenta una strategia o un dogma, e utile spiegare ad alcuni sindacalisti che si tratta di due cose diverse.
Ma ad aggravare i problemi del ciclo di concertazione attualmente in corso è intervenuto il quadro politico. Le divisioni strategiche all'interno del Governo, il permanente conflitto fra le anime (come le chiamano) della maggioranza che lo sostiene, la perenne difficoltà di trovare una sintesi, lo scontrarsi giorno per giorno delle parole (mai zitti un giorno) e dei comportamenti, l'incrociarsi dei veti e dei ricatti. Tutto questo moltiplica la fatica e allunga fuor di misura i tempi per raggiungere risultati e rende sempre incerti quelli raggiunti. Inoltre, colpisce alla radice la logica stessa della concertazione, ne esaspera il contenuto e il significato politico, coinvolgendo direttamente il sindacato e trascinandolo dentro un groviglio di confronti e di polemiche politiche pieno di spine.
Per dire. Accade che il segretario di un partito ed un ministro vadano ai cancelli della Fiat per distribuire fra i lavoratori un volantino dove sono elencate le richieste del partito in materia di pensioni, salari, sanità, casa, tutti temi della concertazione. Accade che ascoltino le proteste e le critiche di quei metalmeccanici. Accade che il segretario affermi in risposta: "Non voteremo nulla che non corrisponda a quello che abbiamo scritto qui". Se il testo di un volantino di partito costituisce il limite invalicabile di un negoziato, allora grigio è il cielo sopra la concertazione, e volge al nero.
Leopoldo Meneghelli