Sono ancora troppi gli ostacoli e gli oneri che frenano il rilancio delle attività produttive e bloccano la competitività dei circa 4,4 milioni di micro e piccole imprese italiane. Dal fisco ‘zavorra’ alla burocrazia ‘lumaca’ fino al caro-bollette. A lanciare l’allarme è Confartigianato che ha presentato, in occasione dell’assemblea annuale, il Rapporto dell`Ufficio studi `Noi R-Esistiamo`. Dall’analisi emerge una fotografi di un habitat poco favorevole agli imprenditori che, nonostante tutto, si sforzano di uscire dalla crisi.
Il fisco è sempre il nemico numero uno: nel 2021 la pressione fiscale in Italia è superiore di 1 punto di Pil rispetto alla media dell`Eurozona. In pratica, paghiamo 17,8 miliardi di tasse in più rispetto alla media dell`Eurozona. E le complicazioni del fisco italiano, regolamentato da ben 800 norme vigenti in materia tributaria, costringono gli imprenditori a dedicare 238 ore l`anno per districarsi tra scadenze e adempimenti (56 ore in più rispetto alla media Ue). Tanto che siamo al 23esimo posto in Europa per i tempi della burocrazia fiscale. Sulla competitività delle nostre imprese pesa anche il cuneo fiscale sul costo del lavoro dipendente, pari al 46%, vale a dire 11,4 punti in più della media Ocse.
Il caro-bollette è un`altra zavorra sulle spalle degli imprenditori. Siamo i peggiori d`Europa per il costo dell`energia delle piccole imprese, superiore del 23% rispetto alla media dell`Eurozona. A gravare sui bilanci aziendali sono anche i prezzi delle materie prime non energetiche aumentati nell`ultimo anno del 35,2%: questi rincari nel 2021 costeranno 46,2 miliardi alle nostre piccole imprese della manifattura e delle costruzioni.
Nel 2021, secondo il rapporto di Confartigianato, l’Italia si colloca al quart`ultimo posto nell`Ue per la qualità dei servizi pubblici. Tanto è vero che per l`86% degli imprenditori italiani la complessità della burocrazia ostacola l`attività dell`azienda, una percentuale superiore di 28 punti rispetto al 58% della media Ue e che ci colloca al penultimo posto in Europa. Ci batte soltanto la Romania.
Ed è proprio la burocrazia a rallentare i tempi per realizzare le infrastrutture. In Italia occorrono in media 815 giorni, circa 2 anni e 3 mesi – vale a dire 7 mesi in più rispetto alla media europea – per completare l`iter di un appalto pubblico tipo come la riasfaltatura di 20 km di una strada a doppia corsia, senza lavori accessori né successivi all`esecuzione.
A farsi attendere è anche la giustizia civile: in Italia servono 527 giorni per concludere un procedimento civile di primo grado, a fronte dei 300 giorni registrati in media nell`Ue. Sul fronte dell`efficienza della pubblica amministrazione, Confartigianato mette in evidenza che soltanto il 15% dei Comuni italiani prevede l`avvio e la conclusione online dell`iter riguardante i permessi per costruire.
Nel frattempo gli Enti pubblici hanno accumulato un debito commerciale verso le imprese fornitrici di beni e servizi pari a 58 miliardi e il 59% dei Comuni italiani non salda le fatture entro i 30 giorni fissati dalla legge. Per quanto riguarda il peso del debito commerciale della P.A. sul Pil siamo al 3,1%, quasi il doppio rispetto all`1,6% dell`Ue.
Gli sforzi dei piccoli imprenditori per agganciare la ripresa sono ostacolati anche dal gap scuola-lavoro all`origine della carenza di manodopera qualificata: e così le aziende non riescono a trovare il 43,5% dei lavoratori specializzati necessari a mantenere elevata la qualità manifatturiera made in Italy.