Gli italiani, quasi 9 su 10, scelgono in quale quartiere vivere anche in base alla presenza di esercizi di prossimità, perché rafforzano le comunità (per il 64% degli intervistati), fanno sentire più sicure le persone (57%) e ritengono aumentino il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). Viceversa, la chiusura dei negozi preoccupa e intristisce i cittadini, soprattutto al Nord e nelle città di medie dimensioni. È quanto emerge da un’indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con Swg nell`ambito del progetto Cities che si occupa di contrasto alla desertificazione commerciale nelle città italiane e sviluppo del valore sociale delle economie di prossimità.
La presenza di esercizi commerciali nel luogo in cui si vive è, per gli italiani, l’elemento di maggiore soddisfazione e l`unico che riceve una valutazione sufficiente in tutte le aree del Paese e in tutte le tipologie di comuni, sia piccoli che grandi, in misura maggiore rispetto alla presenza di spazi verdi e di servizi pubblici, come scuole, ospedali, centri sportivi. La presenza dei negozi guida anche le preferenze insediative dei cittadini: per l’88%, infatti, è determinante nella scelta del quartiere nel quale vivere, mentre solo una persona su 10 preferisce vivere in una zona esclusivamente residenziale, senza servizi di prossimità. In termini di effetti sui valori immobiliari, secondo gli intervistati, uno stesso immobile potrebbe vedere crescere il proprio valore almeno del 20% quando collocato in una zona residenziale con molti negozi di prossimità, mentre in un quartiere dove sono in corso fenomeni di desertificazione commerciale potrebbe perderne il 15%.
Alle attività economiche di prossimità viene anche riconosciuto un valore sociale: per il 64% degli intervistati rappresenta soprattutto un`occasione di incontro che rafforza l`appartenenza alla comunità, ma anche un servizio attento alle persone fragili (59%), un presidio di sicurezza (57%), una garanzia di cura dello spazio pubblico (54%) e un facilitatore dell`integrazione (49%).
Dal punto di vista della desertificazione, i cittadini che percepiscono nel proprio quartiere questo fenomeno si equivalgono con coloro che rilevano una crescita delle attività (39%) e questo, secondo Confcommercio, è indicativo non solo di una dinamicità delle imprese del terziario di mercato ma anche di una geografia differenziata per merceologia, macroregioni e dimensioni dei comuni. Se al Nord i processi di desertificazione sono segnalati dal 43% degli abitanti, al Sud questo avviene per il 31% degli intervistati; le chiusure sono maggiormente percepite nelle città tra 100 e 250mila abitanti, meno in quelle tra 30 e 100 mila. Diversa è anche la percezione del fenomeno tra chi vive nei grandi e nei piccoli centri: per i primi desertificazione è sinonimo di aumento del degrado urbano, riduzione della qualità della vita e riduzione della sicurezza, per i secondi sta a indicare prevalentemente riduzione delle occasioni di lavoro, aumento del rischio di spopolamento e riduzione delle occasioni di socialità. A livello geografico, al Nord emergono con particolare forza i timori per un aumento del degrado e per il rischio di esclusione degli anziani, mentre al Sud prevalgono le preoccupazioni per i riflessi occupazionali e i rischi di spopolamento.
Secondo Confcommerciol`avanzamento della desertificazione commerciale, ovvero il calo o l’assenza di negozi tradizionali vicino alla propria abitazione, è uno dei motivi che spinge i cittadini a fare acquisti al di fuori del proprio quartiere: rispetto alla propria zona di residenza, infatti, per i negozi specializzati si avverte prevalentemente una diminuzione, come nel caso dei negozi di abbigliamento ed elettronica (46%) e dei servizi essenziali, tra cui gli alimentari (42%), solo i servizi per il tempo libero (tra cui bar e ristoranti) sono percepiti in aumento dal 43% degli intervistati. E in affetti se si guardano gli acquisti quotidiani, si nota che farmaci (64%) e tabacchi (59%) si comprano prevalentemente in esercizi vicini all`abitazione.
Invece abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione (60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%) sono una prerogativa di centri commerciali e grandi strutture distributive (megastore, outlet, ecc.) a discapito di esercizi commerciali in centro città dove quelle tipologie di beni registrano percentuali di acquisto tra il 2% e il 5%.
Alla percezione di un avanzamento della desertificazione si associa un sentimento negativo che spinge il 22% degli italiani a ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dovesse acuirsi; l`83% degli intervistati dichiara di provare un senso di tristezza di fronte alla chiusura dei negozi e il 74% ritiene che tale fenomeno incida negativamente sulla qualità di vita nella zona di residenza. Accanto a questa percezione c’è la consapevolezza della difficoltà di una loro riapertura: il 56% degli intervistati sostiene che difficilmente un negozio chiuso nel proprio quartiere verrà sostituito da un altro.
“Anche nell`era digitale i negozi di vicinato sono insostituibili: rendono le città più vivibili, più attrattive e più sicure. È necessario, però, contrastare la desertificazione che sta facendo scomparire molte attività commerciali. Occorre incentivare l`innovazione e sostenere la riqualificazione urbana attraverso un miglior utilizzo dei fondi europei”. Lo afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando l`indagine.