I contratti pirata nel settore del terziario e del turismo causano perdite per i lavoratori, comprimendone salari e tutele, e pesano anche sulle casse dello stato.
Secondo un sondaggio condotto da Ipsos per Confesercenti, per ogni lavoratore in dumping si stima un totale di oltre 8.200 euro di minori vantaggi.
“Stiamo parlando di quasi 1,5 miliardi di euro sottratti al sistema economico ogni anno, con un impatto rilevante anche per lo Stato: il minor gettito Irpef causato dai contratti in dumping – sottolinea Confesercenti – è di oltre 300 mln di euro, mentre il minor gettito contributivo è di quasi 450 milioni di euro”.
Confesercenti ricorda che nel solo settore del terziario e turismo, al 30 giugno di quest’anno, erano registrati al Cnel 210 di cui solo 10 – di cui 2 Confesercenti – siglati da Cgil, Cisl e Uil. I restanti 200 sono contratti a ‘minore tutela’, che coinvolgono tra i 160mila e 180mila lavoratori dipendenti.
“Si tratta di una stima conservativa” afferma ricordando che nel sondaggio Ipsos su un campione di 250 lavoratori del terziario, il 13% degli intervistati sostiene di non godere della quattordicesima, istituto presente solo nei contratti maggiormente rappresentativi.
“I contratti pirata causano perdite economiche dirette e indirette per i lavoratori, riducendo salari e benefici accessori”. In particolare, avendo come riferimento i 2 Ccnl firmati da Confesercenti nel settore Commercio e terziario e nel Turismo, ogni lavoratore in dumping perde il 26,5% di retribuzione, 1.150 euro di componenti contrattuali non retributive (ferie, riposi, permessi, ecc.), 1.000 euro di prestazioni sanitarie previste dalla bilateralità, 900 euro di prestazioni sociali e di welfare previste dalla bilateralità integrativa.
Per invertire la rotta, Confesercenti rilancia la proposta allargare la detassazione al 5% degli incrementi retributivi prevista dalla Legge di Bilancio per i contratti siglati nel 2025 anche ai Contratti di commercio e turismo firmati nel 2024, alle tranches di aumento del 2026 misura che metterebbe in tasca ai lavoratori oltre 148 milioni l’anno.
“Un beneficio che però deve essere riservato alle imprese che applicano contratti di qualità, firmati da organizzazioni realmente rappresentative, una scelta per premiare chi rispetta le regole, rafforzare la concorrenza leale e legare tra loro crescita dei salari, legalità e sviluppo del sistema produttivo” conclude.


























