La decisione di procedere per l’Ilva con la legge Marzano e l’amministrazione straordinaria porta ad un “definitivo spossessamento della proprietà, motivato dall’esigenza di far fronte a una situazione di presunta insolvenza”. Lo ha sottolineato in audizione in Senato in commissione Industria e Ambente sul caso Ilva, il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci per la quale “questa è la prima criticità sollevata dal provvedimento”.
“Tale scelta appare ancor più grave in assenza di un rinvio a giudizio degli imputati nei procedimenti penali aperti che riguardano la vicenda Ilva, senza considerare la posizione dei soci di minoranza, che non sono in alcun modo coinvolti nelle indagini – ha evidenziato – e che pure subiscono quello che di fatto appare come un vero e proprio esproprio senza indennizzo, in contrasto con i principi della nostra Costituzione e della stessa Convenzione europea dei diritti dell’uomo”.
Secondo Panucci “in questa situazione è concreto il rischio di andare incontro a lunghi contenziosi e ingenti richieste risarcitorie, i cui esiti potrebbero essere distruttivi per i destini dell’impresa”.
Confindustria ritiene che ci fossero i margini per una soluzione diversa dall’amministrazione straordinaria per il caso Ilva. Lo ha sottolineato il direttore generale, Marcella Panucci, in audizione in Senato alle commisioni Industria e Ambiente. Per la Panucci si sarebbe potuti arrivare ad una soluzione “in grado di affrontare il nodo delle risorse economiche necessarie al risanamento, evitando ulteriori ‘strappi’ all’ordinamento giuridico. Ci riferiamo alla possibilità, che pure sarebbe stata nella disponibilità dell’attuale Commissario, di procedere a un aumento di capitale, aperto a investitori pubblici e privati”.
Peraltro, ha spiegato la Panucci, questa era la soluzione prefigurata dal decreto “61 del giugno 2013, che affidava al commissario nominato ai sensi di quel provvedimento il potere e la responsabilità di aumentare il capitale sociale, anche escludendo il diritto di opzione in favore della proprietà.
Seguendo questo schema, sarebbe stato possibile immaginare forme di azionariato misto pubblico-privato, magari configurando per i vecchi azionisti modalità di partecipazione tali da non coinvolgerli attivamente nella gestione, in attesa degli sviluppi sul fronte giudiziario”.
Confindustria esprime “estrema preoccupazione” per i creditori di Ilva con l’avvio della “procedura concorsuale” con l’applicazione della legge Marzano modificata ad hoc per lo stabilimento tarantino. Secondo il dg di Confindustria Panucci “in assenza di nuove risorse e di tutele ad hoc” l’amministrazione straordinaria “scarica sui creditori una parte consistente dell’onere finanziario di risanamento. Ed è questo il secondo, ma non per importanza, punto di estrema preoccupazione per Confindustria”.
Ad oggi, sono stimati circa 600 milioni di euro di crediti vantati da imprese fornitrici nei confronti di Ilva. “Imprese – ha evidenziato – che rischiano di veder vanificate le rispettive posizioni creditorie, con effetti drammatici, a cascata, sull’intera economia e, in particolare, sul territorio tarantino”. “A questo proposito – ha ammonito la Panucci – stiamo ricevendo diffusi segnali di allarme provenienti sia da Taranto, dove si registra uno stato di forte agitazione, sia da numerose imprese dislocate sull’intero territorio nazionale”.
Per il direttore generale di Confindustria “la vicenda Ilva dimostra, ancora una volta, come i tempi irragionevoli dei procedimenti giudiziari e l’incertezza del diritto costituiscano un grave ostacolo al pieno dispiegarsi della libera iniziativa economica nel nostro paese e possano indurre il potere esecutivo a forzare la mano, violando alcuni principi basilari del nostro sistema costituzionale”.
Ilva – ha evidenziato – “rappresenta, oggi, una scommessa nazionale, in cui è in gioco da un lato la capacità competitiva del paese e, dall’altro, la concreta possibilità di far coesistere interessi primari, vale a dire la tutela dell’ambiente e della salute, con il mantenimento di una solida base industriale e la salvaguardia dei relativi posti di lavoro”.
“L’auspicio di Confindustria, che su questo non farà mancare il proprio contributo, è che tutti i soggetti coinvolti prendano esempio dal senso di responsabilità mostrato dalla Corte e sappiano trovare i punti di equilibrio necessari alla soluzione del problema”, ha concluso.

























