Elio Porino – Segretario Generale Uilca
La forte enfasi data nella piattaforma per il rinnovo del CCNL credito alla responsabilità sociale dell’impresa, al bilancio sociale e la stessa proliferazione di richieste di momenti di confronto bilaterale a cadenza annuale, rappresenta, in qualche modo, il tentativo di individuare una risposta alla questione della partecipazione dei lavoratori nel settore del credito.
Un tentativo di introdurre elementi di democrazia economica che sembra cercare una terza via tra l’esasperato economicismo delle ricette anglosassoni (che si traduce normalmente in forme di azionariato dei dipendenti) e l’eccessiva rigidità istituzionale connessa alla via tedesca, vera e propria forma classica di partecipazione strategica basata, a partire da una certa soglia di occupazione, sul dualismo degli organi collegiali aziendali.
La nobiltà dell’intento rischia di scontrarsi, tuttavia, con questioni non risolte e questioni non risolvibili aventi tutte attinenza alla distinzione del ruolo delle controparti nella dialettica volta alla composizione dei conflitti e alla soluzione dei problemi, distinzione che non esclude affatto un approccio concertativo, ma che non prevede, né può prevedere, un ruolo prescrittivo di una delle parti sui comportamenti di cui la responsabilità ai diversi livelli ricade esclusivamente sull’altra parte.
Tale ruolo, almeno nel nostro ordinamento, è riservato alle disposizioni legislative e normative, alle autorità di vigilanza che a vario titolo valutano i requisiti ed il comportamento degli operatori presenti nel mercato finanziario, mentre un ruolo di difesa degli interessi degli utenti è assegnato alle varie e numerose associazioni nate, a volte anche in ambito confederale, per tutelare appunto gli interessi del singolo quando entra in contatto con una banca, una SGR o una compagnia di assicurazioni.
Peraltro, il vivace dibattito in sede europea e in sede nazionale, in parte alimentato dalle vicende non solo italiane che hanno spinto autorevoli quotidiani finanziari a parlare esplicitamente di risparmio tradito, ha determinato i primi riconoscimenti di interlocutori attivi a questi organismi rappresentativi degli interessi degli utenti delle banche, delle finanziarie e delle compagnie di assicurazione.
Ciò non vuol dire che su tematiche a carattere generale quali il ruolo del credito nel Mezzogiorno, gli effetti di Basilea 2 sulla piccola e la media impresa, le barriere poste all’accesso al credito e via discorrendo, il sindacato di categoria, d’intesa con le Confederazioni, non debba trovare le sedi e gli strumenti per esprimere con forza la sua opinione e spingere perché si giunga alle soluzioni opportune, anche perché questo rappresenta appunto quell’approccio alto della concertazione che discende direttamente dal Protocollo del 23 luglio ’93.
Si tratterebbe, in questo caso, del contributo del sindacato operante nel settore del credito alle iniziative che le forze sindacali, le forze politiche, le associazioni degli utenti e le organizzazioni imprenditoriali decideranno, volta per volta, di mettere in piedi per affrontare queste tematiche di interesse dei cittadini e dell’economia.
Non vorrei, infatti, che un’errata interpretazione del titolo e di alcuni passaggi della piattaforma inducessero qualcuno a ritenere che sosteniamo una condivisione deresponsabilizzata di funzioni che sono proprie dell’imprenditore che continuerebbe a portarne, peraltro, in assenza di evoluzioni del quadro normativo e legislativo, tutte le responsabilità in sede penale e civile.
Per le stesse ragioni, non si è ritenuto in passato di confondere il ruolo delle rappresentanze sindacali aziendali o dei coordinamenti di gruppo con le associazioni rappresentative degli azionisti dipendenti, anche quando le azioni in possesso dei dipendenti erano il frutto di accordi o consultazioni con il sindacato e che prevedevano, a vario titolo, l’assegnazione di azioni ai dipendenti, né sono state esplicitamente appoggiate proposte che puntavano a privilegiare le associazioni degli azionisti dipendenti rispetto agli altri azionisti di minoranza.
La riaffermazione del nostro ruolo naturale di controparte prevede invece che in questa tornata contrattuale che fa seguito ad un rinnovo del 1999 che ha visto una profonda riscrittura della parte normativa, l’unificazione dei contratti ABI ed ACRI e l’adozione di un contratto unico per tutte le categorie, ad eccezione dei soli dirigenti, si punti a conseguire il rafforzamento delle intuizioni di allora, anche perché ci si trova di fronte al forte rischio di ritorno al passato insito nella piattaforma delle altre tre organizzazioni, un ritorno al passato che sembra trovare ascolto interessato nell’apparato tecnico dell’ABI e in quelle banche o gruppi che nel ’99 espressero le maggiori riserve sull’intesa che si andava profilando.
E’, quindi, necessario puntare al conseguimento di significativi risultati su alcuni punti qualificanti della piattaforma come:
· il rafforzamento dei diritti di informazione acquisiti nella precedente tornata contrattuale;
· una profonda revisione dei sistemi incentivanti che tanta parte hanno avuto nelle degenerazioni verificatesi nel rapporto con la clientela;
· il completamento della riforma dei quadri direttivi, con una più realistica individuazione dei ruoli chiave e la stabilizzazione salariale delle relative indennità;
· una maggiore omogeneità dei trattamenti nell’ambito della categoria dei quadri direttivi;
· un sistema di relazioni sindacali di gruppo che punti al superamento, ove non previsto da apposite previsioni di legge, della finzione della trattativa a livello delle singole aziende del gruppo;
· il conseguimento del significativo recupero salariale tabellare previsto in piattaforma.