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Cosa ci insegna la vertenza ITA

Luigi Marelli
Dicembre06/ 2021

La recente conclusione della vertenza ITA con la definizione di trattamenti retributivi, migliorativi di quelli indicati dal regolamento aziendale fino a quel momento applicato unilateralmente, di un premio di Risultato e di uno specifico protocollo di Relazioni Industriali meritano un’attenta riflessione, al di là del merito stesso degli accordi sottoscritti.

Una premessa è doverosa. Nel comparto dell’aviotrasporto non esiste un vero e proprio contratto collettivo nazionale per cui la regolamentazione normativa è affidata ai singoli contratti aziendali.

Ovviamente questa situazione ha determinato una tensione, o meglio, una distorsione competitiva tra le varie Società,  a cui l’articolo 203 del decreto “rilancio” del 2020 intenderebbe porre rimedio “I vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettate a concessioni, autorizzazioni o certificazioni previste dalla normativa EASA o dalla normativa nazionale nonché alla vigilanza dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) secondo le vigenti disposizioni, applicano ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE) 5 ottobre 2012 n. 965/2012, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.

Dico intenderebbe, perché tra il dire e il fare c’è di mezzo un lungo percorso relazionale a cui le organizzazioni sindacali dovrebbero, in ogni singola azienda del settore, dedicare una specifica obbligazione contrattuale, e magari le Confederazioni, in quanto tali, assumere un deciso orientamento in questa direzione. Mi spiego meglio: la legge non basta se non c’è una determinata e robusta contrattazione orientata al raggiungimento di quell’obiettivo.

Questa responsabilità è in capo alle OOSS per il semplice motivo che le singole aziende, comprese quelle low cost, non hanno alcun interesse a superare un evidente posizione di dumping sul costo del lavoro, inteso come retribuzione dei dipendenti.

In questo senso l’auspicio del Presidente di ITA di vincolare gli incentivi degli enti locali alle diverse compagnie aeree, all’applicazione di un CCNL di settore, potrà essere realizzato a condizione che quel contratto sia attrattivo e inclusivo per altre aziende.

La seconda lezione da trarre dall’accordo ITA è correlata al fatto che ITA non è, e non può essere, la prosecuzione della vicenda Alitalia. E’ stata definita una startup, quindi non può che segnare una discontinuità con quello che Alitalia è stata, anche dal punto normativo e relazionale.

Prima questo concetto verrà assimilato, nel comportamento delle rispettive controparti al tavolo negoziale, e prima questa azienda sarà in grado di competere sul mercato specifico.

La terza lezione è molto semplice: non si abbandona mai un tavolo di trattativa. In una recente intervista al Sole 24 ore, il Presidente risponde in questo modo, alla domanda del giornalista su come mai i sindacati abbiano accettato di riprendere il confronto negoziale “…. I tempi sono stati velocizzati dalle esigenze per fare l’alleanza. Ho detto ai sindacati che nella data room con il potenziale partner ci metto tutti i contratti dell’azienda. Quindi se non si fa un accordo ci metto il regolamento ed è permanente”.

La ripresa del confronto e del negoziato da parte delle organizzazioni sindacali è stata quindi opportuna e avveduta. Non sarebbe stato saggio lasciare alla controparte ogni aspetto regolatorio del rapporto di lavoro, soprattutto se questi aspetti inevitabilmente costituiscono oggetto di confronto per una eventuale alleanza societaria.

Il quarto insegnamento è intrinsecamente collegato al merito dell’intesa.

La stessa è stata definita del tutto coerente con la sfida di mantenere ITA competitiva sul mercato, in particolare la struttura del Premio di Risultato, come già da tempo realizzato in molte aziende, vede riconosciuti due parametri fondamentali l’EBTDA (ciò che si avvicina di più al Margine Operativo Lordo della gestione caratteristica aziendale) e un indice di misurazione del grado di soddisfazione del cliente. In particolare quest’ultimo indicatore pare sia stato inserito “per la prima volta” in un accordo aziendale, e già questo segna la discontinuità con la precedente gestione.

In buona sostanza la retribuzione sarà per circa il 15% del totale variabile, e collegata a specifici indicatori misurabili e controllabili. In questo senso essa diventa una delle leve per garantire la sostenibilità del progetto industriale.

Ultima lezione: l’accordo prevede l’introduzione per tutti i dipendenti di una forma di welfare aziendale comprendente un’assicurazione sanitaria per tutti i dipendenti. Sarebbe interessante che questa, magari insieme a un fondo di previdenza integrativa, costituisse l’ossatura intorno alla quale costruire un vero contratto collettivo nazionale di settore.

Luigi Marelli

Luigi Marelli