Sembrava che andasse male la preparazione della stagione contrattuale, in realtà il clima sta notevolmente peggiorando. Perché tutte le previsioni negative si stanno avverando, ma purtroppo i pochi spiragli che si sperava si sarebbero potuti aprire sembrano chiudersi inesorabilmente. Alla base di tutto questo peggioramento c’è, è naturale, l’accordo del 22 gennaio, tradotto in quello del 15 aprile per il comparto industriale. Cisl e Uil sono tenute ad attenersi a quelle disposizioni, la Cgil non le accetta. Di qui l’impossibilità di presentare piattaforme unitarie.
Non tutte le speranze sono perse, tessili ed edili stanno ancora cercando di trovare un accordo che consenta la firma comune sotto una piattaforma rivendicativa, ma le speranze che si giunga a un tale accordo si stanno riducendo ogni giorno. Altri settori in cui si sperava che le cose andassero meglio, quello dei chimici per esempio, con la loro tradizione di buone pratiche, hanno già dichiarato forfait.
La situazione più difficile è quella dei metalmeccanici. Perché la Fiom ha trovato l’unanimità di tutta l’assemblea, oltre 500 persone, su una piattaforme che si riferisce al solo biennio economico, laddove Fim e Uilm hanno invece chiesto un contratto triennale, come era stato deciso e come, del resto, anche la Cgil aveva pensato di fare con il documento unitario dell’inverno dello scorso anno.
Federmeccanica si troverà così a gestire una difficoltà in più, ma Pier Luigi Ceccardi, il presidente, ha già messo le mani avanti nel corso della sua assemblea annuale, affermando che le difficoltà economiche del settore impongono a tutti un comportamento coerente, anticipando che così farà lui. In altre parole, è evidente che per questo comparto si andrà a un accordo separato e anche in tempi brevi dal momento che non esistono molte distanze tra le richieste di Fim e Uilm e quanto Federmeccanica potrebbe essere disposta a concedere.
Il problema sarà la gestione del dopo accordo, perché l’unità della Fiom fa credere che si andrà a un braccio di ferro molto duro, fatto, come al solito, di precontratti guadagnati azienda per azienda. Quelle dove la Fiom è in maggioranza, e sono tante, avranno i loro dispiaceri. Va bene che la congiuntura negativa non aiuta la Fiom, perché si sta combattendo per far sopravvivere le imprese e salvare i posti di lavoro, ma lo scontro è duro, tanto più se dietro c’è un’ideologia. Alcune associazioni territoriali stanno già cercando loro difese per reggere l’urto, ma è evidente che la situazione sarà difficile. Il fatto che Guglielmo Epifani minacci un inverno di lotta anche per la politica economica del governo non fa che peggiorare un quadro già così fosco.
Una prospettiva difficile, che getta ombre scure sul futuro del sindacato, perché è evidente che tutto ciò si tradurrà in un indebolimento, da un altro lato del contratto nazionale, e sarebbe un male monore, dall’altro del sindacato confederale. Non è solo che uniti si vince, mentre separati si è tutti più deboli. Qui potrebbe avvenire un appannamento generale del sindacalismo confederale e questo significherebbe la perdita di un pilastro di democrazia, che è servito al Paese a passare momenti difficili.
1° LUGLIO 2009
Massimo Mascini
























