L’Unione europea del 2023, che è riuscita a sopravvivere a due gravi crisi finanziarie, una devastante pandemia e una terribile guerra alle sue porte, non esisterebbe senza Jacques Delors. Spentosi nel sonno nella sua casa di Parigi a 98 anni, dal 1985 al 1995 fu il regista della più straordinaria stagione di crescita della Comunità europea, trasformandola in Unione e proiettandola verso la moneta unica e l’allargamento a Est.
Già ministro delle Finanze nella Francia del presidente François Mitterrand, Delors da giovane aveva cominciato la sua carriera nella Banca di Francia e nel sindacato, approdando poi nel Partito socialista, malgrado fosse – cosa molto rara nel partito – dichiaratamente cattolico e praticante. Diventò presidente della Commissione europea nel gennaio del 1985, e la trasformò per sempre. Con lui, quella che era un’istituzione tecnocratica che agiva quasi dietro le quinte divenne il centro propulsore di una politica continentale che si affiancava e sovrapponeva sempre più a quella dei grandi paesi europei.
La visione di Delors era quella di un’Europa liberale ma anche sociale: completò il Mercato unico, rimuovendo le barriere anche alla circolazione dei capitali; creò l’Unione con il trattato di Maastricht, iniziando il cammino verso la moneta unica e prefigurando un’unione più politica; potenziò la redistribuzione della ricchezza fra gli Stati, attraverso i fondi di coesione europei; pensò per primo una politica delle infrastrutture transeuropee, che doveva servire da stimolo economico per il continente; lanciò il programma universitario Erasmus, grazie al quale l’integrazione della gioventù europea diventò una realtà concreta.
Certo, Delors non fece tutto questo da solo: su molti dossier poteva contare sull’appoggio della Francia di Mitterrand, una potenza continentale. Ma suo fu il merito politico di saper vedere, al di là della sua nazionalità e contro lo scetticismo dello stesso Mitterrand e di Margareth Thatcher, la necessità storica della riunificazione tedesca, cementando un forte rapporto anche personale con il cancelliere Helmut Kohl. Per la prima volta il capo della Commissione sedeva e partecipava nei consessi europei e internazionali, come un grande della Terra.
La scomparsa di Delors rattrista tutto il mondo del lavoro e la nostra Organizzazione a cui lo legava l’amicizia con Bruno Trentin. Rattrista chi ha creduto fortemente in un’idea di Unione Europea sociale”. Così il segretario della Cgil, Maurizio Landini, commenta la scomparsa di Jacques Delors.
“In qualità di Presidente della Commissione Europea – aggiunge il leader della Cgil – Jacques Delors ha rappresentato il nostro modello di europeismo sensibile ai valori della solidarietà, attraverso l’investimento sulle persone e sulla loro intelligenza, come fatto col trattato di Lisbona del 2007, che si ispira ampiamente al suo lavoro. Obiettivi e impegni che purtroppo non sono stati realizzati. A chi continua a sposare il suo pensiero – conclude Landini – il compito di portare avanti questi ideali”.
E.G.