E’ in corso un intenso dibattito sul rapporto tra sviluppo tecnologico e lavoro e, di conseguenza, su come cambieranno i modi di lavorare e con quali effetti sui lavoratori, sui processi, sugli assetti organizzativi delle imprese e sul modo in cui le parti sociali possono dare il loro contributo.
La discussione non può ritenersi completa e rischia di restare soffocata dalle diverse angolazioni da cui si osserva il fenomeno, se non si amplia la visuale rispetto al più generale rapporto tra lavoro e sviluppo digitale. Questo è un dato su cui tutto il sistema produttivo dovrà confrontarsi, ma che per alcuni comparti industriali come quello delle TLC è già un tema dell’oggi. Infatti la filiera delle TLC, infrastruttura abilitante dello sviluppo dell’economia digitale, si trova essa stessa al centro di un profondo processo di trasformazione con importanti impatti sull’organizzazione, sulle modalità di svolgimento e sui contenuti del lavoro. Per questo stiamo lavorando, al fine di promuovere la trasformazione digitale e gestirne opportunamente le implicazioni, per portare un reale cambiamento, sia a beneficio della competitività delle imprese, che dello sviluppo del capitale umano, sia per preservare l’occupabilità delle persone e prevenire conseguenze sfavorevoli di ordine sociale del cambiamento strutturale in corso.
Il punto è che il contesto normativo e contrattuale che regola i rapporti di lavoro in Italia è ancora – fondamentalmente – il risultato della tradizione imprenditoriale manifatturiera del paese; di conseguenza, gli strumenti di cui disponiamo per gestire la trasformazione digitale devono essere implementati. Abbiamo dunque una opportunità da cogliere, se tutti gli attori interessati (istituzioni, imprese, e sindacati), correttamente indirizzati, collaboreranno per colmare questa carenza, lavorando insieme.
Proprio alla luce dei nuovi scenari che si stanno aprendo, anche in virtù di Industria 4.0, nello scorso giugno Asstel ha sottoscritto un Protocollo di intesa con l’Anpal, al quale sta seguendo l’implementazione di un piano operativo. L’obiettivo è consentire alla filiera TLC di dotarsi di nuove competenze e, allo stesso tempo, di evitare l’obsolescenza professionale dei lavoratori più maturi ricorrendo a processi di trasformazione professionale.
Lungo questo asse il sistema delle relazioni industriali – basato su regole certe, arginando, così, anche i rischi concreti di “dumping contrattuale” – può dimostrare la sua capacità di supportare i processi settoriali e aziendali verso condizioni di competitività tali da rafforzare il sistema produttivo e consentire lo sviluppo di occupabilità e rioccupabilità sostenibile, anche grazie a modelli innovativi di Welfare.
Sulla base di queste riflessioni lo scorso 23 novembre Asstel ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali di categoria Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, un Accordo di programma per il rinnovo del ccnl TLC che, nel riconoscere e riconfermare la validità e il ruolo del contratto collettivo nazionale di categoria quale strumento di regolazione generale del lavoro e del livello dei trattamenti economici minimi di garanzia, ha l’obiettivo principale di favorire lo sviluppo e la diffusione della contrattazione di secondo livello. Solo tale livello di contrattazione, infatti, può rispondere pienamente alle esigenze di flessibilità connesse ai diversificati contesti organizzativi delle imprese e consentire uno scambio virtuoso tra efficienza/produttività e retribuzioni, coniugando incrementi di produttività misurabili e quote di salario.
Una sintesi efficacissima di questi aspetti è rappresentata dall’Accordo interconfederale del 9 marzo 2018, che mette al centro lo sviluppo di un sistema di relazioni industriali costruito su linee condivise che delineano gli assetti della contrattazione collettiva e capace di individuare temi prioritari sui quali sviluppare specifiche progettualità. Chiaramente, perché l’Accordo possa esplicare in pieno i propri effetti positivi sul sistema delle relazioni industriali, sarà necessario il giusto grado di coerenza da parte di tutti nel momento in cui saremo chiamati a tradurne i contenuti all’interno dei ccnl, a cominciare dal nostro.
In conclusione: non c’è dubbio che il digitale è destinato a produrre un importante cambiamento nel concetto di lavoro, spingendoci a trovare nuovi equilibri fra l’occupazione, l’occupabilità delle persone, la creazione e la ridistribuzione della ricchezza, l’inclusione economica e sociale.
Ripensare al tradizionale modello del lavoro rappresenta un passaggio cruciale, su temi quali, per esempio, l’orario di lavoro e la remunerazione della prestazione da commisurare anche rispetto al risultato raggiunto. Questa è probabilmente la sfida più ambiziosa che, come parti sociali, abbiamo di fronte; tutti ci dobbiamo mettere in gioco per esplorare territori inediti, con l’obiettivo di costruire orizzonti nuovi.
Questo è il compito che ci spetta e che deve essere affrontato con spirito aperto e costruttivo verso le novità. Solo percorrendo questa strada potremo accompagnare, spostando sempre più avanti la frontiera, il processo di trasformazione dell’economia, del lavoro e della società nella quale viviamo.
Laura di Raimondo