La maggioranza ha votato contro un emendamento al decreto dignità, presentato da Leu, che prevedeva la reintroduzione dell’articolo 18. La proposta di modifica ha ottenuto in Aula della Camera i soli voti favorevoli del gruppo Liberi e Uguali, 317 voti contrari e 191 astensioni.
Risultato si potrebbe dire scontato, ma che costa al Movimento Cinque Stelle una discreta brutta figura, avendo spesso sostenuto che, una volta al governo, avrebbero ripristinato l’articolo della legge 300 cancellato dal Jobs Act contro la volontà dei sindacati, e in particolare della Cgil, che sull’art 18 aveva indetto anche un referendum, poi non ammesso dalla Consulta.
Infatti, Guglielmo Epifani, ex leader Cgil e oggi parlamentare di Leu e autore dell’emendamento, afferma: “una occasione persa, che poteva dare veramente dignità ai lavoratori. È necessario tornare a difendere meglio la dignità dei lavoratori che vengono licenziati in modo illegittimo. E sicuramente il cosiddetto Dl Dignità non lo fa”.
Critiche, e anche irrisioni, arrivano dal Pd. Alessia Morani, della presidenza del gruppo Pd alla Camera, commenta: “questo è il governo del cambiamento di idea. Il governo ha cambiato idea su Jobs act, voucher e reddito di cittadinanza”.
“Quando – spiega Morani – una delle opposizioni ha proposto il ripristino dell’art.18, e quindi il superamento dell’impianto della nostra riforma, questa maggioranza, la stessa che in altri momenti ha dichiarato che avrebbe ripristinato l’art. 18, e in particolare il ministro Di Maio, ha votato in senso contrario”.
Per la parlamentare Pd, il governo Giallo verde sta sposando di fatto tutta la linea del Jobs Act, confermando non solo il contratto a tutele crescenti ma anche quella gli incentivi introdotti dall’ultimo governo Gentiloni. Quanto ai voucher, pur con un nome diverso, vengono reintrodotti: “Lo stesso strumento -sottolinea Morani -che il ministro Di Maio definì una ‘forma di schiavismo, una umiliazione per i lavoratori”.
Imbarazzata la replica dei 5Stelle, affidata a Davide Tripodi, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera e relatore del Dl dignità, che si limita a rimbalzare la palla nel campo avversario: “La polemica del Pd sull’art. 18 è simbolo dell’ipocrisia di un centrosinistra che prima ha massacrato i lavoratori e ora critica il decreto dignità. Non accettiamo le critiche da chi ha massacrato il mercato del lavoro e ha votato in parlamento il Jobs Act che abrogava l’art 18. ”.
E tuttavia, resta che quando si è trattato di reintrodurre l’articolo che impediva i licenziamenti, è stato proprio il Movimento 5 stelle a votare contro.

























