Cambiare il dl Rilancio per poter tutelare, con l’estensione della Cassa integrazione Covid, anche gli occupati nella ristorazione collettiva e nelle mense scolastiche. A chiederlo i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs insieme alle associazioni imprenditoriali Angem e Alleanza delle Cooperative Italiane, firmatarie della contrattazione nazionale di settore, che hanno presentato, al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e ai ministri del Lavoro e dell’Istruzione, Nunzia Catalfo e Lucia Azzolina, una proposta di modifica al dl Rilancio.
La ristorazione collettiva, si ricorda in una nota, vale 6,5 miliardi di euro di fatturato e 1,5 miliardi di pasti all’anno e a “pieno titolo” vi “rientrano anche i 39mila addetti alle mense scolastiche e i circa 13mila addetti delle mense aziendali prevalentemente gestite in appalto”.
La richiesta congiunta punta sull’estensione del numero delle settimane previste dal decreto con la copertura dell’ammortizzatore sociale “per una durata massima di 27 settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020”. La proposta, sottolineano le parti sociali nella missiva trasmessa alle Istituzioni “si rende ancor più necessaria per le mense aziendali che non dispongono di un ammortizzatore ordinario se l’azienda committente non attiva la Cassa integrazione per il personale diretto, prevedendo una condizionalità tra il ricorso agli ammortizzatori sociali dell’appaltatore e del committente che lascia senza tutele i circa 13 mila lavoratrici e lavoratori delle mense aziendali”.
La proposta di modifica delle Parti Sociali suggerisce di ricondurre l’inquadramento del comparto mense e ristorazione collettiva e commerciale “nella filiera del turismo – così come definito nella contrattazione nazionale di settore siglata dalle associazioni comparativamente maggiormente rappresentative – in modo tale da estendere i benefici previsti dal provvedimento in termini di utilizzo degli ammortizzatori sociali in deroga con le ulteriori 9 settimane previste, in aggiunta alle 9 settimane contemplate dal Decreto Cura Italia”.
Le richieste erano già state avanzate dai sindacati nelle scorse settimane al tavolo convocato in modalità videoconferenza prima con i ministri dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole e Forestali Patuanelli e Bellanova per poi approdare al ministero del Lavoro con il ministro Catalfo. “Abbiamo anche sollecitato l`attivazione da parte dei ministeri dell’Istruzione e dell’Università e Ricerca di un tavolo di confronto per la definizione del programma di attività didattica per l`anno 2020/21 nonchè sulle modalità organizzative per la ripresa in sicurezza e in presenza”, ha sottolineato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Fabrizio Ferrari.
“Il settore della ristorazione ha pesantemente subìto gli effetti della crisi pandemica con il drastico calo del 50% delle attività nelle sole aziende industriali e del terziario e un notevole danno economico determinato dalla contrazione delle attività in ambito pubblico nelle scuole e privato con la chiusura temporanea, lo smartworking e l`accesso agli ammortizzatori sociali e, anche quando si è dovuta garantire la continuità del servizio, questo si è tradotto con minori volumi e aggravi organizzativi”, ha aggiunto Ferrari. Per il sindacalista “solo l`adozione di un intervento tempestivo può consentire di tutelare l’occupazione e scongiurare la perdita di posti di lavoro nel settore della ristorazione caratterizzata anche da contratti di lavoro a tempo parziale ciclico per nove mesi l’anno, con l’evidente discriminazione previdenziale rispetto il mancato riconoscimento dell’anzianità contributiva per tutte le 52 settimane dell’anno”.
“Terminata l’emergenza – ha concluso – sarà necessario ricondurre la discussione sulla ristorazione collettiva ad una riforma complessiva e strutturale da individuare nell’ambito della Legge di Bilancio dove orientare capitoli e risorse ad hoc a sostegno del comparto”.
E.G.



























