In Italia, contrariamente alla credenza che vorrebbe il paese assediato e “invaso” dagli stranieri, al netto dei movimenti interni il numero degli immigrati è pressoché stabile intorno ai 5 milioni dal 2013. Lo si legge nel Dossier Statistico Immigrazione 2018 che sta per essere presentato a Roma e in contemporanea in tutte le Regioni e le Province Autonome italiane.
Aggiungendo ai residenti stranieri la quota di immigrati che, alla data della rilevazione, non erano ancora iscritti nelle anagrafi, IDOS stima in 5.333.000 il numero effettivo di cittadini stranieri regolarmente presenti in Italia, 26.000 in meno rispetto alla stima del 2016.
La loro incidenza è nell`ordine dell`8% sempre dal 2013, aumenta di pochissimi decimali l`anno, soprattutto a causa della diminuzione della popolazione italiana, sempre più anziana (gli ultra 65enni sono 1 ogni 4, mentre tra gli stranieri 1 ogni 25), meno feconda (1,27 figli per donna fertile, contro 1,97 tra le straniere) e tornata a emigrare verso l`estero (quasi 115.000 espatriati ufficiali nel corso del 2017: un dato sottodimensionato se si considera che molti, nel trasferirsi all`estero, trascurano di effettuare la cancellazione anagrafica, non essendo obbligatoria).
In realtà nell`Ue a 28 Stati, dove – in base agli ultimi dati Eurostat al 1° gennaio 2017 – i cittadini stranieri sono 38,6 milioni (di cui 21,6 non comunitari) e incidono per il 7,5% sulla popolazione complessiva, l`Italia non è né il paese con il numero più alto di immigrati né quello che ospita più rifugiati e richiedenti asilo. Con circa 5 milioni di residenti stranieri (5.144.000 a fine 2017, secondo l`Istat), viene dopo la Germania, che ne conta 9,2 milioni, e il Regno Unito, con 6,1 milioni, mentre supera di poco la Francia (4,6 milioni) e la Spagna (4,4).
Anche l`incidenza sulla popolazione complessiva, pari all`8,5% (dato Istat), risulta più bassa di quella di Germania (11,2%), Regno Unito (9,2%) e diversi altri paesi più piccoli dell`Unione, dove i valori superano anche in maniera consistente il 10% (Cipro 16,4%, Austria 15,2%, Belgio 11,9% e Irlanda 11,8%). L`incidenza più alta si registra nel Lussemburgo, dove gli stranieri sono quasi la metà di tutti i residenti (47,6%). Lo stesso Eurostat rileva che il numero degli immigrati entrati in un paese Ue nel corso del 2016 (ultimo anno disponibile), pari a circa 4,3 milioni, è stato inferiore dell`8% rispetto all`anno precedente, mentre sono state circa 3 milioni le persone che nel frattempo hanno lasciato un paese comunitario (diverse delle quali per trasferirsi comunque all`interno dell`Unione).
Quanto alla radicale riduzione degli arrivi negli ultimi mesi, essa è stata ottenuta pure a prezzo di un aumento vertiginoso dei morti in mare: secondo l`Oim, tra gennaio e settembre 2018 ben 1.728 in tutto il Mediterraneo, di cui 3 su 4 (1.260) nella sola rotta tra Libia e Italia, anche a causa della diminuita capacità di ricerca e soccorso in mare provocata dalla delegittimazione ed esclusione delle navi di Ong impegnate in tali operazioni (ad esse era dovuto circa il 35% dei salvataggi). L`Oim calcola che, su complessivi 40.000 migranti deceduti in mare in tutto il mondo dal 2000 ad oggi, quelli morti nella rotta italo-libica siano ben 22.400.
Un dato, commenta il dossier, che rende ancora più prezioso il progetto pilota dei corridoi umanitari, avviato in Italia da Comunità di Sant`Egidio, Federazione delle Chiede Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, in intesa con i Ministeri dell`Interno e degli Affari Esteri, portando in Italia dal Libano, in modo sicuro e protetto, 1.249 richiedenti asilo (dato al luglio 2018), di varia nazionalità (siriani, palestinesi, iracheni, yemeniti).
Nel giugno 2017 circa il 70% aveva ottenuto lo status di rifugiato e nessuna domanda si era risolta con un diniego. Anche la Cei, ancora in collaborazione con la Comunità di Sant`Egidio e i suddetti Ministeri, ha aperto un corridoio umanitario in Etiopia: a giugno 2018 erano 327 i profughi accolti, sui 500 previsti in 2 anni. Intanto questo modello italiano è stato ripreso prima dalla Francia e poi dal Belgio.
Il Rapporto è redatto dal Centro Studi e Ricerche IDOS in partenariato con il Centro Studi Confronti e con la collaborazione di UNAR e il sostegno del fondo Otto per Mille della Tavola valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi.



























