Il XIII° congresso della Cisl Lombardia ha riconfermato Ugo Duci alla guida della confederazione. Il post pandemia, afferma, si ricostruisce con un Pnrr il più possibile partecipato e condiviso, e le conseguenze del conflitto ucraino possono creare un mix esplosivo per lavoratori e imprese.
Duci, il congresso arriva dopo oltre due anni di pandemia. Che eredità sta lasciando il covid?
La pandemia ci sta lasciando una triste eredità, fatta di un tessuto produttivo e sociali sfilacciato e debole, e un welfare che, nonostante le eccellenze ospedaliere della nostra regione, si è dimostrato impreparato al covid. È mancato, non solo da noi ovviamente, un piano pandemico aggiornato e abbiamo purtroppo riscontrato l’assenza della medicina territoriale e di prossimità. Nel mercato del lavoro della locomotiva d’Italia sono emerse forti sacche di precariato e di diseguaglianza, e non possiamo dimenticare come nei primi mesi della pandemia Confindustria e altre rappresentanze datoriali hanno anteposto la produzione alla tutela della salute dei lavoratori. Infine la dad ha evidenziato la disparità, tra famiglia e famiglia, nell’accesso alla formazione dei figli.
Come si guarda al futuro?
La grande sfida per il futuro si chiama Pnrr. Quello che abbiamo chiesto alla regione, ai presidenti di provincia e ai sindaci delle principali città lombarde è la strutturazione di una governance condivisa nella gestione di queste risorse, che come prima cosa devono creare buona occupazione. La nostra richiesta è che per ogni voce di spesa e ogni progetto si possa quantificare l’impatto occupazionale, garantendo la salute e la sicurezza dei lavoratori e salari adeguati al costo della vita.
Che effetti sta avendo il conflitto ucraino?
La Lombardia è la prima regione per export verso la Russia e gli effetti del conflitto si fanno sentire, assieme a un peggioramento generale dell’economia italiana. L’incremento del costo dei beni energetici e sta pesando come un macigno sulle imprese e sulle famiglie, che devono fare i conti anche con la perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione. Insieme al presidente della Regione, Attilio Fontana, abbiamo chiesto al governo e quindi anche all’Europa di rimodulare il Pnrr. Ci sono alcune missioni che oggi non sono più così urgenti, e quindi è bene rivederle.
Ritiene plausibile un embargo totale al gas russo?
La prima cosa è fermare la guerra e le atrocità che stanno colpendo il popolo ucraino, e per far questo bisogna fermare Putin con tutti gli strumenti a nostra disposizione. L’embargo al gas russo è uno scenario che dobbiamo valutare con grande discernimento. Ovviamente non possiamo pensare di paralizzare il sistema produttivo, ma possiamo benissimo fare qualche sacrificio nel privato, eliminando i consumi superflui, per il bene della pace.
Il premier Draghi ha parlato della necessità di un percorso unitario delle forze politiche per affrontare questo delicato passaggio, e dopo l’incontro con l’esecutivo la Cisl si è detta disponibile a un patto sociale per il paese. Ci sono le condizioni?
La situazione economica e sociale che stiamo vivendo è molto peggiore di quella del 1993, quando le forze sociali definirono con il governo Ciampi un nuovo patto sociale per il paese. Quindi il bisogno di una nuova unità d’intenti è più forte che mai. La Cisl lo ha sempre sostenuto. Chiaramente sindacati e imprese devono ripensare le proprie logiche di azione per affrontare i cambiamenti irreversibili portati dalla pandemia. Dal nostro congresso abbiamo voluto lanciare il “nostro PNRR”, che deve fondarsi sulla partecipazione di cittadini e lavoratori alle scelte che dobbiamo compiere per governare queste trasformazioni; sulla negoziazione, perché senza di essa c’è solo il conflitto; sulla rappresentanza, ossia sul coinvolgimento dei corpi intermedi che tutelano gli interessi di lavoratori e imprese; e sulla responsabilità, perché se dovesse mancare alla politica e alle forze sociali in un momento così delicato, difficilmente si potrebbe immaginare un futuro per il nostro paese.
Tommaso Nutarelli