I rapporti tra Fiom e Cgil sono sempre stati difficili, ma adesso si rischia di arrivare a un punto di rottura. Fausto Durante, leader della minoranza dei metalmeccanici Cgil, teme lo scontro che si avvicina. L’accentuare il carattere movimentista della Fiom, la voglia di sfidare la confederazione sul piano della rappresentanza, potrebbe essere a suo avviso una miscela difficile da portare avanti.
Durante, dove sta andando la Fiom?
In una prospettiva nella quale il ruolo tradizionale di sindacato contrattuale rischia di scolorire a causa del prevalere della dimensione di soggetto politico. Riesce ad avere una grande visibilità, alla quale però fa poi riscontro una scarsezza di risultati contrattuali.
Questa però non è una novità per la Fiom.
Il punto di svolta venne con il convegno di Maratea, voluto da Claudio Sabattini. Da allora la Fiom ha assunto un carattere sempre più movimentista, imperniato sul concetto di indipendenza, qualcosa in più dell’autonomia, una vera alterità rispetto alla cultura della Cgil.
E recentemente c’è stata un’accelerazione.
Sì, per due fattori soprattutto. Innanzitutto per il vuoto di rappresentanza che si è verificato dopo l’uscita dal Parlamento della sinistra radicale, poi per l’interesse che per la Fiom hanno avuto intellettuali, politici, conduttori televisivi, che hanno avuto tutto l’interesse ad associare il loro nome a un marchio di successo come quello Fiom.
Ha pesato un’indubbia capacità di Maurizio Landini.
E’ fuori dubbio, parliamo di un gran comunicatore, molto efficace, che ha sfruttato questa sua qualità per riportare al centro della scena la parte più debole della società, per la quale è apparso come un paladino.
Ha avuto un grande successo in questi ultimi mesi.
Certamente nella pubblica opinione.
E tra i lavoratori?
Landini è oggi il sindacalista più popolare in Italia, ma la gente non si limita a guardare la Tv o a leggere i giornali, è anche attenta ai risultati che si portano a casa. Percepisco un’opinione diffusa, non tra gli iscritti, per i quali lui è il Capo, ma tra la massa dei metalmeccanici, per cui si comincia a guardare la cosa in maniera differente. Gli riconoscono capacità mediatica, presenza, sono tutti fieri che li difenda, ma poi vorrebbero qualcosa di più tangibile, di più vicino alla loro condizione. Alla fine, la Fiom non firma gli accordi e il padrone è sempre il padrone.
Le tessere stanno calando?
Il dato è stabile, sui livelli degli anni precedenti. Non c’è stata un’esplosione, ma nemmeno un crollo, che pure, in assenza di risultati concreti, era possibile. Nelle elezioni delle Rsu la Fiom va bene, sempre perché le presenze in Tv pagano.
Ma la Fiom non è solo movimento. Fa accordi in tutto il paese, con aziende grandi e piccole.
Sì, è vero, lo so bene. Ma il gruppo dirigente della Fiom è vittima della sindrome Fiat, un residuato psicologico tra il ricordo della sconfitta Fiat e il desiderio di rivalsa. Così forte che trasforma ogni rapporto con la Fiat in un’ordalia, è sempre vita o morte. E devo dire che le modalità con cui Sergio Marchionne conduce le sue iniziative alimentano questa realtà. Quando lui si pone come il regolatore finale nei rapporti con la Fiom, questa pensa sempre che sia arrivato il momento della rivincita.
Si stanno deteriorando in maniera pericolosa i rapporti tra Fiom e Cgil?
I rapporti tra loro sono sempre stati dialettici, ma credo che adesso si sia in una fase nuova. Non è più la normale dialettica, è in atto una vera sfida competitiva. Questo considerarsi non solo il sindacato dei metalmeccanici, ma qualcosa di più, un’organizzazione che ha una sua opinione su tutto, come una confederazione, sta portando a un punto di rottura.
Cosa può accadere?
Dipende molto dalla consultazione che è stata avviata tra i lavoratori sull’accordo interconfederale di fine giugno su contratti e rappresentanza. Le modalità scelte dalla Fiom per questa consultazione sono chiaramente ostili alla Cgil e possono esacerbare lo scontro. La Fiom ha deciso di sentire non solo gli iscritti, ma tutti i metalmeccanici, per usare poi un possibile plebiscito contro la confederazione. Così si arriva a un punto di non ritorno, lo vedo avvicinarsi. Si possono avere opinioni diverse, ma si passa il segno quando si afferma che Susanna Camusso ha preso in giro la Fiom, ha nascosto le carte al direttivo, e quindi alle categorie, ha tradito il suo mandato, sta svendendo la Cgil. Quando si fanno affermazioni del genere si mette in discussione il tessuto di principi e idealità che rende possibile stare assieme nella stessa organizzazione.
Massimo Mascini