La crisi del 2008 avrà “un forte trascinamento” nel 2009; le parti sociali sono divise e si pone il problema della rappresentatività; l’anno prossimo si concluderà la trattativa sui contratti, che riparte dalle linee guida firmate da Cisl, Uil e Confindustria. Così Carlo Dell’Aringa, professore di Economia politica esperto di relazioni industriali, apre la presentazione de L’Annuario del Lavoro, che si è svolta oggi al Cnel. Dopo il saluto del presidente, Antonio Marzano, il docente auspica un recupero di produttività nei prossimi dodici mesi perché, prosegue, “dopo ogni crisi arriva la ristrutturazione e deve essere così anche stavolta”. Oggi le parti sociali hanno un compito fondamentale: partecipare alla revisione dell’apparato produttivo e del settore pubblico. Devono affrontare il vincolo del debito, magari attraverso uno “scambio intertemporale” con rientro a breve termine, e devono evitare l’uscita definitiva dall’impiego dei 600.000 lavoratori previsti. “La crisi riguarda soprattutto la domanda – spiega Dell’Aringa – per questo non bisogna allargare la platea degli inattivi”.
La parola passa quindi agli attori sociali. Si parla della crisi, naturalmente, ma anche della rottura dell’unità sindacale come eredità del 2008 e nodo da sciogliere nel 2009. Per superare la stagione di difficoltà, secondo il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, “non serve fare debiti, ma bisogna lavorare di più”. E’ necessario stringere un nuovo patto con le imprese con l’obiettivo condiviso di aumentare la produttività. La soluzione è spostare il baricentro della contrattazione in azienda, a suo giudizio, e per farlo “l’unico strumento è l’unità”. Anche sull’occupazione il leader della Uil è chiaro: “Bisogna evitare i licenziamenti”, dice, perché mantenere un legame con il mondo del lavoro è comunque preferibile a un’indennità. “Altrimenti – avverte – la flessibilità mostrerà il suo volto più cinico”.
Sottolinea il valore dell’unità anche Francesco Rivolta, presidente della commissione Lavoro di Confcommercio, definendola “un presupposto importante” per il patto sociale a cui le imprese sono favorevoli. L’intesa dovrà tutelare le risorse umane, fondamentali soprattutto nel terziario, ma “in ordine sparso non si va da nessuna parte”, serve la condivisione di tutti. I commercianti “faranno il possibile” per evitare gli esuberi, assicura, ma in questa fase “è difficile escluderli a priori”. Rivolta si rivolge poi alla Cgil, invitandola a rivedere le proprie posizioni e firmare l’accordo separato del commercio.
Ma il segretario confederale, Susanna Camusso, ha un’idea diversa: “Non è vero che l’unità è uno strumento – spiega – ma piuttosto un’ambizione”. Oggi tra Cgil, Cisl e Uil ci sono “differenze rilevanti”, l’unico modo per superarle è “decidere le norme per misurare la rappresentanza”; bisogna darsi nuove regole di democrazia sindacale e, in assenza di un’opinione comune, verificare il livello di consenso dei lavoratori. Difende quindi le scelte della Cgil: non ha siglato il contratto del commercio perché si è vista rifiutare la richiesta di referendum, ha respinto le linee guida sui contratti “in cui i tempi sembravano più importanti dei contenuti”. Adesso è essenziale “una regia straordinaria” con misure fuori dal comune, non servono appelli alla buona volontà ma “bisogna chiedersi quale Paese vogliamo dopo la crisi”, quindi quali scelte di politica economica.
Tra i principali punti di disaccordo c’è la rottura sui contratti. Per Camusso la preintesa con Confindustria abbassa il livello di contrattazione, Angeletti risponde che lo snellimento delle procedure era stato concordato all’unanimità, poi Epifani si è tirato indietro. L’altro nodo riguarda gli accordi separati degli ultimi mesi: la trattativa per il commercio “ha avuto una durata eccessiva”, secondo la Uil, mentre sulle intese per il pubblico impiego la Cgil chiede di rivolgersi al giudizio dei lavoratori.
Sindacati divisi, dunque, ma non è grave secondo il presidente delle Ferrovie, Innocenzo Cipolletta: “In azienda il sindacato è più unito, soprattutto dove c’è necessità, vedi il caso Alitalia”. Ora, a suo giudizio, serve una fase di “programmazione dal basso”: se le questioni si affrontano al secondo livello, con eventuale intervento pubblico successivo, allora gli accordi aziendali “possono fare massa” e il baricentro si sposterà sul territorio. Anche sugli ammortizzatori, infine, Cipolletta ha una proposta innovativa: “vanno privatizzati”, afferma, pensando a una cogestione tra imprese e sindacati, al massimo con qualche contributo statale. E’ questa la sua ricetta per introdurre una flessibilità positiva.
17 dicembre 2008
Emanuele Di Nicola
























