Giovanni Roma – Professore Associato di Diritto del Lavoro alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bari
Lo scorso 26 settembre è stato definitivamente sottoscritto il primo contratto collettivo nazionale unico del settore elettrico la cui ipotesi di accordo era già stata siglata nella notte tra il 24 e il 25 luglio 2001. Il processo di negoziazione si chiude dopo 22 mesi di trattative e dopo 29 mesi dalla scadenza naturale dei distinti contratti collettivi dell’Enel s.p.a., delle aziende aderenti alla FederelettricaConfesercenti e di quelle aderenti all’AssoelettricaConfindustria.
L’accordo interviene come fonte unica di regolazione dei rapporti di lavoro e delle relazioni sindacali in un settore che è attraversato da processi di liberalizzazione del mercato e da significativi interventi di trasformazione e ristrutturazione delle imprese ai quali è opportuno, seppur sommariamente, fare riferimento.
Come è noto il mercato dell’energia elettrica, per effetto anche della direttiva europea n. 92 del 19 dicembre 1996, è stato sottoposto al principio di libera circolazione della stessa. Secondo tale direttiva, per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la competitività industriale, diviene necessario adottare misure che realizzino un mercato concorrenziale. A tal fine vengono dettate norme comuni per la produzione, la trasmissione e la distribuzione dell’energia elettrica che sostanzialmente incidono profondamente sull’organizzazione e il funzionamento del settore e che condizionano i comportamenti degli stati membri, destinatari della direttiva, i quali devono prendere le misure necessarie per assicurare un’apertura dei loro mercati dell’energia elettrica.
In attuazione della direttiva citata è stato emanato il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 che liberalizza il mercato elettrico e prevede, tra l’altro, un piano di cessione degli impianti dell’Enel s.p.a. Come è noto, in chiara funzione antitrust, viene fissato il principio in base al quale a nessun soggetto è consentito di produrre o di importare, direttamente o indirettamente, più del 50% del totale dell’energia elettrica prodotta e importata in Italia.
Il conseguente piano di cessione da parte dell’Enel di non meno di 15.000 Mw della propria capacità produttiva, attraverso l’alienazione degli impianti di produzione, viene condizionato al rispetto di particolari accorgimenti, tra i quali, la necessaria attenzione alla presenza di piani industriali, al mantenimento della produzione nei siti e alle ricadute occupazionali. In un più generale contesto di governo degli effetti sociali della trasformazione del settore, il decreto legislativo (art. 1, comma 6) fa esplicito riferimento alla progressiva armonizzazione dei trattamenti economici e normativi del settore da garantirsi, nella fase di avvio dei processi di liberalizzazione, con il coinvolgimento dei soggetti sociali anche a mezzo di opportune forme di concertazione.
In tale prospettiva già nel corso del 1999 (30 settembre) viene siglato un protocollo d’intesa tra le organizzazioni sindacali confederali e di categoria della Cgil, Cisl, Uil, l’Enel e il ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato. Il protocollo, coerentemente con le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali confederali, contiene una clausola (c.d. clausola sociale) di salvaguardia dei trattamenti dei lavoratori dipendenti dall’Enel e investiti dai processi di dismissione di rami d’azienda. Infatti, in tutte le ipotesi di cessione, come previste dal decreto legislativo n. 79 del 1999, che comportino il trasferimento del personale dipendente dall’Enel a terzi acquirenti, per tutelare i diritti dei lavoratori coinvolti nel processo, è prevista per tre anni, e comunque fino alla stipula del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore elettrico, la conservazione del trattamento economico, normativo e sindacale, compreso il sistema di assistenza sanitaria e del trattamento di previdenza integrativo, nelle forme corrispondenti a quanto previsto dagli accordi in atto.
In sostanza si garantisce la continuità di trattamento economico e normativo in essere presso l’Enel s.p.a. ai dipendenti di tutte le società che nasceranno dallo scorporo della stessa società, non solo per quelle che restano comunque nell’area di influenza aziendale dell’Enel (si pensi alle due distinte società di produzione Enel produzione ed Erga), ma anche per quelle che saranno collocate sul mercato ed usciranno dal perimetro aziendale (Eurogen, Elettrogen, Interpower). Al tempo stesso il ministero si impegna ad estendere il campo di applicazione del suddetto contratto ai dipendenti delle società gestore della rete e nucleare (Sogin) create dal decreto legislativo n. 79/1999.
A rafforzare il principio di salvaguardia dei trattamenti si è affiancato l’impegno del ministero di fissare il vincolo, per gli acquirenti delle società nascenti dal processo di liberalizzazione, di garantire la continuità occupazionale nel tempo, senza ricorrere a procedure collettive di riduzione del personale. In tal modo, fino al 31.12.2004, e comunque per un periodo non inferiore a tre anni dalla vendita, si tende ad attenuare l’eventuale effetto traumatico, sui livelli occupazionali, del processo di riassetto del settore. Il vincolo deve essere esplicitamente inserito nel decreto di cessione delle società e il mancato rispetto dello stesso da parte degli acquirenti comporterà un intervento del ministero finalizzato al suo ripristino.
Inoltre, sempre al fine di gestire gli effetti occupazionali derivanti dai processi di liberalizzazione, di ristrutturazione, di diversificazione e di innovazione tecnologica, poiché il settore è privo di ammortizzatori sociali, il Governo si assume l’impegno di aprire un confronto tra le parti per individuare strumenti adeguati alla specificità del settore.
Analoga intesa è stata sottoscritta il 26 giugno 2001 dalla Federelettrica e dalle organizzazioni sindacali di categoria in vista dell’unificazione delle reti di distribuzione di energia elettrica negli ambiti comunali con conseguente trasferimento di rami d’azienda dall’Enel s.p.a. alle imprese elettriche locali.
In questo caso la clausola sociale nei confronti dei lavoratori delle aziende del gruppo Enel, che passano alle dipendenze delle imprese elettriche locali acquirenti, comporta l’applicazione, come anche a tutto il restante personale di queste ultime, del contratto unico per il settore elettrico; in attesa della sua stipula le parti convengono di applicare il ccnl per i dipendenti delle imprese locali dei servizi elettrico del 1996 con un adeguato sistema di garanzie nella fase transitoria. Questa apparente deviazione dalla clausola sociale del protocollo d’intesa del 30 settembre 1999 (che come già detto garantisce l’applicazione dei trattamenti Enel ai dipendenti in caso di trasferimento d’azienda) è di fatto mitigata dalla previsione di una generale conservazione dei trattamenti già in atto. Così, ad esempio, per quanto attiene ai trattamenti economici, vengono mantenute le erogazioni complessivamente più favorevoli in atto alla data del trasferimento (e quindi quelle Enel) o ancora per i trattamenti relativi al sistema di assistenza sanitaria le imprese acquirenti si impegnano a conservare e assicurare le medesime erogazioni economiche godute dai lavoratori al momento del passaggio.
Come è evidente il contratto unico di settore, destinato a disciplinare i rapporti di lavoro di circa 120.000 lavoratori, interviene in un panorama che vede la coesistenza di quattro distinti ccnl (Enel, FederelettricaConfesercenti per le aziende municipalizzate, AssoelettricaConfindustria per gli autoproduttori e Uniem per le imprese minori) differenziati anche in riferimento al diverso peso nel mercato delle imprese che li applicano.
Il nuovo contratto incide sull’antecedente pluralismo contrattuale che viene ora ricondotto ad unità secondo un processo di accorpamento negoziale di distinti contratti antecedenti e di distinte rappresentanze sindacali sul versante datoriale e che conduce alla stipula di un peculiare contratto unico di settore assente nel panorama delle relazioni industriali italiane. Il processo che ha condotto a questo contratto lo differenzia dal contratto delle telecomunicazioni, anche esso considerato di settore, poichè il contratto delle imprese elettriche è l’effetto di un processo di aggregazione contrattuale e datoriale che porta ad un nuovo prodotto contrattuale, mentre quello delle telecomunicazioni è prevalentemente l’effetto dell’espansione del campo di applicazione di un contratto precedente (sostanzialmente quello della Telecom).
Passando alla sommaria analisi delle discipline contenute nel nuovo contratto, che modificano o integrano quelle dei ccnl precedenti, è da sottolineare, in primo luogo, la nuova e necessaria determinazione dell’ambito di applicazione che riveste una forte valenza politica, specie per le organizzazioni sindacali dei lavoratori, poiché tende ad affermare la chiara volontà delle parti di ricomporre in un quadro normativo unitario il composito scenario aziendale evitando marcate differenziazioni economiche e normative tra aziende che operano tutte nello stesso mercato dell’energia elettrica.
Il contratto, sostanzialmente, attraverso la determinazione delle attività svolte “copre” tutte le imprese del settore, sia quelle derivate dal processo di diversificazione societaria conseguente alla riforma prevista dal decreto legislativo n. 79/1999 citato, sia quelle tradizionalmente operanti nel settore e, anche, le piccole imprese private aderenti all’Uniem, ubicate prevalentemente nelle isole minori, per le quali la Federelettrica coordinerà tecnicamente l’adesione al contratto unico di settore.
Il campo di applicazione è determinato in riferimento all’attività svolta dall’impresa: pertanto il nuovo contratto si applica alle imprese elettriche, ed ai lavoratori dalle stesse dipendenti, che svolgono attività di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione e vendita di energia elettrica, nonché produzione e fornitura del servizio calore e a quelle dedite allo smaltimento delle centrali elettronucleari dismesse e ad attività connesse e, infine, alle società di ingegneria costituite da imprese del settore e che già oggi svolgono la propria attività esclusivamente per il settore elettrico.
Tratto caratteristico del nuovo contratto di settore è la tendenziale omogeneizzazione delle tutele, con conseguente equiparazione dei trattamenti di tutti i lavoratori del settore. Il contratto, da questo punto di vista, rappresenta lo strumento per governare gli effetti dell’innovazione, sul versante della progressiva armonizzazione dei trattamenti economici e normativi, nello spirito del decreto legislativo n. 79/1999.
Come è evidente in tale processo il parametro di riferimento è stato spesso il ccnl dell’Enel del quale sono stati conservati ed estesi gli elementi più qualificanti che si presentavano come trattamenti più favorevoli rispetto ai restanti ccnl del settore (imprese municipalizzate e aziende private di produzione). Il risultato conseguito non è ancora compiutamente realizzato posto che vi sono già marcate differenziazioni interpretative che potranno condizionare la stessa concreta applicazione degli istituti contrattuali e rappresentare una qualche forma di “rivalsa” per via interpretativa. Non bisogna, infatti, dimenticare come elemento determinante per la chiusura della lunga e difficile vertenza, caratterizzata da divergenze spesso profonde non solo tra le contrapposte delegazioni trattanti, ma anche tra le stesse organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori, non è stato tanto il raggiungimento di una larga intesa sui contenuti, ma il condizionamento o la minaccia rappresentato dalla scelta delle organizzazioni sindacali di ricorrere a forme di sciopero da realizzarsi con modalità inusuali.
Il nuovo contratto, secondo le organizzazioni sindacali dei lavoratori “nulla toglie ai lavoratori elettrici di qualunque azienda si considerino e solo dà ai lavoratori di Assoelettrica e Federelettrica in un processo di avvicinamento dei trattamenti”. In pratica, però, il processo di omogeneizzazione dei trattamenti è stato avviato, ma non si è concluso poiché vi sono tematiche (quali la classificazione del personale, la riduzione di orario, il trattamento dei turnisti) per le quali vi sono tempi e modalità di attuazione diluite in tutto l’arco di vigenza temporale del contratto con un preciso scadenzario, un differimento dei termini di realizzazione e la costituzione di commissioni paritetiche tematiche.
Ulteriore profilo è quello della salvaguardia della produzione contrattuale precedente che opera su due versanti: da un lato sul versante delle relazioni sindacali sono salvaguardati e confermati i protocolli sulle relazioni sindacali già vigenti nelle aziende e che pertanto sono da considerarsi fonti regolative dirette (e quindi senza necessità di esplicita manifestazione di volontà, da parte delle aziende nate a seguito di processi di trasformazione o cessione, di volerli applicare, come invece prospettato da parte imprenditoriale); dall’altro lato vengono generalizzati i due livelli di contrattazione (nazionale e aziendale) previsti dal Protocollo del luglio 1993.
Questa generalizzazione è di particolare importanza per l’Enel s.p.a. che dovrà adeguare la propria struttura contrattuale essendo il contratto precedentemente applicato un vero e proprio contratto aziendale di tipo nazionale. Dovranno, pertanto, essere avviati processi di adattamento della precedente normativa contrattuale poiché tutto ciò che non è stato disciplinato dal nuovo contratto di settore, ma è presente nell’antecedente contratto dell’Enel deve essere considerato come contratto aziendale e quindi assoggettato alle procedure di rinnovo e ai limiti negoziali oggettivi (materie di competenza definite nel contratto di settore) previsti per il secondo livello contrattuale dal Protocollo del luglio 1993 e che sono stati richiamati e riprodotti nel ccnl di settore.
In sostanza questo consente, da un lato, in quanto contratto aziendale, di confermare le norme preesistenti, ma non ricomprese nel testo del nuovo ccnl di settore, e dall’altro, di permettere, nelle diverse sedi di contrattazione delle aziende del gruppo Enel, lo svolgimento di un’attività contrattuale integrativa al contratto di settore, sempre nei limiti fissati dal Protocollo del 1993 e dal contratto stesso (principio di non ripetibilità e non duplicabilità degli istituti), ed avente ad oggetto materie non disciplinate dal contratto di settore o dallo stesso rinviate alla competenza della contrattazione aziendale.
Materia principe di competenza del livello contrattuale aziendale viene confermata quella relativa al premio di risultato: le relative trattative dovranno svolgersi a partire dal luglio 2002 e nel frattempo permangono in vigore, se esistenti, gli accordi aziendali definiti in base alla normativa previgente. Il premio di risultato è volto ad incentivare la produttività del lavoro e a favorire aumenti quantitativi e miglioramenti qualitativi del servizio nonché incrementi di redditività e di competitività dell’Azienda, attraverso il coinvolgimento dei lavoratori nella realizzazione di programmi e progetti di produttività e qualità per il raggiungimento di specifici obiettivi aziendali.
Il contratto di settore, pur rinviando alla contrattazione aziendale per la concreta determinazione degli indici di riferimento, indica quali parametri da utilizzarsi quelli di produttività/qualità e di redditività che dovranno essere individuati e definiti secondo precisi meccanismi di reciprocità e con ripartizione percentuale tra gli stessi.
Al fine di collegare il premio di risultato con l’impegno lavorativo del personale, il contratto di settore prevede che l’ammontare dei relativi importi individuali, eventualmente spettanti ai singoli lavoratori, sia influenzato da due distinti fattori relativi comunque alla persona del prestatore. Il primo è puntualmente disciplinato dal contratto stesso e determina la decurtazione del premio per effetto delle sanzioni disciplinari inflitte al lavoratore fino ad arrivare alla non corresponsione del premio per i lavoratori trasferiti per punizione o licenziati. Il secondo fattore è collegato alla presenza in servizio e poiché non è ulteriormente articolato nel contratto nazionale, sarà la contrattazione aziendale ad indicare le modalità in base alle quali operare le decurtazioni sull’ammontare complessivo del premio annuo, recuperando in questo caso con molta probabilità l’esperienza di quei ccnl di settore (quale ad esempio quello Federelettrica) che indicavano già le modalità di decurtazione del premio in riferimento alla presenza in servizio.
Del complesso articolato contrattuale possono indicarsi, con evidente incompletezza, alcuni istituti che maggiormente hanno inciso sulla produzione precedente e che hanno spesso rappresentato i c.d. nodi ovvero l’oggetto di maggior discussione nella fase finale delle trattative.
Tra le diverse tematiche oggetto di negoziazione, e che possono costituire i punti di maggior interesse in questa breve analisi, due aree meritano particolare attenzione poiché rappresentano una sorta di cartina al tornasole delle modalità con le quali si è realizzato lo scambio negoziale.
La prima area è rappresentata dagli istituti che incidono sull’occupazione e sul mercato del lavoro: e possono citarsi da un lato la norma in materia di ristrutturazioni che rappresenta un chiaro esempio di omogeneizzazione dei trattamenti normativi e di adeguamento alla disciplina contenuta nel ccnl dell’Enel. Infatti, per le aziende aderenti alla Federelettrica e all’Assoelettrica e per quelle di nuova costituzione viene introdotto un obbligo di consultazione preventiva, a livelli differenziati (nazionale, regionale o aziendale) in base al numero di addetti e alla localizzazione territoriale, ogni qualvolta le aziende devono procedere a rilevanti modifiche tecniche, organizzative e produttive che investendo l’organizzazione del lavoro abbiano rilevanti conseguenze sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro o intendono avviare processi di insourcingoutsourcing o altre forme di esternalizzazione con conseguenze sui livelli occupazionali o sulle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Dall’altro lato è da citarsi il complesso di norme in materia di ricorso alle diverse tipologie di contratti di lavoro (contratto a termine, parttime, apprendistato, lavoro interinale, telelavoro) che introducono (come nel caso dell’apprendistato o del telelavoro) o modificano istituti già presenti nella contrattazione previgente e riconducibili nell’area della c.d. flessibilità in ingresso o, impropriamente, delle c.d. forme atipiche di assunzione. Nel complesso, in riferimento anche ad istituti introdotti e/o disciplinati dalla legge n. 196 del 1997, il nuovo ccnl regola tutte le tipologie di assunzione con una significativa, ma negoziata, liberalizzazione qualitativa e quantitativa e con l’individuazione di soglie percentuali spesso superabili tramite specifico accordo aziendale.
La seconda area tematica è rappresentata dalla parte salariale del contratto che segnala, tra gli altri, un significativo e complesso intervento in materia di determinazione della struttura retributiva e degli elementi compositivi della stessa che produce una semplificazione normativa ed una riduzione dei costi aziendali.
Il contratto introduce una semplificazione normativa indicando, da un lato, gli elementi che concorrono a comporre la nozione contrattuale di retribuzione (minimi di categoria, indennità di contingenza, supplementi dei minimi, aumenti periodici di anzianità, EDR, indennità varie) e eliminando, dall’altro, con decorrenza dalla data di stipula del contratto, una serie di indennità (alta montagna, bicicletta, zona malarica, ecc.) considerate obsolete (anche se viene soppressa l’indennità per i video terminali presente solo nel ccnl Federelettrica). Ai lavoratori interessati è conservato l’importo in cifra e tale compenso ad personam viene comunque automaticamente a cessare al momento dell’assegnazione di mansioni, o del mutamento della situazione lavorativa, che comportino il venire meno dei presupposti che avevano dato titolo al riconoscimento dell’indennità medesima.
La semplificazione della struttura si realizza anche con la scomparsa dei supplementi dei minimi e la contrazione del numero di aumenti periodici di anzianità. Il supplemento dei minimi è sostanzialmente una voce retributiva che i precedenti ccnl riconoscevano a tutto il personale al compimento del 1° e 2° biennio di anzianità effettiva di servizio aziendale. L’importo complessivo dello stesso variava, nel precedente contratto Enel, ma valori simili si ritrovano anche nei contratti Federelettrica e Assoelettrica, da un minimo di £. 157.200 del parametro 100 ad un massimo di £. 511.400 del parametro 413.5. Tali supplementi erano pari al 6% del minimo della categoria di inquadramento di ciascun lavoratore ed erano ricalcolati ad ogni variazione dei minimi salariali. Gli importi maturati a titolo di supplemento dei minimi continueranno ad essere corrisposti al personale già in servizio come emolumento ad personam non assorbibile.
Per gli aumenti periodici di anzianità la nuova normativa prevede solo 5 scatti biennali in cifra fissa non solo per il personale assunto dopo la data di stipula del ccnl di settore, ma anche per quello già in servizio che conserverà ad personam gli importi già maturati e potrà maturare solo ulteriori 5 scatti come i neo assunti (nella disciplina previgente, invece, il numero degli aumenti periodici non era predeterminato ed era fissata solo una soglia percentuale pari al 32% del minimo di categoria, comprensivo dell’indennità di contingenza, di ciascun lavoratore raggiunta la quale non maturavano più aumenti a titolo di anzianità).
Nel complesso il contratto di settore sembra comportare dei risparmi in capo alle aziende almeno per i neo assunti per i quali non vi saranno supplementi dei minimi, né alcune voci indennitarie, né un numero elevato di scatti di anzianità.
Da ultimo un cenno va fatto alla c.d. una tantum che il contratto riconosce come importo forfetario a titolo di vacanza contrattuale per i trenta mesi compresi nel periodo 1 gennaio 199930 giugno 2001. Questa una tantum è da erogarsi, nel mese di ottobre 2001, ai lavoratori in forza alla data di stipula del contratto unico di settore ed è determinata in misura variabile tra l’importo di £. 1.073.000 del parametro 100 e quello di £. 4.437.000 del parametro 413.5. Secondo le parti contraenti l’importo forfetario è onnicomprensivo in riferimento a qualsiasi incremento retributivo relativo al periodo considerato ed è stato quantificato tenendo conto della complessiva definizione del nuovo contratto unico per il settore, includendo in esso anche i riflessi sugli istituti retributivi diretti e indiretti, di origine legale o contrattuale, che sono quindi in esso ricompresi.
La determinazione pattizia, limitando la corresponsione al personale in servizio alla data del 24 luglio 2001, segnala una netta virata rispetto alla disciplina antecedente che, come consuetudine in molti ccnl, riconosceva l’erogazione della una tantum pro quota e in riferimento ai periodi di attività in servizio anche ai lavoratori non più presenti in azienda.
Le giustificazioni di questa scelta sono, da parte delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, attribuite alla volontà confindustriale di voler fermamente non riconoscere ai lavoratori non in servizio tale importo “vista la diffusione che in questi anni si è avuta delle forme di incentivazione individuale che hanno accompagnato l’uscita dal lavoro” (così in www.cgil.it/fnle/new). Con argomentazioni più articolate si ammette (vedi “Per una rilettura della vertenza contrattuale e dell’ipotesi di accordo” in www.flaei.org) che “il vasto esodo dei lavoratori degli ultimi anni, i vincoli già sottoscritti dai lavoratori all’atto della risoluzione delle uscite incentivanti e la prassi consolidata in sede Confindustria hanno reso impossibile, in relazione peraltro ai consistenti costi collegati, il riconoscimento parziale degli arretrati ai lavoratori usciti per pensionamento prima della stipula del contratto”.
L’argomentazione riportata ha un fondo di verità, ma nella sua disarmante enunciazione si presta ad alcune considerazioni minime: se l’obiettivo delle parti contraenti era quello di escludere dall’erogazione del beneficio della una tantum i dipendenti non più in servizio per aver questi ottenuto dei significativi incentivi economici per “uscire” dalle imprese, sarebbe stato più opportuno esplicitarlo. Per come è strutturata la clausola contrattuale in realtà i destinatari sono tutti i lavoratori del comparto il cui rapporto si è interrotto prima del 24 luglio 2001, indipendentemente dalla causa. Dal testo contrattuale, infatti, non si evince una distinzione tra dipendenti non più in servizio per uscita incentivata, dipendenti licenziati, dipendenti dimessi senza incentivo o semplici dipendenti pensionati: se la limitazione dei soggetti beneficiari può essere giustificata dall’incentivo ad “uscire” lo stesso non è detto che sia stato corrisposto anche a chi sia stato licenziato o si sia dimesso sua sponte.
La clausola limitativa dell’erogazione in questione assolve, sostanzialmente, alla funzione di evitare l’applicazione retroattiva del contratto unico di settore nei confronti di tali dipendenti: prassi questa diffusa anche in categorie “mitiche” del settore industriale quali i metalmeccanici. Quanto dichiarato dalle organizzazioni sindacali, pertanto, segnala la chiara volontà imprenditoriale di ridurre il costo economico del contratto e probabilmente la clausola in questione rientra in un quadro di compatibilità che ha consentito la chiusura di una vertenza lunga e difficile.
Qualsiasi giudizio in termini di costi e benefici del contratto è indubbiamente prematuro: allo stato possono solo citarsi le valutazioni della Federelettrica che, in un recente incontro tenutosi a Milano il 1° ottobre 2001, illustrando gli articoli del nuovo contratto unico di settore e raffrontandoli con il precedente ccnl classifica i 57 articoli del contratto secondo quattro categorie: a) normativa invariata e/o semplificata e che sostanzialmente non comporta oneri aggiuntivi per le imprese (n. 32 articoli), b) disciplina migliorativa poiché riduce gli obblighi e gli oneri a carico dell’impresa (n. 12 articoli), c) normativa vantaggiosa poiché consente maggiore flessibilità o un risparmio economico per le imprese (n. 9 articoli), d) normativa peggiorativa perché introduce o accentua gli oneri per l’impresa (n. 4 articoli).