L’ultima in ordine di tempo è quella della Lombardia di Attilio Fontana, che nella giornata di ieri ha firmato un’ordinanza urgente finalizzata a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori esposti alle alte temperature. Ma a fare da apripista è stata la regione Lazio di Francesco Rocca, con un’ordinanza valida su tutto il territorio regionale nelle aree o zone interessate dallo svolgimento di lavoro nel settore agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili e affini, nelle cave e nelle relative pertinenze esterne, limitatamente ai soli giorni che la mappa del rischio del sistema worklimate dell’Inail riferita a “lavoratori esposti al sole” segnali un livello di rischio “Alto”.
L’ordinanza non si applica alle pubbliche Amministrazioni, ai concessionari di pubblici servizi, ai loro appaltatori quando eseguano interventi di pubblica utilità, di protezione civile, di salvaguardia della pubblica incolumità, ferma restando l’adozione di idonee misure organizzative per ridurre, a un livello accettabile, il rischio di esposizione alle alte temperature dei lavoratori.
“Abbiamo il dovere di tutelare la salute di chi lavora – afferma Rocca -, soprattutto nei settori più esposti agli effetti del caldo estremo. Non è solo una misura di buon senso, è un atto di responsabilità. Il cambiamento climatico rende sempre più frequenti e intensi i picchi di calore: non possiamo permetterci di sottovalutarne i suoi effetti. Nostro compito è quello di proteggere le persone, specialmente i lavoratori più esposti.”
La decisione del governatore lombardo, invece, è arrivata dopo una riunione con le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro, convocata dall’assessore al Welfare, Guido Bertolaso. “La nostra priorità è la tutela della salute dei lavoratori – ha detto il presidente – soprattutto in momenti come questi in cui il caldo diventa particolarmente insopportabile. L’ordinanza rappresenta un passo importante per garantire che le attività produttive si svolgano nel rispetto delle condizioni di sicurezza e salute”.
L’ordinanza, che entrerà in vigore dalle 00.01 di mercoledì, 2 luglio, e fino al 15 settembre 2025, disciplina il divieto di attività lavorativa all’aperto tra le 12.30 e le 16 nelle aree edili, cave, aziende agricole e florovivaistiche. Sono escluse dall’applicazione del divieto le attività urgenti e di pubblica utilità, purché siano adottate tutte le misure di prevenzione previste, le pubbliche amministrazioni, i concessionari di pubblico servizio, i loro appaltatori, gli interventi di protezione civile e di salvaguardia della pubblica incolumità. Il Governatore ha concluso: “Continueremo a monitorare attentamente la situazione e ad adottare tutte le misure necessarie”.
Stessa prassi anche per l’Emilia-Romagna, con un’ordinanza regionale che scatta a partire da mercoledì 2 luglio che prevede il divieto di lavorare nei cantieri edili e affini, in agricoltura, nel florovivaismo e, novità, nei piazzali della logistica limitatamente a quelli destinati in via esclusiva e permanente al deposito merci, con esclusione delle pertinenze dei magazzini coperti) in condizioni di esposizione prolungata al sole e svolgendo attività fisica intensa, dalle ore 12.30 alle ore 16. La misura, regolata sempre dalle mappe worklimate resta in vigore fino al 15 settembre 2025, salvo revoca anticipata.
La Regione ha ritenuto necessario emanare un provvedimento a tutela della salute e dell’igiene pubblica, finalizzato a ridurre l’impatto dello stress termico ambientale sulla salute dei lavoratori impegnati all’aperto senza possibilità di ripararsi dal sole e dalla calura. “Tutelare i lavoratori per noi è una responsabilità e su questo abbiamo registrato grande disponibilità delle associazioni imprenditoriali e delle organizzazioni sindacali, per un’assunzione comune nello spirito del Patto per il Lavoro e per il Clima- evidenziano il vicepresidente della Regione, Vincenzo Colla, e l’assessore regionale al Lavoro, Giovanni Paglia-. Benché in Emilia-Romagna molte aziende si siano già attivate per trovare soluzioni adeguate- hanno puntualizzato-, serviva un atto in grado di garantire omogeneità delle misure sul territorio regionale e piena tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, compresa la possibilità di astensione dal lavoro nelle ore più calde della giornata. Gli aspetti fondamentali sono la flessibilità in entrata e in uscita dal luogo di lavoro, la rimodulazione degli orari, prevista peraltro dalla contrattazione”.
Con riferimento alle attività svolte dai concessionari di pubblico servizio o connesse a ragioni di pubblica utilità e pronto intervento, i datori di lavoro adottano idonee misure organizzative finalizzate a salvaguardare le prestazioni dei servizi pubblici essenziali.
Per tutte le ordinanze, la violazione delle disposizioni comporta sanzioni secondo quanto previsto dall’art. 650 del codice penale, fatta salva l’applicazione di eventuali reati più gravi.
Complessivamente dunque sono circa 3milioni di lavoratori coinvolti dalle ordinanze emesse, in totale, da 15 Regioni. Alle già citate si aggiungono: Piemonte, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria,Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria. Le restanti non hanno predisposto ordinanze, ma solo indicazioni.
Questa mattina il Presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha emanato un decreto ad hoc che recepisce le “Linee di indirizzo per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare” approvate in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. Nel provvedimento si raccomanda ai datori di lavoro di limitare o evitare le attività lavorative nelle ore più calde della giornata e viene suggerito, inoltre, di prevedere rotazioni del personale per ridurre i tempi di esposizione al caldo, garantire adeguata idratazione e sorveglianza sanitaria, adottare abbigliamento e dispositivi di protezione idonei.
L’individuazione delle fasce orarie più critiche deve basarsi su indici riconosciuti a livello internazionale (WBGT, PHS) e sugli strumenti disponibili sui portali Agenti Fisici e Worklimate. Il Presidente della Regione si riserva di adottare ulteriori misure urgenti in caso di ondate di calore, al fine di contenere i rischi per la salute dei lavoratori.




























