Stefano Ruvolo – Femca-Cisl nazionale
(in Documentazione il quadro normativo)
Il provvedimento sulla emersione del lavoro nero e dell’economia sommersa é diventato legge qualche giorno fa, e subito sono necessarie alcune correzioni che il ministro del Tesoro ha già annunciato che saranno inserire in un altro provvedimento (riguardante l’euro). La prima e più importante riguarda le questioni convenute con il sindacato: l’applicazione contrattuale, il recupero per i lavoratori degli anni di contribuzione persi con il lavoro irregolare ed infine la questione tempi, cioè il termine ultimo entro il quale si potranno fare le dichiarazioni di emersione.
Il ministro ha già detto che il termine del 30 novembre 2001 non sufficiente e che dovrà concordare una nuova scadenza, probabilmente maggio 2002. Ma sembra che anche spostare di sei mesi la scadenza non basti, vista la mole di circolari che i vari ministeri dovranno fare per dare certezze applicative alle aziende e ai lavoratori. Meglio sarebbe fissare un periodo – anche di un anno – per avviare una serie di iniziative che possano creare un clima e le certezze necessarie per condurre a buon fine il processo di emersione.
Per esperienza, con i contratti di riallineamento i provvedimenti amministrativi, in particolare dell’Inps, sono stati sempre in ritardo sulle realtà produttive e sindacali territoriali e aziendali, tanto da essere stati in molti casi un intralcio. Anche l’ultima circolare dell’agosto 2001 ha di fatto ristretto gli ambiti di applicazione facendo contrastare il processo finale di emersione delle aziende in riallineamento. Anche nel provvedimento dei cento giorni, sulla emersione mancano non poche certezze applicative, sia sul versante delle aziende che per i lavoratori coinvolti.
Provo a citarne alcuni:
1. la forma e il contenuto delle dichiarazioni di emersione;
2. fino a quale periodo antecedente la dichiarazione è possibile concordare e sanare;
3. fino a quanti lavoratori – ancorché non più presenti in azienda – é possibile denunciare?
4. con il meccanismo delle imposte forfettarie per i lavoratori denunciati ed emersi, questi ultimi percepiranno un salario superiore a quello dei lavoratori regolari;
5. le irregolarità urbanistiche, ma anche le dichiarazioni di emersione, dovranno basarsi sui programmi di emersione approvati dal Cipe (sentite anche i sindacati di categoria) per i quali non sono chiari i tempi;
6. in alcune parti d’Italia (aree obb. 1 del Mezzogiorno) la recente legge coesisterà con i contratti di emersione e le norme relative, e su alcuni temi di carattere fiscale, ci sono sovrapposizioni e incongruenze fra le due normative (vedi tabella);
7. che ruolo avranno le commissioni territoriali e quella nazionale sulla emersione.
Questi sono solo alcuni degli interrogativi che i ministeri dovranno chiarire prima che inizi il processo in corso, pena la confusione e l’immobilismo. Resta incomprensibile l’atteggiamento di Confindustria, che aderisce incondizionatamente alla recente legge, senza tenere conto di molte sue associazioni territoriali – in particolare del Mezzogiorno, le quali chiedono chiarezza e certezze applicative nonché una corresponsabilizzazione di Cgil, Cisl e Uil nella gestione. Non avere un controllo sindacale sul processo di emersione a livello aziendale, temo, lascerà spazio ad abusi e pratiche non regolari.