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Europa “Pilastro Sociale”

Luigi Marelli
Dicembre15/ 2021

In un recente articolo, sull’inserto economico del “Corriere della Sera”, Dario Di Vico apre una riflessione sui alcuni provvedimenti della Commissione Europea in materia di diritto del lavoro.

In particolare, sofferma la sua attenzione su tre provvedimenti, in parte ancora in itinere, che mirano a rafforzare quegli aspetti, delle normative comunitarie, comunemente intesi come “pilastro sociale” e volti a confermare quelle caratteristiche sociali dell’Unione che ne fanno un unicum nel mondo.

Sono tre interventi: sul lavoro gestito per il tramite di piattaforme digitali, sul salario minimo e sulla possibilità di negoziato da parte dei lavoratori autonomi; la caratteristica comune di queste direttive, è quella di offrire potenziali possibilità di sviluppo alla contrattazione collettiva.

In particolare l’assegnazione dell’onere della prova, in carico al titolare della piattaforma digitale, per definire il tipo di rapporto di lavoro col dipendente, subordinato ovvero autonomo; chiarisce, una volta per tutte, che anche questa particolare prestazione lavorative sarà considerata soggetta a “presunzione di subordinazione” in assenza di una prova, appunto contraria, che ne dimostri il carattere di rapporto autonomo. È in questo contesto che si apre anche una interessante riflessione sul tema degli algoritmi che gestiscono questa particolare attività.

La Commissione nella direttiva, ben lungi dal demonizzarli, prevede che vadano riportati sotto il controllo “umano”.

È molto probabile, io ritengo anche auspicabile, che questa particolare materia diventi argomento di contrattazione tra le parti, e se posso permettermi il paragone, diventare così una parte “nobile” della contrattazione collettiva, come fu l’organizzazione del lavoro a “cottimo” nelle aziende “fordiste” dei primi anni del secolo scorso.

Quella contrattazione sviluppò competenze negoziali importanti che, al di là, della pressione sociale per superare una specifica organizzazione del lavoro particolarmente alienante, costituirono per molti anni una caratteristica distintiva di molti componenti le “Commissioni interne” alle aziende.

Ancora più rilevante è la direttiva, che sembra prendere forma, per il salario minimo. La Commissione sembra decisa a considerare l’introduzione di questa fattispecie unicamente laddove la contrattazione collettiva non copra almeno il 70% dei lavoratori di un determinato settore.

Questa impostazione non può che spingere i Governi e le Parti Sociali ad un lavoro molto rigoroso orientato, sia a definire i “confini” di ogni singolo “settore”, sia ad individuare, all’interno del medesimo, le regola per la definizione della rappresentanza per la parte datoriale e per la parte sindacale.

In questo senso piccoli segnali confortanti sono: la decisione congiunto di organizzazioni sindacali e datoriali nel settore metalmeccanico di avviare questa verifica, attraverso una certificazione certa degli iscritti e dei voti RSU per le OOSS, e il numero, nonché, il peso, di adesione delle aziende alle singola associazioni d’impresa; come pure la decisione che a decorrere dal mese di dicembre i datori di lavoro, in Italia,  potranno comunicare il codice alfanumerico unico per l’individuazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro anche in sede di denuncia contributiva mensile all’INPS.

La raccolta dei codici alfanumerici consentirà di creare un’anagrafe comune dei contratti collettivi e di analizzarne i contenuti avviando così un’analisi accurata della attuale “giungla contrattuale” per verificarne l’effettiva rappresentanza, sul totale dei lavoratori interessati. In questo modo a mio parere non si viola il principio sancito dal Codice Civile della libera contrattazione contrattuale ma si potrebbe porre un primo argine nei confronti delle pratiche di dumping sociale soprattutto sul versante dei minimi salariali.

Infine, molto interessante è il riconoscimento che la Commissione assegna anche alla contrattazione collettiva di soggetti a partita IVA, che non rientrano nel recinto del lavoro subordinato, storicamente presidiato dalle storiche organizzazioni sindacali. Anche in questo campo sarà interessante verificare come si modificheranno le forme di rappresentanza collettiva sia dei prestatori d’opera sia di coloro che utilizzano quella particolare prestazione, anche in modo occasionale.

Insomma dalla Commissione Europea stanno arrivando chiari segnali nella direzione di un rafforzamento del “Pilastro Sociale” dell’Unione, ma affinché questo possa affermarsi, come una strutturale caratteristica dell’Europa sociale, occorre che sindacati e associazioni datoriali svolgano appieno il loro compito per dare sostanza alle indicazioni normative.

Sono questi i temi che caratterizzeranno e giustificheranno il loro ruolo come soggetti collettivi legittimati alla contrattazione, senza questo protagonismo, senza questa diffusa “pratica” della contrattazione collettiva il rischio è quello di ridursi, sempre più marginalmente, in soggetti “politici”, nel senso deteriore del termine, auto referenziati e destinati a vuote manifestazioni identitarie, più o meno “Generali” che essi siano.

Luigi Marelli

Luigi Marelli