Si è svolto oggi, 13 giugno, l’incontro tra Ministero del Lavoro, Acciaierie d’Italia e i sindacati di categoria Fim, Fiom e Uilm per l’esame congiunto sulla richiesta di proroga della cassa integrazione da parte dell’azienda per 2.500 lavoratori dello stabilimento di Taranto. “Sono marcate le distanze tra le parti sulla possibilità di ottenere un’intesa”, dichiara il segretario nazionale della Fim-Cisl, Valerio D’Alò, secondo cui “manca infatti una delle condizioni principali per poter sottoscrivere gli accordi: l’affidabilità della nostra controparte”.
“È impensabile che Acciaierie D`Italia dopo aver sottoscritto con noi l’accordo dello scorso marzo, abbia fatto di tutto per mettersi in contraddizione con sé stessa mettendo in atto atteggiamenti che andavano esattamente all’opposto di ciò che era stato sottoscritto”, incalza ancora D’Alò, sottolineando che “adesso sono le istituzioni che devono garantire ai lavoratori interlocutori credibili. Se non giungeremo a un’intesa – aggiunge – gli scenari sono due: il primo coinvolge la Regione Puglia che potrebbe utilizzare strumenti transitori per garantire il salario ai lavoratori e qualora ciò non fosse possibile; toccherà al Governo, come già successo in anni passati, decidere come intervenire per evitare una bomba sociale sulla Ex Ilva. L’aumento al 60% della presenza di Invitalia nella società Adi diventa imprescindibile per dare credibilità al rilancio della siderurgia come annunciato dal ministro Urso”.
Sulla stessa linea anche Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale della Uilm e segretario della Uilm Taranto: “È paradossale che, dopo quasi cinque anni dalla firma dell’accordo del 6 settembre 2018 con cui è stato definito un preciso piano ambientale ed industriale con garanzia occupazionale, si continui a parlare di soli ammortizzatori sociali senza un briciolo di prospettiva e una gestione aziendale che fa acqua da tutte le parti. Quella sulla cassa integrazione è una discussione a cui avremmo voluto sottrarci ma nell’interesse dei lavoratori siamo stati oggi presenti nel ribadire, come abbiamo fatto da soli il 29 marzo scorso, la mancanza di presupposti per la concessione”.
“Per quanto ci riguarda – proseguono Gambardella e Sperti – l’incertezza più grande è quella sulla visione di lungo periodo. Se rimarranno le attuali condizioni di governance, il futuro dell’acciaieria di Taranto e di tutto il gruppo ex Ilva è segnato. Purtroppo – aggiungono – da tempo denunciamo inascoltati che i 680 milioni di euro concessi senza il vincolo della realizzazione di investimenti sarebbero stati sperperati, oltre a decine di milioni di euro sprecati per gli ammortizzatori sociali concessi fino ad oggi senza il recupero occupazionale, a partire dai lavoratori in Ilva AS e quelli dell’indotto”. Inoltre, aggiungono infine i due sindacalisti, “ci chiediamo cosa intenda fare il Governo nei confronti di un’azienda strategica, controllata dallo Stato ma sottomessa da un socio privato i cui obiettivi divergono da quelli dell’interesse nazionale. Per questi motivi continueremo a non essere complici di questo disastro sociale ed industriale”.
Roberto D’Andrea, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil e Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil di Taranto, aggiungono: “Come Fiom-Cgil, unitariamente con tutte le altre sigle sindacali, abbiamo chiesto al Ministero di vigilare sull’utilizzo delle risorse pubbliche e sul pieno rispetto delle leggi e del CCNL, vista la violazione contrattuale di cui Acciaierie D’Italia è responsabile relativamente alla mancata erogazione, entro i termini previsti del 1 giugno, del welfare come previsto dal contratto nazionale di lavoro”. La richiesta è “che il Governo si assuma tutta la responsabilità, assicurando una governance seria e affidabile per gli stabilimenti siderurgici strategici per il nostro Paese”.
e.m.