Sì alla realizzazione del forno elettrico per lo stabilimento ex Ilva di Corigliano (Genova). Il consenso è arrivato oggi all’incontro con istituzioni locali, sindacati e comitati di cittadini, che approvano il rilancio della siderurgia nel polo tramite l’utilizzo di tecnologia green. La palla passa ai player industriali che partecipano alla procedura per l’assegnazione degli impianti.
“Il forno elettrico a Genova – ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso – è un’opportunità che può essere data agli investitori a fronte del fatto che a Taranto sono previsti al massimo tre forni elettrici per una capacità complessiva che non può superare le 6 milioni di tonnellate. Il problema vero che ci troviamo di fronte è dove localizzare gli impianti di Dri che producono il pre-ridotto”.
Secondo le stime, per il forno elettrico a Genova servirebbero circa 1,3 miliardi di euro. Investitori a parte, il governo ha destinato per gli stabilimenti ex Ilva 750 milioni di euro, “già previsti per gli investimenti che Mittal non ha mai realizzato”, sottolinea Urso che precisa: “Se gli investitori hanno progetti più significativi, è sempre possibile usare ulteriori risorse tramite i contratti di sviluppo di Invitalia nel rispetto delle regole europee. Siamo disponibili a fare la nostra parte a fronte di un investimento privato sfidante”.
L’obiettivo, comunque, è assegnare gli impianti ai nuovi investitori privati nella prima parte del prossimo anno. “A quel punto potremo passare agli accordi di programma con gli investitori e gli enti locali” per stabilire “ciò che è necessario affinché i piani industriali vengano realizzati. Saranno mesi impegnativi”.
Anche i sindacati hanno espresso piena adesione al forno elettrico. “Il messaggio che passa è che tutta la città, sindacati, istituzioni e parti sociali, è favorevole al forno elettrico a Genova”, ha dichiarato il segretario della Fiom Cgil di Genova, Stefano Bonazzi. “Sarà un forno elettrico – ha aggiunto Bonazzi – compatibile con l’ambiente, con la città e col quartiere, esattamente come capita in decine di altre città in Italia ma questo sarà di ultima generazione”.
Tuttavia, secondo il coordinatore della Uilm Liguria, Antonio Apa, che pure ha espresso il consenso per il forno, l’incontro lascia irrisolte “sostanzialmente” tutte le questioni attorno alla vicenda siderurgica, “punti decisivi che esigono assolutamente delle risposte. “Ancora non si vede un punto di equilibrio tra Governo e istituzioni locali tarantine – prosegue – poiché non è stato realizzato un accordo di programma, ma solo un documento di intenti. Per poter salvare la siderurgia all’interno di questo Paese occorrono scelte decisive non più rinviabili. Se qualcuno ostenta la volontà di realizzare solo tre forni elettrici, un dry e non la nave rigassificatrice significa la chiusura della siderurgia. Invece, come sostiene da sempre la Uilm in tutte le sedi, bisogna realizzare tre forni elettrici a Taranto e uno a Genova, più quattro dry e il gas sempre a Taranto. In questo modo si creerebbero le condizioni per salvaguardare l’assetto siderurgico”.
Il sindacalista della Uilm aggiunge che “abbiamo richiamato il ministro Urso su altre due questioni dirimenti: è necessario che il Governo, così come era presente nel passato con Invitalia, mantenga una sua presenza finanziaria nell’ambito di chi acquisisce il gruppo siderurgico; sono necessarie più risorse in quanto il miliardo e 700 milioni dati in dotazione sono insufficienti. Inoltre è necessario individuare una legge speciale che venga incontro alle esigenze dei lavoratori. Abbiamo infine rimarcato il fatto che non è necessario aspettare il 15 settembre (data in cui dovrebbero esserci le proposte di acquisto) – conclude Apa – ma che si dovrebbe discutere subito del piano industriale perché piano industriale significa assetti produttivi e occupazionali”.
Per parte istituzionale, la sindaca di Genova, Silvia Salis, ha affermato che pur non avendo mostrato preclusioni a questo progetto, “è chiaro che c’era da approfondire una serie di temi di ricaduta occupazionale e ambientale. L’unico dubbio che rimane realmente è sugli investimenti, perché a oggi non c’è nessuna certezza su questo”. Per Salis, infatti, resta la paura che la gara vada deserta.
Ferma contrarietà da parte dei comitati cittadini. Un dissenso che la sindaca, in qualità di rappresentate istituzionale, afferma di dover raccogliere e, contemporaneamente, “capisco la loro rabbia per quello che è successo nei decenni a Cornigliano. Però – ha sottolineato – sono passati appunto decenni, la tecnologia è cambiata, abbiamo rassicurazioni dal punto di vista della ricaduta ambientale e con delle basi scientifiche molto solide. Loro sono venuti dicendomi: noi ci dobbiamo preoccupare delle ricadute sociali e ambientali e non di quelle industriali e occupazionali. Io ho detto: capisco, però capite me, io mi devo occupare di entrambi e quindi è anche in base a questo che bisogna prendere una decisione finale”.