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Home - Approfondimenti - La nota - Ex Ilva, Urso comunica la chiusura di tutti gli altiforni entro il mese di luglio. I sindacati in allarme: subito un incontro a Palazzo Chigi

Ex Ilva, Urso comunica la chiusura di tutti gli altiforni entro il mese di luglio. I sindacati in allarme: subito un incontro a Palazzo Chigi

di Elettra Raffaela Melucci
27 Giugno 2025
in La nota
Scioperare per rilanciare l’industria: tutte le (buone) ragioni dell’iniziativa dei metalmeccanici

TARANTO-ARCELORMITTAL EX ILVA, GLI IMPIANTIACCIAIERIA ACCIAIERIEIMPIANTO SIDERURGICOSIDERURGIAARCELOR MITTAL

Ancora un ostacolo sul percorso di rilancio dell’ex Ilva di Taranto. Nell’incontro in videoconferenza con i sindacati dei metalmeccanici, che si è tenuto questa mattina, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha riferito della possibilità di chiusura di tutti gli altiforni entro la fine di luglio. Il Ministro ha altresì reso noto il percorso d’interlocuzione con le Istituzioni locali in merito alla realizzazione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e dell’Accordo di programma interistituzionale necessario affinché l’Autorizzazione trovi realizzazione. Una situazione, questa, che, secondo quanto riferito dai sindacati, dipende anche dall’attesa sentenza del Tribunale di Milano.

Per la Fim-Cisl, rappresentata dal segretario generale, Ferdinando Uliano, e dal segretario nazionale, Valerio D’Alò, in assenza di decisioni politiche sul programma interistituzionale e conseguente AIA, sarà proprio la sentenza a decidere le sorti dello stabilimento e dell’occupazione ad esso correlata. In considerazione degli impatti ambientali, sostengono, “l’AIA deve passare necessariamente dalla realizzazione dei forni a gas, di impianti di DRI e di un desalinizzatore che gestisca la gestione delle acque in entrata e in scarico per lo stabilimento. Per ottenere questo ciclo di produzione, è fondamentale gestire l’approvvigionamento di gas attraverso una nave rigassificatrice nel porto di Taranto”.

“Il Ministro ha dichiarato anche che esiste la possibilità, difronte al diniego delle istituzioni locali a Taranto di realizzazione degli impianti, che gli stessi siano realizzati altrove e addirittura il ridimensionamento e la messa in discussione del futuro stesso dei stabilimenti”. Per la Fim, questo potrebbe significare una pesantissima ricaduta sia sul piano occupazionale, sia per i lavoratori dell’area a caldo oltre la minore possibilità di una loro ricollocazione. “Bisogna lavorare insieme perché i nuovi impianti, la nuova Ilva, sia rilancio e non un ulteriore prezzo da pagare. Le istituzioni locali devono avere la consapevolezza della responsabilità che devono esercitare per coniugare ambiente, sviluppo e occupazione. È indispensabile alzare il livello di interlocuzione istituzionale, a partire dal tavolo permanente presso Palazzo Chigi, con il coinvolgimento di tutte le Istituzioni locali”.

Posizione condivisa anche dalla Fiom-Cgil che, nelle parole di Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la stessa Fiom, denuncia l’incertezza del percorso di decarbonizzazione a seguito di un annuncio che, per la sua rilevanza, “doveva avvenire presso Palazzo Chigi dove è istituito il tavolo permanente sull’ex Ilva”. Il monito è chiaro: “Non accetteremo soluzioni che prevedano la chiusura dell’azienda con ripercussioni pesanti sulle lavoratrici e i lavoratori e su tutta l’occupazione. Ancora una volta si dimostra l’incapacità della politica di risolvere il presente per affrontare il futuro”. Scapa ha poi annunciato che, di concerto con le altre organizzazioni sindacali, saranno valutate le iniziative da intraprendere.

Toni barricadieri dalla segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo, e dal segretario generale della Uilm-Uil, Rocco Palombella: “Non possiamo accettare un atteggiamento di scarico di responsabilità verso le organizzazioni sindacali, peraltro non presenti al tavolo sull’accordo di programma, rispetto al futuro dell’ex Ilva. Occorre una svolta immediata e radicale nella gestione di questa crisi”. Per i due sindacalisti “è indispensabile garantire piena tutela occupazionale, non solo per le lavoratrici e i lavoratori diretti, ma anche per l’intero indotto”, attraverso un vero piano di rilancio industriale e la definizione tempestiva di un Accordo interistituzionale basato su investimenti strutturali, innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale.

“Non sono più ammissibili soluzioni tampone o scorciatoie – aggiungono Buonomo e Palombella -. Il tempo stringe e si rischia di arrivare a un punto di non ritorno, vista la condizione drammatica in cui versano gli stabilimenti.  È necessaria una maggiore autorevolezza da parte del Governo, spingendo affinché le Amministrazioni locali coinvolte giungano a una soluzione definitiva, concreta e rapida. La politica, nazionale e locale, deve mettere al centro il bene delle persone, la difesa dell’ambiente e della salute, il futuro del Paese e non altre questioni”. “Chiediamo di essere coinvolti nelle decisioni sul futuro dell’ex Ilva – hanno concluso Buonomo e Palombella – e non di essere chiamati solo a fatti già accaduti e solo per gestire macerie sociali e occupazionali. Il tempo dei rinvii e delle non decisioni è finito.”

Ieri, giovedì 26 giugno, i Commissari straordinari di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria avevano riferito, in una nota, che “si è reso necessario aggiornare le tempistiche di attuazione del Piano di Ripartenza a causa di criticità tecniche non prevedibili al momento della sua elaborazione. Si è trattato quindi di un evento totalmente inaspettato e non previsto”. In particolare, proseguivano i commissari, “l’impossibilità di procedere alla riattivazione dell’altoforno 2 (Afo/2) ha inciso in modo determinante sul cronoprogramma. Al subentro della gestione straordinaria, l’altoforno 2 era fermo ma carico di ghisa e non in condizioni di essere svuotato, vista l’alta temperatura interna residua. Le operazioni di rimozione, avviate solo a dicembre 2024 e concluse a marzo 2025, sono state complesse e svolte con la massima cautela per motivi di sicurezza”.

“Solo al termine delle operazioni preliminari è stato possibile rilevare i gravi danni impiantistici, la cui genesi è certamente antecedente al subentro dell’Amministrazione Straordinaria, avvenuto nel febbraio 2024 – prosegue la nota – In considerazione della situazione emersa, e a tutela della sicurezza di impianti e lavoratori, si è deciso di non procedere alla riaccensione dell’Afo/2, predisponendo contestualmente l’acquisto urgente dei materiali necessari al ripristino, compatibilmente con i tempi tecnici di approvvigionamento”.

“A questa circostanza – ricordano i commissari – si è aggiunto nel maggio 2025 un ulteriore evento impiantistico che ha comportato la fermata di esercizio dell’altoforno 1 (Afo/1), la cui durata al momento non è definibile. Queste condizioni impiantistiche hanno avuto un impatto diretto sulle tempistiche operative previste, pur restando confermato l’obiettivo di garantire la sicurezza, la conformità normativa e la piena tutela dei lavoratori”. I commissari straordinari concludono garantendo di continuare a operare “in modo responsabile, assicurando la piena collaborazione con le istituzioni e con tutti i soggetti coinvolti nel percorso di rilancio del sito industriale.”

Nel pomeriggio di oggi i sindacati hanno dato notizia di aver inviato al Sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano, una richiesta di incontro urgente a Palazzo Chigi.

Elettra Raffaela Melucci

Elettra Raffaela Melucci

Redattrice de Il diario del lavoro

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