L’ex Ilva è un “asset strategico di rilievo nazionale ed internazionale. Siamo in un momento decisivo che richiama tutti al massimo senso di responsabilità”. Lo ha detto il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, in un’informativa al Senato sulla situazione dell’ex Ilva, sottolineando “l’urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende non esaltanti degli ultimi dieci anni”.
L’obiettivo del governo, precisa Urso, è quello di “invertire la rotta cambiando equipaggio attraverso il rinnovamento e la specializzazione degli impianti esistenti. Mi riferisco a Taranto, che dovrà recuperare il ruolo di campione industriale, a Termi, per un rafforzamento della produzione dell’acciaio speciale con un contratto di programma che dovrebbe essere definito entro febbraio, e a Terni, che ora registra un interesse, oltre che del soggetto presente, di potenziali nuovi investitori stranieri con cui ci apprestiamo a sottoscrivere un memorandum”. In vista di questi obiettivi, occorre “definire finalmente una politica industriale duratura nel tempo per il bene di tutti gli italiani e dei lavoratori metalmeccanici e delle loro famiglie che non vogliamo deludere. Non siamo condizionabili come non lo sono loro”.
Nello specifico dello stabilimento di Taranto e degli ultimi rivolgimenti dei rapporti con ArcelorMittal, Urso conferma di aver dato mandato a Invitalia e al suo team di legali “di esplorare ogni possibile conseguente soluzione. Sono ore decisive per garantire nell’immediato, in assenza di impegno del socio privato, la continuità della produzione e la salvaguardia dell’occupazione, nel periodo necessario a trovare altri investitori di natura industriale”. A tal fine, “abbiamo sostenuto il rafforzamento patrimoniale di Acciaierie d’Italia con 680 mln di euro convertibili in azioni in ogni momento, anche prima di quanto precedentemente determinato per maggio 2024” e inoltre è stato messo a disposizione di Invitalia un ulteriore milione “per sostenere eventuali esigenze finanziarie aggiuntive della società che si rendessero necessarie per raggiungere gli obiettivi produttivi per il 2023, indicati concordemente in 4 mln di tonnellate di acciaio, come concordato nel term sheet che è stato definito concomitante al decreto legge” Asset.
Quanto è certo, chiarisce il Ministro, è che il governo si è mosso “sin dall’inizio per cercare di recuperare il declino produttivo”, precisando che “con la finalizzazione degli accordi di gennaio 2023 tra i soci, abbiamo ridefinito parzialmente, i precedenti accordi, realizzando migliori condizioni di governance e prevedendo il possibile ingresso di un altro attore industriale, anche in partnership, cosa precedentemente ed espressamente esclusa”.
Con il decreto Asset, inoltre, è stata aggiunta “la possibilità di cessione degli impianti pur in vigenza di sequestro, consentendo la continuità operativa anche nel caso in cui l’ultimo grado di giudizio dovesse confermare la confisca degli impianti. Una norma strategica per chiunque gestirà o investirà nell’impianto”.
“La possibilità di acquisire gli impianti e la conseguente patrimonializzazione – ha chiarito Urso – può portare infatti ad una pronta bancabilità e quindi alla liquidità per l’azienda indispensabile per assicurare manutenzioni e investimenti, nonché per il riavvio delle produzioni”.
Attualmente, continua il ministro, “il socio privato ha detto con estrema chiarezza che non ha intenzione di immettere alcuna risorsa persino nell’ipotesi in cui la sua quota all’aumento di capitale sociale da parte di Invitalia dovesse scendere al 34%. ArcelorMittal – ha chiarito Urso – si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza, ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l’intero onere finanziario sullo Stato ma nel contempo reclamando il privilegio, concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d’Italia, di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile, né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato”.
Per il ministro, tali esiti hanno origine nell’abrogazione dello scudo penale nel 2019, che “pose Arcelor Mittal in una posizione di forza nei confronti del governo di allora. Di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel marzo 2020 il governo Conte 2, ministro Patuanelli, avvia una trattativa con gli investitori franco indiani da cui nascerà Acciaierie di Italia con l’ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che nessuno che abbia a cuore l’interesse nazionale avrebbe mai consentito”, poiché “nessuno che abbia conoscenza delle dinamiche industriali avrebbe accettato quelle condizioni”, ha aggiunto Urso. “La governance era rimasta nelle mani del socio privato che nel frattempo deconsolidava l’asset e non immetteva alcuna risorsa nell’azienda”.
e.m.