E’ molto preoccupato Beppe Farina, il nuovo segretario generale del sindacato dei metalmeccanici della Cisl. Federmeccanica sta allentando i rapporti col sindacato, la Fiom cerca solo il conflitto. Le relazioni industriali si sfilacciano. Ma Farina non getta la spugna. Al contrario rilancia, cercando un rapporto forte con i lavoratori, che, dice, vogliono un sindacato diverso, e puntando alla leadership della categoria.
Beppe Farina, che prospettive ci sono per i metalmeccanici?
Nulla di buono. Le relazioni industriali stanno toccando livelli che non ricordo. C’è uno sfilacciamento totale dei contatti con Federmeccanica, che sono sempre stati abbastanza ridotti, ma che adesso non ci sono proprio.
Cosa è accaduto?
Federmeccanica si è ritirata sull’Aventino accusandoci di non rispettare le regole sulla contrattazione. Soprattutto per quanto si riferisce alle sovrapposizioni tra la contrattazione nazionale e quella aziendale.
C’è stato un atto formale?
Ci hanno scritto una lettera ai primi di settembre formalizzando la loro riprovazione.
Ma era vero che non rispettavate le regole?
Per essere vero era vero, ma si è sempre fatto, c’è sempre stata una certa flessibilità. E invece ci hanno dato un ultimatum.
E voi?
Noi abbiamo cercato di rimettere in piedi gli organismi di gestione, le commissioni, gli osservatori, ma Federmeccanica ha insistito che voleva un nostro atto formale.
Un problema serio.
Molto serio, si sta degradando il profilo del confronto. Non vedo gran senso di responsabilità.
Cosa ha portato questo irrigidimento?
Penso che abbiano preso forza dentro Federmeccanica le piccole imprese, da sempre poco abituate al confronto con il sindacato. Ma un forte peso ha avuto anche la Fiat.
A cosa può portare questa situazione?
Mancherà una cabina di regia delle relazioni industriali , avremo relazioni industriali deregolate, varrà la legge del più forte.
Un problema per la Fim?
Per noi, ma dovrebbe esserlo anche per le imprese. Non fosse che perché la tentazione di relazioni industriali che seguano la legge del pendolo trova consenso in casa Fiom, e questo crea problemi a tutti.
In un momento di grave crisi economica forse non ci voleva.
Assolutamente no. Più cresce l’incertezza, più ci sarebbe bisogno di stabilità nelle relazioni industriali. Ma il vertice di Federmeccanica mostra di non sapere reagire, appare sfiduciato e indebolito.
E la Fiom?
la Fiom non ha problemi, non si preoccupa certo del caos, che è la condizione naturale per il conflitto. Chi paga le conseguenze sono le imprese, ma soprattutto i lavoratori, perché regredisce il peso del sindacato, la sua capacità di tutelare i lavoratori.
Il sindacato regredisce sui posti di lavoro?
Non in termini di adesioni, ma cresce l’unilateralità delle imprese, noi siamo sempre meno capaci di porci some interlocutori. Alla Fiom questo non è mai interessato, ma noi della Fim crediamo che questa sia la via da seguire.
Aiuterebbe un accordo sul modello contrattuale?
Rilancerebbe le relazioni industriali ridefinendo un quadro di regole certe. Secondo lo schema che sta passando Confindustria rilancia proprio sul confronto col sindacato.
Ma l’accordo con la Cgil è lontano.
Il nostro compito è quello di fare il possibile per coinvolgere la Cgil. Temo che se non ci riuscissimo la situazione peggiorerebbe per tutti.
La Fiom non sente quest’esigenza?
Sembra passiva, in una fase involutiva. Eppure ricordo una Fiom che manteneva la sua politicità, abbinandola però a una forte cultura sindacale. Dirigenti come Damiano, Castano, Sateriale, Nencini erano prima di tutto contrattualisti.
E adesso?
adesso temo che nei gruppi dirigenti prevalga la cultura politica. Per questo sembra complicato realizzare accordi unitari.
Avevate delle regole precise per marciare assieme. Valgono ancora?
Quelle regole erano utili per portare avanti accordi unitari. Temo che diventino sempre più inutilizzabili.
Avremo sempre piattaforme differenti?
Se l’evoluzione è questa, sarà sempre più difficile costruire piattaforme unitarie. Perché è diversa l’impostazione di fondo.
Cosa potete fare?
Se siamo sempre meno capaci di trovare delle mediazioni, l’unica cosa è rivolgerci più spesso ai lavoratori. Che vogliono un sindacato contrattualista, pragmatico, lontano dalla politica, che vedono l’impresa non come il terreno della lotta di classe, ma un valore per il territorio e chi ci lavora.
La Fim che ambizione ha?
Acquisire la leadership della categoria, non affidare il futuro del sindacalismo metalmeccanico solo alla Fiom.
15 ottobre 2008
Massimo Mascini


























