Enrico Letta – Segretario generale Arel
Finanziaria e pensioni: sugli scenari di un autunno che si preannuncia assai difficile per un governo e una maggioranza parlamentare inadeguati alla situazione, su questi scenari attesi si è abbattuto, inatteso, il grande black out elettrico del 28 settembre.
Un black out senza precedenti, dal quale il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ha subito cercato di distogliere l’attenzione, con il suo messaggio a reti unificate sulla riforma previdenziale: viceversa è proprio l’energia la vera emergenza, e su questo tema, specie dopo quanto accaduto si impongono alcune riflessioni e proposte per la stagione nella quale siamo appena entrati.
Quanto a Finanziaria e pensioni, del resto, sono possibili al momento poche considerazioni concrete. La manovra deve ancora affrontare il percorso parlamentare – negli ultimi anni la maggioranza l’ha puntualmente stravolta – e in ogni caso è grave che stavolta una sua parte possa finire in decreto legge, esautorando le Camere dalla discussione; certo è che i suoi contorni appaiono sfuocati e nel complesso emerge una Finanziaria debole in relazione ai problemi di crescita del Paese.
Circa le pensioni, colpisce la palese contraddizione fra l’allarme sui conti previdenziali drammatizzato da Berlusconi e l’intervento che viene proposto: semplici aggiustamenti e rinvii. L’unico punto fermo è l’effetto boomerang sui conti pubblici determinato dagli annunci di questo tipo: le persone sono infatti portate a scegliere il pensionamento anticipato, per quanto possibile.
Torniamo dunque all’energia: per il governo Berlusconi è una questione prioritaria o non lo è? Per i governi dell’Ulivo lo è stata: i decreti di liberalizzazione dell’energia elettrica e del gas e le politiche di incentivazione dell’energia ambientalmente compatibile – con i quali si sono recepite importanti direttive europee – sono stati il frutto di un esame approfondito condotto insieme a tecnici, parti sociali, enti locali. Siamo sempre stati convinti che il tema energetico fosse uno degli elementi decisivi per la competitività del Paese. Questo governo è dello stesso parere? Si direbbe di no.
Ci attendiamo in primo luogo la verità e l’accertamento delle responsabilità circa il black out. Per questo abbiamo chiesto che una commissione parlamentare d’inchiesta dica agli italiani – ai quali il capo del governo non è stato capace di rivolgere una sola parola di scusa – perché, in una notte nella quale non si registravano certo picchi di consumo, si è verificata una gigantesca interruzione di energia elettrica, durata ore e ore. Un’interruzione che ha gettato nel caos i cittadini, provocato vittime e causato pesanti danni economici. E’ chiaro il fallimento di chi doveva far funzionare il sistema d’emergenza. E pensare che lo scorso 25 giugno, per aver applicato a dovere le procedure d’emergenza, con i distacchi controllati, l’allora presidente e l’amministratore delegato del Gestore della rete furono cacciati, di punto in bianco, dal ministro per le Attività produttive, Antonio Marzano. Colui che alle 9.52 di domenica 28 settembre, con più di mezza Italia ancora senza energia elettrica, non ha trovato di meglio che indicare nell’opposizione la responsabilità del black out.
Accertata la verità su quanto accaduto, siamo disponibili al confronto con la maggioranza sul piano energetico nazionale, e abbiamo una serie di proposte concrete.
Primo: rafforzare le procedure di emergenza. Va modificato il meccanismo per cui la notte si utilizza soltanto energia da importazione. Evidentemente è troppo rischioso.
Secondo: bisogna che la gestione dei controlli avvenga in un quadro chiaro e definito. Una sorta di “catena di comando” di cui siano sempre noti compiti e responsabilità.
Terzo: attivare immediatamente nuovi elettrodotti di importazione. Potrebbero essere disponibili in tempi brevissimi tre linee: la Matera-S. Sofia, la Cordignano-Lien, la S. Fiorano-Robbia. Se fossero necessari poteri straordinari al governo per fare subito, credo che questa richiesta potrebbe essere accolta. Un’altra misura importante sarebbe quella di favorire la presenza dell’Enel sui mercati europei e in particolare l’accordo con Edf per il rafforzamento della sua capacità produttiva.
Quarto: deve essere potenziata la produzione nazionale, come ha affermato il presidente della Repubblica, diversificando le fonti allo scopo di ridurre la nostra dipendenza dal petrolio. Le autorizzazioni per la costruzione di nuove centrali non sono di per sé una bacchetta magica. Occorrono i finanziamenti, la stabilità delle regole e il pieno rispetto di tutte le compatibilità ambientali. Il disegno di legge Marzano fermo al Senato, dopo il calvario di 18 mesi di discussioni interne alla maggioranza e di scontri tra il ministro dell’Economia Giulio Tremonti e lo stesso Marzano, doveva essere discusso nel mese di luglio ed è slittato a ottobre per far posto alla discussione della legge Gasparri sull’emittenza. Esso rappresenta il naturale completamento del decreto Bersani che nel ‘99 ha introdotto la liberalizzazione in Italia e dovrà dare agli operatori la stabilità normativa necessaria.
Quinto: il Paese deve riprendere una politica energetica nel campo delle energie rinnovabili, usando l’innovazione tecnologica per cominciare finalmente a sfruttare il riciclaggio dei rifiuti, l’energia del sole e tutte le altre forme di energia pulita. Questo è tanto più necessario oggi che ci si avvicina alla tanto sospirata applicazione dei criteri di Kyoto in materia di compatibilità ambientale.
Su tutto ciò, come opposizione, siamo disponibili a fare la nostra parte. Ma per favore, a partire proprio da questo autunno, il governo capisca che il tema energia è più urgente della legge Gasparri.