La spesa pensionistica italiana è e sarà anche nei prossimi anni troppo elevata nonostante l’entrata in vigore della riforma Fornero. Per questo occorrono misure tese soprattutto a colpire le pensioni calcolate con il metodo retributivo e quello misto, i criteri di concessione delle pensioni di reversibilità e il basso livello di contributi versati dai lavoratori autonomi. È questo il giudizio del working papare del Fondo Monetario Internazionale “Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform”, a cura degli economisti Michal Andrle, Shafik Hebous, Alvar Kangur e Mehdi Raissi.
Attualmente la spesa pensionistica italiana, con il 16% del Pil, è la seconda più alta in Europa dopo quella della Grecia. E alle eccessive uscite previdenziali lo studio imputa l’insufficiente spesa pubblica per istruzione e per investimenti.
Nello studio si sottolinea l’opportunità di intervenire sulle pensioni calcolate in toto o in parte sulla base delle retribuzioni, attraverso il taglio della tredicesima oppure il ricalcolo dell’importo con un metodo meno generoso. Tutti provvedimenti che, anche se un giorno trasformati in legge, potrebbero essere impugnati dai diretti interessati.
Per quanto riguarda le pensioni di reversibilità – quelle italiane con un livello del 2,75% del Pil sono le più alte in Europa – gli economisti propongono di fissare un’età minima affinché il coniuge vedovo ne possa beneficiare, eliminando, contemporaneamente, la possibilità che sia usufruite anche da altri familiari.
Lo studio evidenzia anche la disparità dei contributi versati tra i lavoratori dipendenti (33% del salario) e quelli degli autonomi, proponendo di alzare al 27% l’attuale aliquota del 24% di quest’ultimi.
Il working paper prospetta anche l’eliminazione dei benefici nel calcolo della pensioni delle madri lavoratrici, spostando le agevolazioni nell’ambito della spesa sociale. Oggetto di critica anche la quattordicesima mensilità concessa ai pensionati che ricevono importi minimi. Al suo posto vengono proposti interventi universali anti-povertà.
La critica presente nel paper al sistema pensionistico italiano parte dal fatto che la spesa previdenziale nel nostro paese si basa su ipotesi troppo ottimistiche sulla crescita dell’economia e dell’occupazione. In particolare quella del Pil supera quella del Pil potenziale. Infine le critiche dello studio riguardano anche le ipotesi relative al trend demografico.