“La mia sensazione è che ci sia ancora poca chiarezza anche da parte delle banche stesse, che in alcuni casi sono soggetti sia attivi che passivi. Certamente c’è attenzione e preoccupazione per le potenziali ricadute occupazionali e in termini di gestione, dato che sono operazioni che potrebbero coinvolgere oltre 100mila addetti, circa il 40% della forza lavoro del settore”. È questo il giudizio di Fulvio Furlan, segretario generale della Uilca, in merito al risiko bancario che sta scuotendo il mondo del credito italiano. “Noi crediamo che le aggregazioni, se devono esserci, – spiega – debbano avere una logica industriale: dare vita ad aziende coerenti con la centralità che il settore del credito deve rivestire ed essere fatte senza mai perdere di vista il ruolo sociale delle banche e la salvaguardia dell’occupazione. Presupposti che sin qui si fatica a riscontrare”. E sul ruolo del governo e l’impiego del golden power afferma: “al momento è un soggetto coinvolto, mentre dovrebbe essere arbitro. Da tempo riteniamo che la politica dovrebbe sostenere un settore del credito in grado di svolgere un ruolo centrale a favore dello sviluppo economico, di famiglie e imprese, dell’occupazione, garantendo presenza sul territorio e tutela del risparmio. Ci saremmo aspettati che l’utilizzo del golden power fosse finalizzato a chiedere il rispetto di queste logiche di valore sociale e di servizio al Paese. Da quanto sappiamo, il suo ricorso si basa su altri motivi e solo per una tra le possibili operazioni”.
Segretario come giudica l’attuale dinamismo bancario?
Crediamo che il sistema economico-finanziario, e nello specifico quello del credito, sia centrale per la vita del Paese e che debba recuperare la propria missione sociale. Ogni eventuale aggregazione o scalata dovrebbe rispondere a questa finalità. Nel movimentato panorama bancario ci preoccupa che questo presupposto non pare prioritario e che possano prevalere dinamiche fra azionisti e posizionamenti politici.
Il sindacato vede di buon occhio le aggregazioni?
Noi pensiamo che se deve esserci un’aggregazione debba rispondere a una logica industriale e alla creazione di un soggetto bancario o assicurativo solido, che garantisca i livelli occupazionali. Per anni si è detto che più una banca è grande e più è capace di svolgere meglio il proprio ruolo. Per molto tempo tante operazioni sono rimaste nel cassetto e si sono rimesse in moto dopo l’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Al momento le motivazioni industriali sono solo accennate e tutte da verificare, mentre appaiono più evidenti gli interessi degli azionisti.
Secondo lei il governo come si sta muovendo?
Il governo in questo risiko non si sta comportando come soggetto terzo che indica una strada di politica industriale e una visione di sistema per il settore, ma si sta schierando. Il vicepremier Salvini ha detto chiaramente che era favorevole a un’operazione tra Banco Bpm e Mps. Così come è manifesto che il governo, o una parte di esso, non ha espresso gradimento per l’interesse mostrato da Unicredit nei confronti di Banco Bpm. Così come non è un segreto che il governo, in quanto azionista di Mps, appoggi l’operazione verso Mediobanca.
Lo strumento del golden power è stato adoperato correttamente?
Lo scopo del golden power è fermare la scalata di soggetti stranieri su asset che hanno un valore strategico nazionale. Finora è stato utilizzato per porre specifiche condizioni nell’operazione tra Unicredit e Banco Bpm, due banche italiane, e non è chiaro se sarà utilizzato per altre. Quindi non vorrei che il governo vi faccia ricorso per favorire certe operazioni e ostacolarne altre, seguendo più una logica politica che un’attenzione al settore, che va richiamato verso quel ruolo economico e sociale che deve ricoprire. Ci saremmo aspettati un utilizzo del golden power finalizzato a chiedere garanzie di mantenimento del servizio sui territori e per la tutela del risparmio, per il sostegno all’economia, alle comunità, al tessuto imprenditoriale e all’occupazione.
Che idea si è fatto delle Ops di Mps su Mediobanca e di Mediobanca su Banca Generali?
L’amministratore delegato di Mps Luigi Lovaglio vede grandi prospettive industriali, che andranno verificate. Se Mps oggi può immaginare di acquisire un istituto che ha tre volte il suo valore, ossia Mediobanca, significa che la banca è uscita dalle difficoltà in cui verteva. Per essere in questa nuova posizione sono stati fondamentali i sacrifici fatti dai lavoratori in tanti anni e nell’ultimo piano d’impresa, che ha visto un accordo tra banca e sindacati con 4mila uscite volontarie. Ora, in primo luogo, sarebbe il momento di dare ai lavoratori riconoscimenti economici, normativi e di benessere lavorativo per il loro impegno, la loro dedizione alla banca e i sacrifici fatti. Per quanto riguarda Mediobanca e Banca Generali, dal punto di vista industriale al momento si può giudicare ben poco e tutto andrà verificato. A una prima analisi leggo l’operazione come una risposta all’Ops che ha ricevuto da Monte dei Paschi, sulla quale sembrano palesi gli interessi di azionisti come Caltagirone e Delfin di arrivare al controllo di Generali tramite le partecipazioni nell’istituto senese e in Mediobanca.
Benessere dei lavoratori e tutela dell’occupazione sono dei cardini dell’ultimo rinnovo del contratto nazionale. Così come da tempo state dando rilievo alla desertificazione bancaria.
Assolutamente sì. La tutela dell’occupazione accanto al tema del ricambio generazionale sono prioritari nel contratto. Siamo consapevoli che con la tecnologia il lavoro del bancario sta cambiando rapidamente ed è un processo che deve essere gestito con la formazione e la contrattazione collettiva continua. Per questo chiediamo sia attivata al più presto la Cabina di Regia istituita con il contratto. Il fenomeno della desertificazione bancaria continua, ma emerge qualche spiraglio positivo e ci sono banche che hanno dichiarato che non chiuderanno più sportelli. Il fatto che se ne parli è già un passo in avanti molto importante e grazie all’azione sindacale oggi c’è molta più sensibilità da parte della politica, nazionale e locale, dei cittadini e di istituti di rilievo come il Cnel. Noi come Uilca insisteremo per far emergere i problemi economici, sociali e di legalità che la chiusura delle filiali produce. Recentemente il presidente dell’Abi Patuelli, durante una tavola rotonda organizzata dall’Anspc, ha affermato che le banche seguono a ruota la chiusura degli esercizi commerciali. Una posizione autoassolutoria che rappresenta il settore del credito come se non avesse l’importanza e la centralità che invece riveste nel Paese. Le banche possono, e devono, essere protagoniste di un processo che eviti lo spopolamento dei territori.
Tommaso Nutarelli