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Home - Approfondimenti - Interviste - Genovesi, un accordo win win per rilanciare l’Italia delle Grandi Opere

Genovesi, un accordo win win per rilanciare l’Italia delle Grandi Opere

di Nunzia Penelope
18 Dicembre 2020
in Interviste
Genovesi, un accordo win win per rilanciare l’Italia delle Grandi Opere

“Non penso di esagerare se dico che questo è uno degli accordi più importanti firmati dal sindacato negli ultimi anni”. L’accordo a cui si riferisce Alessandro Genovesi è quello raggiunto l’11 dicembre scorso tra i sindacati  di categoria ( Feneal Uil, Filca Cisl e Filcea Cgil) e ministero delle Infrastrutture: un protocollo finalizzato alla velocizzazione delle grandi opere pubbliche, che contempla il lavoro sui cantieri 7 giorni su 7 e H24, con una organizzazione del lavoro basata su tre turni e quattro squadre. Detto in altre parole, un sistema simile a quello applicato agli impianti a ciclo continuo (chimica, siderurgia) ma che adesso, per la prima volta, si potrà estendere alla cantieristica. Con una precisa clausola: no agli straordinari, la forza lavoro in più che sarà necessaria si potrà avere solo tramite nuove assunzioni.

Genovesi, definite questo accordo win win, per voi e per il governo che lo ha firmato. In che senso?

Noi crediamo che sia una intesa tra le più significative di questo anni, per il valore sia pratico che politico. Prevede, insieme, maggiori tutele per il lavoro e maggiore rapidità nel realizzare le opere. Ma soprattutto, è una intesa con la quale governo e sindacati, assieme, concordano che le grandi opere si possono fare, lavorando h24,  festivi compresi, e creando nel contempo nuovi posti di lavoro. E’ uno scambio nel quale entrambe le parti guadagnano: il governo, o meglio, il paese, ottiene la velocizzazione dei cantieri, il sindacato ottiene maggiore sicurezza sul lavoro e maggiore occupazione.

Capisco maggiore occupazione, ma perché maggiore sicurezza?

Perché la maggior parte degli incidenti sui cantieri avviene nelle ultime ore di lavoro,  quelle che vanno spesso oltre le otto canoniche: impedendo gli straordinari, si aiuterà a ridurli.

E sul piano lavoro quanto “vale” questa intesa?

Abbiamo calcolato che ne deriveranno circa 20 mila posti di lavoro in più, rispetto ai circa 50 mila attuali: dunque una notevole percentuale di aumento, sopratutto in un anno, il prossimo, nel quale questo paese sara’ affamato di lavoro.

Si può definire questo accordo come una evoluzione del “modello Genova”?

Diciamo che dal modello Genova siamo passati a un “modello Italia”. Le differenze sono sostanziali. Nel modello Genova si poteva fare tutto in deroga, il confronto col sindacato ha poi fatto si che si arrivasse a una precisazione importante, riassumibile con: si può fare tutto in deroga, ma tranne alcune cose. Ci piace di più il modello Italia, perché mette al centro il lavoro e i lavoratori.

In altre parole, avete imposto alcuni paletti.

Uno solo, ma sostanziale, e cioè che il commissario ha l’obbligo di confrontarsi coi sindacati. Ma se a Genova si parlava di un commissario e di un’opera, qui siamo di fronte a decine di opere: invece di fare altrettanti accordi, abbiamo proposto un protocollo unico, valido per tutte, ferma restando la possibilità di contrattare su singoli aspetti delle varie situazioni, ma in un quadro complessivo che è già definito.

L’altro punto chiave è il divieto di straordinari: cosa ne pensano i lavoratori? dovranno rinunciare a una busta paga più pesante.

In cambio di maggiore sicurezza, però. Come ho detto, la gran parte degli infortuni avviene nelle ultime ore di lavoro, quello, appunto, straordinario. La stanchezza ha la sua parte, nel lavoro sui cantieri c’è una componente “fisica” pesantissima. Senza contare che talvolta lo straordinario viene usato anche per dividere i lavoratori, con aziende che lo concedono, diciamo, a discrezione.

E l’idea di dover lavorare anche di notte, di domenica, di festivo? è bene accetta?

Già adesso spesso si lavora così. Lo si farà, d’ora in poi, in maggiore sicurezza. Non va dimenticato che stiamo parlando di opere infrastrutturali ad alto livello, dove lavora quella che definirei una aristocrazia operaia, personale specializzato che oggi spesso vediamo impegnato in altri paesi: i nostri lavoratori stanno costruendo il porto di Marsiglia, la metro di Parigi, le dighe in Olanda, alcuni sono addirittura nei cantieri in America. Con la ripartenza dei cantieri in Italia, potrebbero tornare a lavorare in patria. E non dubito che molti lo faranno con gioia.

Al momento l’accordo vale per le opere infrastrutturali commissariate, sulla base dell’articolo 9 del dl Semplificazioni. Potrà valere in futuro anche per nuove opere non ancora previste?

Si, ed è stata una precisa richiesta del governo: la possibilità di estendere questo accordo anche alle eventuali nuove infrastrutture che deriveranno dagli investimenti che saranno definiti col Recovery Plan.  Per esempio, per l’edilizia sanitaria.

In sintesi, come definirebbe questo accordo?

Come la prova che il sindacato è sempre pronto a mettersi a disposizione del paese,  ed èpronto anche a chiedere ai lavoratori il massimo impegno, per fare le cose di cui il paese ha bisogno. E l’Italia ha un bisogno disperato di infrastrutture, da realizzare velocemente. Se la metro C di Roma, per dire, si farà in due anni e mezzo invece che in tre, non è irrilevante. E questo vale per tutte le altre opere, attuali e future.

Nunzia Penelope

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