Fincantieri ha presentato oggi ai sindacati un piano di riorganizzazione che prevede 2.551 esuberi e la chiusura dei cantieri di Castellammare di Stabia, Sestri Ponente e il ridimensionamento di Riva Trigoso.
Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm, cosa avete risposto all’azienda?
Abbiamo detto chiaramente che una cosa è parlare di recupero di produttività e di efficientamento, un’altro è chiudere tre siti industriali e licenziare 2501 lavoratori.
Che proponete?
Vogliano discutere le modalità migliori per superare questa fase difficile. Si inizi con l’utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, come la cassa integrazione o trasferimenti e si cominci stabilimento per stabilimento a capire come renderli più efficienti. Ma chiuderli è un errore perché quando ripartirà il mercato potrebbe non bastare più la capacità produttiva.
Alcuni siti hanno problemi infrastrutturali?
Sì, a Castellammare esiste l’annoso e mai risolto problema della mancanza di un bacino di carenaggio adeguato alla costruzioni di grandi navi. Fino ad oggi questo non ha impedito che si continuasse a costruire, ma certo se si risolvesse questo problema sarebbe più facile attrarre commesse. A Sesto Ponente il sito industriale è invece tagliato in due dalla ferrovia. Sono però già stati stanziati i fondi dalle istituzioni per trasferire il cantiere sulla parte del sito in riva al mare.
Esiste un problema di produttività?
Più che di produttività ne esiste uno di efficientamento del mercato. Si deve ragionare per esempio su quale attività dare in appalto, su eventuali problemi di assenteismo e sull’organizzazione del lavoro.
Si può dire, come nel caso Fiat, che il problema oggi è la concorrenza dei paesi stranieri?
Nel caso di Fincantieri che produce navi da crociera o militari, prodotti quindi ad altra tecnologia, il problema non è la concorrenza di paesi come la Cina o la Corea che sono per ora concorrenziali più che altro nella produzione di navi commerciali, ma la mancanza di domanda dovuta alla crisi. Con meno commesse in generale, la concorrenza tra produttori storici (Italia, Francia e Germania) si è fatta ancora più agguerrita.
Cosa chiedete al governo?
Intanto vogliamo capire se la pensa come i vertici dell’azienda, visto che è l’azionista di maggioranza. Poi chiediamo una politica industriale per il settore e lo sblocco delle commesse pubbliche. Ancora, che faccia pressione su Bruxelles perché finalmente partano gli ecobonus per la sostituzione delle vecchie navi. Infine, nella privatizzazione di Tirrenia si potrebbe ragionare sulla possibilità di chiedere ai compratori in cambio di una riduzione del prezzo di acquisizione, di investire in nuove navi prodotte da Fincantieri.
Luca Fortis