A partire dal 2001 le Nazioni Unite hanno indicato il 20 giugno come la Giornata internazionale del rifugiato per commemorare l’approvazione, nel 1951, della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quest’anno, come drammaticamente accade sempre più spesso, il pensiero corre al recente naufragio di un peschereccio con oltre 800 persone a bordo a sud della città di Pylos, nel Peloponneso. Al momento sono 81 i corpi senza vita recuperati, mentre le persone tratte in salvo sono 104, anche se le stime non lasciano speranze sul ritrovamento di altri superstiti.
Una giornata di “lutto e indignazione”, afferma la Cisl nazionale in una nota, additando l’inadeguatezza della politica dell’Unione Europea che, “allo stato attuale, non è in grado di affrontare l’emergenza degli sbarchi, come ha riconosciuto la stessa Commissaria Ue agli Affari Interni, Ylva Johansson”. I dati sul numero di rifugiati parlano chiaro e paventano il rischio che queste terribili stragi tornino a verificarsi: il rapporto annuale dell’Unhcr evidenzia che nel 2022 sono 110 milioni le persone costrette alla fuga dai propri Paesi, in aumento di 19,1 milioni rispetto all’anno precedente, prevalentemente a causa alle guerre in atto, ma sono anche gli effetti delle carestie e dei cambiamenti climatici che spingono masse di persone ad abbandonare il proprio paese. “In questo contesto – sottolinea ancora la Cisl – , nel rispetto dei principi fondanti dell’Unione, deve essere comunque garantito il diritto di tutti i rifugiati ad essere protetti, che passa anche dal dovere di organizzare un efficace sistema coordinato di salvataggio in mare per evitare che accadano altre simili tragedie. È innegabile che la gestione delle migrazioni richieda risposte complesse in ambito europeo, internazionale e delle singole nazioni. Ma per evitare altre morti in mare, consapevoli del carattere strutturale del fenomeno migratorio, è fondamentale che si mettano in atto, tra le altre azioni, politiche efficaci che favoriscano vie legali d’ingresso per tagliare i ponti alle bande criminali che sfruttano la disperazione di rifugiati e migranti”.
Un ragionamento condiviso anche dalla segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli:“Le morti in mare non sono incidenti imprevedibili, ma le conseguenze di politiche sbagliate. Di fronte a questo quadro non è pensabile proseguire con politiche che, come previsto anche da quanto varato con il decreto Cutro, non fanno altro che aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione, smantellare la protezione speciale, ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego”.
La richiesta, quindi, è che “il diritto all’accoglienza venga garantito a tutti i richiedenti protezione con politiche che riconoscano la libertà di circolazione alle persone in una dimensione multilaterale tra Paesi, consentendo le vie legali e sicure di accesso e rimuovendo ogni ostacolo all’accesso alla protezione internazionale. Inoltre – aggiunge la segretaria -, vanno superate le politiche fallimentari di esternalizzazione delle frontiere e gli accordi sui respingimenti, intervenuti a diversi livelli, di chi fugge da contesti come quello della Libia o della Turchia”.
“Come più volte proposto dalla Cgil, insieme a molte altre associazioni, occorrono strutture di accoglienza che rispondano alla dignità umana, finanziate e gestite adeguatamente. C’è bisogno – conclude Gabrielli – di migliorare e rendere stabili i servizi complessivi a supporto di un sistema organico dell’accoglienza, del riconoscimento e dell’integrazione per i migranti, rifugiati e richiedenti asilo”.
e.m.



























