• Chi siamo
  • Abbonamenti
  • Contatti
mercoledì, 20 Agosto 2025
  • Accedi
No Result
View All Result
Il Diario del Lavoro

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

Il Diario del Lavoro

Direttore responsabile: Massimo Mascini
Vicedirettrice: Nunzia Penelope
Comitato dei Garanti: Mimmo Carrieri, Innocenzo Cipolletta, Irene Tinagli, Tiziano Treu

  • Rubriche
    • Tutti
    • Poveri e ricchi
    • Giochi di potere
    • Il guardiano del faro
    • Giurisprudenza del lavoro
    Surrogata, la grande ipocrisia

    Il congedo di paternità alla prova dell’uguaglianza: la Corte Costituzionale riconosce il diritto anche alle madri in coppie omogenitoriali

    La trappola dei dazi

    La trappola dei dazi

    La calamità Trump nel disinteresse americano

    La calamità Trump nel disinteresse americano

    Clima, Cgil: domani a Roma Landini in piazzi con i ragazzi Fridays for Future

    Tra “disastri e stagnazione delle politiche” la Bce tira le somme dell’età degli estremi

    Il decreto Cura Italia non impedisce il licenziamento per superamento del periodo di comporto

    Piccole imprese, grandi rischi: la Corte Costituzionale alza il prezzo dei licenziamenti illegittimi

    Giorgia, la capa tribù

    Riforme al palo, populismo penale in gran salute

  • Approfondimenti
    • Tutti
    • I Dibattiti del Diario
    • L'Editoriale
    • Diario delle crisi
    • La nota
    • Interviste
    • Analisi
    Ponte Stretto, Cgil: non si autorizzi senza certificazioni, il Governo chiarisca dopo le dichiarazioni di Ingv

    Tebe dalle Sette Porte e il Ponte sullo Stretto: nell’edilizia in crisi di manodopera, forse solo aumentando gli immigrati si coprirebbero i 120 mila nuovi occupati annunciati da Salvini

    Scioperare per rilanciare l’industria: tutte le (buone) ragioni dell’iniziativa dei metalmeccanici

    L’ex Ilva e il “gioco dei tre cantoni”

    A Genova sciopero dei lavoratori del porto: bloccati i varchi

    Genova, i camalli bloccano un carico di armi diretto in Medio Oriente. Poggi (Filt-Cgil): il governo e la politica trovino gli strumenti per tutelare lavoratori e cittadini

    Industria Cina perde colpi mentre eurozona mantiene slancio

    Le importazioni cinesi potrebbero impattare su 29 milioni di lavoratori europei. A dirlo uno studio contenuto nel bollettino della Bce

    Banche, sindacati: torni l’obbligo di appuntamento per entrare in filiale

    Uilca, 13 milioni di cittadini esposti alla desertificazione bancaria

    Ilva, sbloccata la trattativa

    Ex Ilva, prime adesioni dei gruppi parlamentari per l’incontro del 29 agosto. Sindacati: respingiamo le polemiche

  • Fatti e Dati
    • Tutti
    • Documentazione
    • Contrattazione
    Spiedì, Fai-Cisl: sottoscritto accordo di secondo livello. Premio di risultato dal 400 euro

    Spiedì, Fai-Cisl: sottoscritto accordo di secondo livello. Premio di risultato dal 400 euro

    20mila posti a rischio nelle Tlc, i sindacati lanciano la mobilitazione

    Telecomunicazioni, riaperta la trattativa per il rinnovo del contratto

    Il report della Fisac-Cgil sul settore assicurativo

    Colacem, siglata l’ipotesi di accordo integrativo di secondo livello

    Edilizia, sottoscritta l’ipotesi di rinnovo del contratto provinciale per l’edilizia industria di Roma e provincia

    Il capitano Margherito

    P.A., firmati i contratti per dirigenti di polizia e forze armate

    L’analisi Confcommercio sulle spese obbligate – Anni 1995-2025

  • I Blogger del Diario
  • Biblioteca
    Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto. Edizioni Alegre

    Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto. Edizioni Alegre

    L’armonia degli sguardi, di Emiliano Manfredonia. Edizioni: San Paolo

    L’armonia degli sguardi, di Emiliano Manfredonia. Edizioni: San Paolo

    Appunti su Gino Giugni, riformista, di Francesco Liso. Editore Cacucci

    Appunti su Gino Giugni, riformista, di Francesco Liso. Editore Cacucci

    Il Progetto, Rivista di cultura del lavoro. Editore Fondazione Ezio Tarantelli

    Il Progetto, Rivista di cultura del lavoro. Editore Fondazione Ezio Tarantelli

    Attraversare i confini, di Valerio Nicolosi. Editore Utet

    Attraversare i confini, di Valerio Nicolosi. Editore Utet

    Crimini e caporali, di AA.VV. a cura di Stefano Becucci e Vincenzo Scalia

    Crimini e caporali, di AA.VV. a cura di Stefano Becucci e Vincenzo Scalia

  • Appuntamenti
Il Diario del Lavoro
  • Rubriche
    • Tutti
    • Poveri e ricchi
    • Giochi di potere
    • Il guardiano del faro
    • Giurisprudenza del lavoro
    Surrogata, la grande ipocrisia

    Il congedo di paternità alla prova dell’uguaglianza: la Corte Costituzionale riconosce il diritto anche alle madri in coppie omogenitoriali

    La trappola dei dazi

    La trappola dei dazi

    La calamità Trump nel disinteresse americano

    La calamità Trump nel disinteresse americano

    Clima, Cgil: domani a Roma Landini in piazzi con i ragazzi Fridays for Future

    Tra “disastri e stagnazione delle politiche” la Bce tira le somme dell’età degli estremi

    Il decreto Cura Italia non impedisce il licenziamento per superamento del periodo di comporto

    Piccole imprese, grandi rischi: la Corte Costituzionale alza il prezzo dei licenziamenti illegittimi

    Giorgia, la capa tribù

    Riforme al palo, populismo penale in gran salute

  • Approfondimenti
    • Tutti
    • I Dibattiti del Diario
    • L'Editoriale
    • Diario delle crisi
    • La nota
    • Interviste
    • Analisi
    Ponte Stretto, Cgil: non si autorizzi senza certificazioni, il Governo chiarisca dopo le dichiarazioni di Ingv

    Tebe dalle Sette Porte e il Ponte sullo Stretto: nell’edilizia in crisi di manodopera, forse solo aumentando gli immigrati si coprirebbero i 120 mila nuovi occupati annunciati da Salvini

    Scioperare per rilanciare l’industria: tutte le (buone) ragioni dell’iniziativa dei metalmeccanici

    L’ex Ilva e il “gioco dei tre cantoni”

    A Genova sciopero dei lavoratori del porto: bloccati i varchi

    Genova, i camalli bloccano un carico di armi diretto in Medio Oriente. Poggi (Filt-Cgil): il governo e la politica trovino gli strumenti per tutelare lavoratori e cittadini

    Industria Cina perde colpi mentre eurozona mantiene slancio

    Le importazioni cinesi potrebbero impattare su 29 milioni di lavoratori europei. A dirlo uno studio contenuto nel bollettino della Bce

    Banche, sindacati: torni l’obbligo di appuntamento per entrare in filiale

    Uilca, 13 milioni di cittadini esposti alla desertificazione bancaria

    Ilva, sbloccata la trattativa

    Ex Ilva, prime adesioni dei gruppi parlamentari per l’incontro del 29 agosto. Sindacati: respingiamo le polemiche

  • Fatti e Dati
    • Tutti
    • Documentazione
    • Contrattazione
    Spiedì, Fai-Cisl: sottoscritto accordo di secondo livello. Premio di risultato dal 400 euro

    Spiedì, Fai-Cisl: sottoscritto accordo di secondo livello. Premio di risultato dal 400 euro

    20mila posti a rischio nelle Tlc, i sindacati lanciano la mobilitazione

    Telecomunicazioni, riaperta la trattativa per il rinnovo del contratto

    Il report della Fisac-Cgil sul settore assicurativo

    Colacem, siglata l’ipotesi di accordo integrativo di secondo livello

    Edilizia, sottoscritta l’ipotesi di rinnovo del contratto provinciale per l’edilizia industria di Roma e provincia

    Il capitano Margherito

    P.A., firmati i contratti per dirigenti di polizia e forze armate

    L’analisi Confcommercio sulle spese obbligate – Anni 1995-2025

  • I Blogger del Diario
  • Biblioteca
    Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto. Edizioni Alegre

    Con la testa e con le mani. Quando la classe si fa racconto. Edizioni Alegre

    L’armonia degli sguardi, di Emiliano Manfredonia. Edizioni: San Paolo

    L’armonia degli sguardi, di Emiliano Manfredonia. Edizioni: San Paolo

    Appunti su Gino Giugni, riformista, di Francesco Liso. Editore Cacucci

    Appunti su Gino Giugni, riformista, di Francesco Liso. Editore Cacucci

    Il Progetto, Rivista di cultura del lavoro. Editore Fondazione Ezio Tarantelli

    Il Progetto, Rivista di cultura del lavoro. Editore Fondazione Ezio Tarantelli

    Attraversare i confini, di Valerio Nicolosi. Editore Utet

    Attraversare i confini, di Valerio Nicolosi. Editore Utet

    Crimini e caporali, di AA.VV. a cura di Stefano Becucci e Vincenzo Scalia

    Crimini e caporali, di AA.VV. a cura di Stefano Becucci e Vincenzo Scalia

  • Appuntamenti
No Result
View All Result
Il Diario del Lavoro
No Result
View All Result

Home - Approfondimenti - Analisi - Gli obiettivi della strategia imprenditoriale

Gli obiettivi della strategia imprenditoriale

6 Ottobre 2004
in Analisi

di Walter Cerfeda – Segretario Confederale della Ces

La modifica profonda nella durata e gestione degli orari di lavoro non sarà di breve durata. Infatti le ragioni che hanno motivato questa scelta, in atto ormai da qualche mese in numerosi Paesi europei – Germania, Francia, Olanda, Belgio, Inghilterra -, hanno radici che non sarà facile estirpare. Per questo è sbagliato dare una lettura tutta congiunturale del fenomeno (le delocalizzazioni, l’allargamento), perché essa ci impedisce una riflessione più di fondo.

Le radici di questa scelta risiedono in una secca perdita di competitività dell’Europa nelle ragioni di scambio mondiale, accentuatasi in particolare negli ultimi tre anni. Com’è noto, il mondo è entrato in una fase di fortissimo rallentamento economico a ridosso di quell’evento tremendo ed incanccellabile che fu l’11 settembre. Ma, mentre gli Stati Uniti ed il Giappone sono stati in grado di fuoruscirne nel giro di un paio di anni, l’Europa è invece restata ferma al palo della crisi. Sono le cifre che parlano da sole. Se si misura il tasso di produttività degli ultimi 24 mesi, si constata che mentre essa è cresciuta in Europa dello 0,9%, negli Stati Uniti la media è stata del 5,3% con picchi all’8-9%, mentre addirittura la Cina ha raggiunto il 10,5%. Se si misura la quota di export detenuta dall’Europa nel mercato globale si constata una perdita del 2,4% dal 2000 al 2003. Se si guarda poi alla dinamica della crescita del Pil per il 2004-2005 si osserva che il Pil europeo cresce esattamente la metà di quello americano e molto meno della metà di quello cinese.



Tutti i più autorevoli centri di ricerca economica del mondo indicano che i due motori della crescita mondiale sono oggi gli Stati Uniti e la Cina, mentre l’Europa sta inesorabilmente scivolando verso il terzo posto. Se si guarda alla linea di tendenza, l’avvento impetuoso della Cina e dell’India sul mercato mondiale ha già modificato l’uso ed il costo delle materie prime – petrolio ed acciaio innanzitutto -, i cui rincari colpiscono particolarmente l’Europa regione trasformatrice e tradizionalmente povera di materie prime. Quindi, se si osserva lo scenario realisticamente, la prospettiva europea appare veramente difficile.



Ma cosa è successo? Perché questo brusco arretramento? E’ successo che in un mondo dalle economie sempre più interconnesse ogni ritardo ha conseguenze pesantissime. L’Europa non è stata in grado di reagire rapidamente e con efficacia alla recessione. I vincoli del Patto di stabilità hanno impedito una politica di sostegno alla produzione e alla domanda, mentre negli Usa si faceva un generoso ricorso al deficit-spending per controbilanciare il rallentamento. Un ruolo della Banca centrale che per statuto deve solo sorvegliare la dinamica dell’inflazione europea e non intervenire con politiche di sostegno, mentre la Federal Reserve ha usato sapientemente la politica dei tassi per far riprendere ed incoraggiare gli investimenti . Ancora, una risposta alla crisi con 25 politiche economiche e fiscali, mentre gli Usa ed il Giappone hanno centralizzato gli interventi fino alla riscoperta di forme di keynesismo e/o di protezionismo. Tutto ciò spiega perché l’Europa abbia perso slancio e sia ancora sostanzialmente ferma. Ferma perché il Pil tedesco resta ancora intorno allo zero e la Germania da sola rappresenta la vera locomotiva europea, producendo il 36% del Pil complessivo.



Ma il vero problema sta nelle conseguenze. La tendenza in atto è quella per cui le imprese europee stanno cercando di compensare sul terreno della dinamica dei costi quanto perso nella dinamica della crescita innovativa dei prodotti. Che poi questa sia una politica di corto respiro e senza sbocchi, è del tutto ovvio. Basti osservare che il costo orario del lavoro europeo é 39 volte più basso di quello cinese e 4  di quello indiano, 16 di quello rumeno e bulgaro, 10 di quello ceco, ungherese e polacco. Per questo occorre costruire una risposta molto più complessa a quella che banalmente può apparire come una improvvisa reazione imprenditoriale. Non esamino qui le risposte necessarie sul terreno macroeconomico, anche se lì vi sono poi le soluzioni reali (modifica del Patto, innovazione, ricerca, infrastrutture etc.). Voglio invece affrontare i temi più legati ad una politica corretta degli orari di lavoro.
 
Questa offensiva è partita dalla Germania. La ragione risulta evidente. La struttura della contrattazione tedesca è indubbiamente la più rigida in Europa, e di conseguenza, anche le relazioni industriali risultano più stabili e solide. Ma la rigidità del sistema oltre certi limiti è risultata controproducente. In realtà la Germania non ha retto davanti alle due novità degli ultimi anni: la riunificazione prima e la recessione dopo. Il grande peso di questi due interventi avrebbe dovuto consigliare una maggiore duttilità nelle scelte sindacali. Al contrario, la risposta messa in campo è stata prima (2002) una ondata salarialista – con richieste che in molte categorie sono state il triplo della inflazione reale – e poi (2003) la richiesta di estensione delle 35 ore a tutta la Germania, togliendo così alla sua parte – l’Est – più debole anche quel minimo di flessibilità necessaria per non aggravare il costo unitario del lavoro. L’esito di questa seconda rivendicazione, com’è noto, è stato disastroso, con la reazione dei lavoratori prima ancora degli imprenditori.



Sull’onda di questi errori grossolani si è manifestata la reazione delle imprese, che in realtà minacciano la delocalizzazione al solo fine di ottenere una flessibilizzazione del sistema. Gli accordi Siemens, Opel, Daimler, Continental ed ora il negoziato in corso alla Volkswagen hanno tutti questa logica. La mancanza di cultura adattiva nel sindacato tedesco ha portato molte categorie a definire un vero e proprio decalogo sulle concessioni possibili. Infatti questo approccio viene definito «concessional bargaining», confermando in questo modo di voler procedere come se la flessibilità fosse un evento eccezionale e non ordinario.



Non esiste sindacalista al mondo che non abbia sempre cercato un equilibrio tra la contrattazione di un processo di ristrutturazione e, in cambio, garanzie sull’occupazione o sulle politiche di investimento da parte delle imprese. Utilizzare gli orari o, in casi estremi, sacrificare parte delle retribuzioni, sono stati e sono esercizi complessi e difficili, ma ordinari. Mai è stato definito tutto ciò una concessione. Il problema che però oggi abbiamo di fronte sta nell’influenza più generale che questa pratica può indurre nella politica degli orari europei. Infatti non è certo un caso che i primi effetti li abbiamo dovuti registrare in Olanda ed in Belgio, ovvero nei due territori confinanti e quindi con economie interconnesse. Anche in questi due Paesi gli accordi sull’allungamento degli orari si moltiplicano, sempre con la motivazione che questa è l’unica strada possibile per evitare le delocalizzazioni.



Va in ogni caso ricordato che le delocalizzazioni effettivamente realizzate fin qui sono estremamente ridotte. In realtà il quadro di sistema nei nuovi Stati membri è ancora molto fragile. Fragile sul versante delle infrastrutture materiali ed immateriali, fragile per la povertà territoriale, fragile per il contesto burocratico-amministrativo, fragile sul terreno della qualificazione professionale. I vantaggi quantitativi sui costi spesso si vanificano per la qualità del prodotto, e tutto ciò si acutizza tremendamente quando si tratta di Paesi asiatici. Non è un caso che le delocalizzazioni abbiano riguardato più la fornitura o la subfornitura piuttosto che il trasferimento, e quando il trasferimento avviene esso riguarda le produzioni ad alta intensità di lavoro e a tecnologia debole. E’ sempre stato così in fatto di politiche industriali, anche se ciò finisce per colpire particolarmente l’Italia che – dal tessile al calzaturiero, alla meccanica generale etc.- risulta molto esposta a questa tendenza. Ma di tendenza stiamo parlando, non certo di una minaccia né reale né incombente.



Una recente ricerca della Fondazione di Dublino conferma che negli ultimi cinque anni la riduzione di posti di lavoro derivanti dalla delocalizzazione riguarda il 4% della popolazione lavorativa nell’Europa dei Quindici. Ma questo non mette in discussione il dato fondamentale, la spinta delle imprese per ridurre il costo del lavoro. Paradossalmente si può dire che mentre molti di noi temevano lo svilupparsi di pratiche di dumping sociale, come lo sfruttamento dei nuovi Paesi più deboli, invece ora siamo costretti a constatare che i Paesi deboli vengono solo utilizzati come una minaccia per fare dumping nei Paesi più forti. Per questo anche l’Italia verrà coinvolta in questa tendenza, che probabilmente si manifesterà da noi in modo diverso. Dico questo perché, diversamente dalla Germania, in Italia la flessibilità non costituisce un tabù ormai da molto tempo. L’adattabilità dei nastri orari alle fluttuazioni produttive è patrimonio consolidato di molti contratti di lavoro. Ciò spiega perché finora  non si è sviluppata una pressione pari a quella di altri Paesi.



La rigidità italiana non consiste nelle specifiche «poste» contrattuali quanto nella stessa struttura contrattuale. L’evasione da noi non avviene chiedendo flessibilità ad una norma specifica, come gli orari, ma alla struttura stessa della contrattazione, con il dilagare impressionante del lavoro irregolare o illegale. L’Italia è l’unico Paese europeo in cui esistoni due livelli di contrattazione con funzioni distinte, ma è anche l’unico Paese con contratti a cadenza quadriennale, in un mondo in cui le imprese programmano, quando va bene, a 6 mesi. In Europa, tranne l’Irlanda in cui i salari sono concertati una volta ogni tre anni con il Governo per tutti i lavoratori di tutti i settori, i contratti hanno una cadenza molto più corta (massimo due anni), ma non generano un secondo livello di contrattazione aggiuntiva. La durata limitata, infatti, consente una protezione piena dei lavoratori per quello che riguarda la difesa e/o l’incremento del potere di acquisto, lasciando al livello dell’impresa, invece, una funzione partecipativa piuttosto che negoziale.



Ovviamente, parliamo di pratiche partecipative fortemente radicate nella cultura delle relazioni industriali prima ancora che nella legislazione e nella pratica contrattuale. Tutto ciò ha consentito fin qui di risolvere tutti i problemi relativi alle condizioni ed all’organizzazione del lavoro attraverso il fitto reticolo di strumenti partecipativi esistenti, ed in maniera preventiva piuttosto che come esito di un compromesso negoziale. Anche  il salario fa parte delle politiche aziendali, ma con una funzione più ex post che ex ante, cioè nel definire un aumento retributivo conseguente ad una performance positiva dell’impresa piuttosto che per raggiungere eventuali obiettivi produttivi.



Davanti ad un tale scenario la struttura contrattuale italiana risulta particolarmente distonica. Per questo temo che su questo terreno rischi di concentrarsi una pressione  delle imprese italiane, con l’obiettivo di introdurre modifiche tendenti unicamente a ridurre il monte complessivo dell’attuale costo contrattuale. Detto in altre parole, la flessibilità degli orari tedesca o francese da noi rischia di configurarsi come flessibilità contrattuale.

redazione

redazione

In evidenza

A Genova sciopero dei lavoratori del porto: bloccati i varchi

Genova, i camalli bloccano un carico di armi diretto in Medio Oriente. Poggi (Filt-Cgil): il governo e la politica trovino gli strumenti per tutelare lavoratori e cittadini

8 Agosto 2025
Recapitata lettera Ue, governo risponderà entro domani

Pnrr, la Commissione versa all’Italia la settima rata da 18,3mld

8 Agosto 2025
Tpl Napoli, Garante scioperi sanziona i sindacati per 40mila euro

Tpl Napoli, Garante scioperi sanziona i sindacati per 40mila euro

8 Agosto 2025
Marcinelle, Cgil: memoria necessaria per evitare altre tragedie

Marcinelle, sessantanove anni fa la tragedia che costò la vita a 262 minatori, 136 italiani. Mattarella: la tutela dei lavoratori resta un’urgente necessità

8 Agosto 2025
Fiom e Cgil: la doppia primogenitura

Ex Ilva, Fiom: fallito l’accordo interistituzionale tra governo e enti locali, mobilitati per impedire che a pagare siano i lavoratori

7 Agosto 2025
Ulteriori informazioni

Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali

Direttore responsabile: Massimo Mascini
Vicedirettrice: Nunzia Penelope
Comitato dei Garanti: Mimmo Carrieri,
Innocenzo Cipolletta, Irene Tinagli, Tiziano Treu

© 2024 - Il diario del lavoro s.r.l.
Via Flaminia 287, 00196 Roma

P.IVA 06364231008
Testata giornalistica registrata
al Tribunale di Roma n.497 del 2002

segreteria@ildiariodellavoro.it
cell: 349 9402148

  • Abbonamenti
  • Newsletter
  • Impostazioni Cookies

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Password dimenticata?

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.

Accedi
No Result
View All Result
  • Rubriche
    • Poveri e ricchi
    • Giochi di potere
    • Il guardiano del faro
    • Giurisprudenza del lavoro
  • Approfondimenti
    • L’Editoriale
    • La nota
    • Interviste
    • Analisi
    • Diario delle crisi
  • Fatti e Dati
    • Documentazione
    • Contrattazione
  • I Blogger del Diario
  • Appuntamenti
Il Diario del Lavoro

Direttore responsabile: Massimo Mascini
Vicedirettrice: Nunzia Penelope
Comitato dei Garanti: Mimmo Carrieri, Innocenzo Cipolletta, Irene Tinagli, Tiziano Treu

  • Accedi