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Home - Approfondimenti - L'Editoriale - Il cambio ai vertici Cisl e le divergenze con la Cgil

Il cambio ai vertici Cisl e le divergenze con la Cgil

di Massimo Mascini
3 Febbraio 2025
in L'Editoriale
Def, Cisl: soddisfatti per l’impostazione, subito un patto sociale

Tra pochi giorni, il 12 febbraio, la Cisl cambia il proprio vertice. Luigi Sbarra ha compiuto 65 anni e, come chiede lo statuto confederale, lascia la segreteria generale. Gli subentra Daniela Fumarola, da più di un anno segretaria generale aggiunta. Nessuna anticipazione, naturalmente, sulla politica che la nuova leader vorrà seguire. È possibile che porti avanti la linea seguita dal suo predecessore, ma in questi casi è buona norma non dare nulla per scontato. Il nuovo segretario generale, sempre, in tutte le organizzazioni, rappresenta una novità, le sorprese potrebbero sempre venire. Quello che è certo è che mai la confederazione verrà meno ai propri valori, gli stessi dalla nascita nel 1948. Autonomia, contrattazione, partecipazione, primato sulla politica. Valori abbastanza distanti da quelli della Cgil, il che spiega anche la lontananza che si verifica a volte tra le due confederazioni, come peraltro anche oggi accade.

La differenza sostanziale tra i due maggiori sindacati è comunque il fatto che la Cisl è una confederazione di sindacati, non ritiene, come la Cgil, di rappresentare tutti i lavoratori, la sua attenzione è concentrata sugli iscritti. Guarda e si batte per tutti, ovviamente, ma la priorità è quella. Ed è proprio per questo che l’accordo del 2013 che Cgil, Cisl e Uil raggiunsero per la riforma della rappresentanza prevedeva per il calcolo della rappresentatività di sommare il dato del numero delle tessere con quello dei risultati delle elezioni delle Rsu. Alla Cisl interessava dare spazio agli iscritti, la Cgil era più interessata al consenso che un sindacato riscuote tra tutti i lavoratori, iscritti o non iscritti.

Ed è proprio in nome di questa differenza che la Cisl ha sempre tenuto fortemente alla sua autonomia dalla politica. Sia chiaro, tutto il sindacato ha radici molto forti nelle forze politiche, furono i partiti a sottoscrivere il Patto di Roma, quando la guerra era ancora in corso, per dare vita al nuovo sindacato. E il collegamento è stato mantenuto per decenni, ma sicuramente in maniera più forte dalla Cgil rispetto alla confederazione sorella.

Nella Cgil per molto tempo hanno governato le componenti partitiche, alle quali erano demandate le decisioni più importanti. Per anni esponenti di vertice della Cgil, come anche della Uil, facevano parte degli organi decisionali dei partiti della sinistra, Pci e Psi. La Cisl aveva rapporti molto stretti con la Democrazia cristiana, ma soprattutto perché erano comuni i valori cristiani. Il rapporto era sensibile tra i due poteri, ma forse l’influenza maggiore è stata della Cisl verso la Dc che viceversa.

In nome di questa autonomia la Cisl ha sempre preferito la contrattazione all’intervento legislativo, laddove la Cgil ritiene che per raggiungere risultati più cospicui a volte sia necessaria la legge. Per tutta la Cisl è dalla contrattazione che viene la forza di un sindacato ed è in nome di questa che si regolano anche i comportamenti al tavolo di trattativa. In una vertenza complicata è difficile che un cislino abbandoni il tavolo di negoziato. Ed è anche difficile che, raggiunto un accordo, lo rifiuti perché non porta tutti i risultati attesi. Il cislino tende a restare seduto al tavolo di trattativa e a valorizzare comunque il risultato raggiunto, in una logica incrementale che non lo abbandona mai e in piena autonomia.

Per comprendere questo stato d’animo forse è utile ricordare quanto accadde nel 2002, quando Cisl e Uil firmarono un accordo a tratto generale con il secondo governo Berlusconi, il Patto per l’Italia, respinto invece dalla Cgil per la povertà dei contenuti. In quell’occasione quelle due confederazioni firmarono l’accordo, per non perdere comunque i vantaggi acquisiti, ma quando, poco dopo, si accorsero che il governo non aveva intenzione di attuare le promesse, non esitarono a rinnegare l’intesa, fedeli all’autonomia che le caratterizzava.

L’ultima parola d’ordine della Cisl è la partecipazione. Se si chiama il centralino telefonico della confederazione, a tenere compagnia, nell’attesa, è la canzone La libertà di Giorgio Gaber, per il quale “la libertà è partecipazione”. Una fedeltà che ha portato la Cisl a organizzare la raccolta di firme per una legge popolare su questa materia e che sta portando, proprio in queste settimane, al varo del dispositivo di legge. Un successo di Luigi Sbarra che non ha trovato però il consenso di Maurizio Landini che ha criticato fortemente l’iniziativa, a suo avviso dannosa per la contrattazione. La Cgil non ha mai amato la partecipazione, ritenendo che le responsabilità degli imprenditori e quelle dei lavoratori siano differenti e non debbano mischiarsi e confondersi.

I valori che la Cisl ha conservato nei decenni guideranno forse la nuova dirigenza della confederazione. Ma certezze non esistono.

Massimo Mascini

Massimo Mascini

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Direttore responsabile de Il diario del lavoro

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