Volker Telljohann – Istituto per il lavoro
Sotto i “Comitati aziendali europei – un bilancio delle esperienze dalla direttiva 94/95 Ce ad ogggi” titolo la Uil in partenariato con Cgil e Cisl e con il supporto della Commissione europea, ha organizzato il 18 marzo un convegno internazionale che ha visto una nutrita partecipazione di membri dei Cae, sindacalisti italiani ed europei, rappresentanti della Commissione europea, così come di altri esperti in materia. Dopo ormai quasi nove anni dall’entrata in vigore della direttiva europea i Cae, come struttura di rappresentanza a livello europeo che possono usufruire di un diritto di informazione e consultazione nei gruppi di dimensione comunitaria, rappresentano la prima e più consolidata esperienza nel campo delle relazioni industriali a livello europeo. In apertura del convegno è stato ricordato dalla dott. Sacchettoni che esistono circa 1.800 gruppi transnazionali ai quali è applicabile la direttiva sui Cae, di cui fino ad oggi circa 650 sono stati costituiti in tutta l’Unione europea e 32 nella sola Italia.
Il convegno era parte di un più ampio progetto che ha come obiettivo un bilancio delle esperienze dei Cae in Italia e che dovrebbe contribuire allo sviluppo di proposte del sindacato italiano alla revisione della direttiva europea. Inoltre, il convegno è servito a presentare un nuovo sito web www.comitatiaziendalieuropei.it che dovrebbe permettere lo scambio di dati, notizie ed esperienze concrete fra i membri dei Cae, sindacalisti ed altri interessati. Secondo la dott. Sacchettoni la circolazione di notizie e contatti rappresenta una delle principali richieste emerse da un censimento dei Cae in Italia, realizzato sempre nell’ambito del progetto.
Rispetto alla revisione della direttiva europea il segretario confederale della Uil, Santini, ha messo in evidenza alcune problematiche che sono emerse nelle attività dei Cae, fra cui la più importante riguarda le relazioni con il management centrale dei gruppi transnazionali, che spesso non adempie ai suoi obblighi in materia di informazione e consultazione. Il problema riguarda sia la qualità e la tempestività delle procedure di informazione, sia la poca disponibilità nel garantire una vera e propria consultazione dei Cae. Il rappresentante della Commissione europea, Billie Mathews, dopo aver illustrato l’iter procedurale della revisione della direttiva, ha sottolineato il ruolo determinante che hanno assunto le strutture sindacali nazionali ed europee non solo riguardo alla costituzione dei Cae, ma anche rispetto al supporto concreto che forniscono per migliorare la qualità e l’efficacia delle loro attività.
Rispetto alla discussione sulla revisione della direttiva il presidente di Infopoint Ces (Confederazione europea dei sindacati), Claudio Stanzani, ha voluto mettere l’accento sull’importanza di definire più precisamente il concetto di consultazione. Stanzani ha ricordato che dal punto di vista del sindacato la consultazione non dovrebbe servire a gestire le ricadute sociali delle decisioni del management ma invece permettere al Cae di influenzare i processi decisionali. Stanzani ha poi messo in evidenza alcune sfide per il futuro, fra le quali quella probabilmente più importante riguarda l’impatto dell’allargamento dell’Unione europea sui Cae. Con l’entrata dei Paesi candidati ci sarà un elevato numero di imprese con attività nei Paesi dell’Est che obbligate ad applicare la direttiva. Essendo le imprese italiane molto presenti nei Paesi candidati, è prevedibile che il numero di gruppi italiani che dovranno applicare la direttiva salga notevolmente a partire dal 2004.
È stato posto anche il problema che, ad oggi, circa due terzi delle imprese o dei gruppi rientranti nel campo di applicazione della direttiva non hanno ancora costituito un Cae. La prof. Guarriello ha ricordato, nel suo contributo, dedicato ad un approfondimento giuridico rispetto all’applicazione della direttiva sui Cae, che esistono ormai sentenze della Corte di giustizia europea che mettono in chiaro l’obbligo delle imprese di fornire informazioni sui rapporti societari e sul numero degli occupati nei paesi dell’Unione europea ai fini della costituzione del Cae.
Oltre al bilancio delle esperienze il convegno ha dedicato ampio spazio alla discussione sui codici di condotta e sulla responsabilità sociale delle imprese in generale e sul possibile ruolo dei Cae rispetto a questa materia. La dott.sa del Rio della Uil ha illustrato sia le linee guida dell’Ocse per le imprese transnazionali, sia gli standard minimi definiti dalle convenzioni dell’Oil. Con la presentazione delle esperienze del Cae Merloni da parte della delegata Della Volpe e del responsabile delle risorse umane, dott. Stango, è stato fornito un esempio positivo di come il Cae possa assumere un ruolo anche nel campo della responsabilità sociale.
Volker Telljohann, dell’Istituto per il Lavoro, ha presentato alcuni risultati di un progetto di ricerca europeo svolto dall’istituto in collaborazione con la Ces e le sue federazioni di categoria. Nell’ambito di questa ricerca qualitativa sul funzionamento dei Cae sono stati realizzati 50 studi di caso distribuiti su tutte le categorie e su sette Paesi membri. Telljohann ha sottolineato che il funzionamento dipende sia dagli strumenti e dalle risorse a disposizione dei Cae, sia dalla loro capacità di definire obiettivi comuni e di sviluppare una strategia condivisa da tutti i membri del Cae che permetta il raggiungimento di questi obiettivi. I problemi di funzionamento sono poi anche stati messi in evidenza sia dal rappresentante dell’Effat (Federazione europea degli alimentaristi), Valter Surian, sia da una serie di testimonianze di delegati di diversi Cae.
In conclusione del convegno i segretari confederali Walter Cerfeda (Cgil) e PierPaolo Baretta (Cisl) così come il segretario generale aggiunto della Uil, Adriano Musi, hanno discusso il rapporto fra il livello europeo ed il livello nazionale di relazioni industriali partendo dalla domanda su quanto le direttive europee possano fornire uno stimolo per un processo di innovazione delle relazioni industriali in Italia. Secondo Baretta sarebbero da cogliere appieno le opportunità insite nelle direttive europee, per spingere le relazioni industriali italiane verso un modello partecipativo. Anche secondo Cerfeda è vero che le direttive potrebbero favorire un processo di innovazione delle relazioni industriali a livello nazionale, ma si è poi dichiarato scettico riguardo al fatto che ciò avvenga, visto che un modello partecipativo non è compatibile con il modello competitivo italiano, basato non tanto sulla qualità ma sulla riduzione dei costi.
Per quanto riguarda il bisogno di riforma, Baretta ha evidenziato due punti: da un lato, la delega di poteri al sindacato europeo, e, dall’altro, la riforma del modello di contrattazione collettiva nazionale nella direzione di un più forte decentramento. Per quanto riguarda la costruzione di relazioni industriali a livello europeo Musi ha sottolineato l’importanza della credibilità degli interlocutori e del bisogno di chiarezza rispetto alla domanda su quale modello europeo si intende creare.
Il convegno è stato sicuramente un passo importante non solo verso un approfondimento delle conoscenze sulle esperienze dei Cae e soprattutto sui problemi che essi devono affrontare nella loro attività, ma anche verso il miglioramento dell’efficacia della loro azione, favorendo la comunicazione fra di loro e quindi lo scambio di esperienze attraverso uno strumento innovativo come il sito web. In più il convegno ha fornito testimonianza di una crescente sensibilità del sindacato italiano rispetto all’importanza delle direttive europee, sia riguardo alla costruzione di relazioni industriali europee che alle potenzialità che forniscono da un punto di vista delle relazioni industriali nazionali.